venerdì 24 ottobre 2025

Il Vangelo della salute del 26/10/2025


 XXX del tempo Ordinario “C”

Il pubblicano tornò a casa giustificato, 

a differenza del fariseo

Dal Vangelo secondo Luca  (18,9-14)
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: “Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano.

Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore.
Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell’altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”. Parola del Signore.

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Con la parabola del fariseo e del pubblicano, oggi Gesù ci invita a riflettere sul pericolo della presunzione di esser giusti che va di pari passo con il disprezzo per gli altri. Trattandosi del seguito del brano di domenica scorsa il contesto è lo stesso. Siamo nella terza parte del viaggio verso Gerusalemme, il cui fine è sempre quello formativo. In questa sezione Luca richiama la nostra attenzione soprattutto sulla dimensione escatologica della fede cristiana, e cioè, la vita del vero discepolo di Gesù deve essere sostenuta dalla Speranza, la virtù che ci orienta verso le realtà future della vita eterna e del Paradiso, di cui possediamo la caparra, in attesa della loro piena realizzazione.

Ci troviamo davanti ad un’altra parabola propria di Luca, anche le caratteristiche letterarie sono tipicamente sue, con due situazioni diametralmente contrapposte, dal cui confronto emerge chiaro l’insegnamento: davanti a Dio la presunzione non paga, sentirsi a posto davanti a Dio e superiori agli altri uomini sono atteggiamenti che non si addicono al cristiano. Come la scorsa settimana, il tema al centro del confronto è la preghiera, oggi declinato sul modo diverso di porsi davanti a Dio dei due protagonisti.

Come per altri esempi negativi che abbiamo incontrato precedentemente, vedi il caso dell’amministratore disonesto e del giudice senza scrupoli, Gesù non vuole incoraggiarci a vivere come i pubblicani, il cui profilo di persone profondamente immorali e senza Dio è riassunto dal fariseo, quando si vanta della sua diversità rispetto a questi uomini che a suo dire sono “ladri, ingiusti, adulteri”. I pubblicani infatti erano invisi e disprezzati da tutto il popolo, perché religiosamente indifferenti, nella vita profondamente pragmatici, tanto da comportarsi secondo i costumi dei pagani, collaboratori degli oppressori Romani, per i quali riscuotevano le tasse dai loro concittadini, insomma, persone senza scrupoli morali, facili alla corruzione e attenti unicamente al proprio interesse. L’esatto contrario dei farisei, i quali invece avevano fatto della pratica religiosa e soprattutto della scrupolosa osservanza della legge mosaica una loro peculiarità.

L’esempio portato da Gesù è volutamente paradossale, sorprende infatti trovare in un pubblicano tanta umiltà d’animo e altrettanta consapevolezza del proprio peccato, disposizioni spirituali che dovrebbero caratterizzare le persone religiose e praticanti come i farisei. Se perfino una persona religiosamente indifferente come il pubblicano, ha capito che ci si deve presentare davanti a Dio con il cuore umile e pentito: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”, a maggior ragione questo atteggiamento deve albergare nell’animo di coloro che ostentano la loro religiosità e la scrupolosa osservanza dei suoi comandamenti. Oltre la polemica contro i farisei, l’atteggiamento umile pentito deve caratterizzare l’animo dei discepoli di Gesù. Gesù ci mette in guardia dal pericolo del fariseismo, che consiste nella pretesa di sentirsi a posto davanti a Dio: “O Dio, ti ringrazio … ”, pensando di non aver bisogno di nessun aiuto da parte di Dio, di potersi salvare con le proprie opere: “il digiuno e il pagamento delle decime”, disprezzando gli altri uomini: “non sono come gli altri uomini …  non sono come questo pubblicano”. Secondo il giovane filosofo francese Fabrice Hadjadj, tutte caratteristiche di una “eucaristia satanica[1], un ringraziamento che più o meno consapevolmente asseconda il volere del demonio, il cui scopo è quello di allontanarci da Dio.

Per ottenere la grazia della salvezza divina e tornare  “a casa sua giustificato” come il pubblicano, Gesù ci insegna a presentarci davanti a Dio con un atteggiamento umile, coscienti della propria miseria umana. Chi invece presume di essere “giusto” ne rimane escluso. Preghiera, umiltà di cuore e contrizione per il male commesso vanno dunque di pari passo. La preghiera, oltre ad essere insistita e costante, come quella della povera vedova della scorsa settimana, deve essere accompagnata da un cuore umile, come quello del pubblicano, e da un cuore pentito, e Dio sarà pronto a farci dono della sua misericordia,  “perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”.

Buona Domenica!

don Marco Belladelli.



[1] Cfr. Fabrice Hadjadj, La fede dei demoni, 2010, ed. Marietti 1860. 

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