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Pietro Batoni, Sacro Cuore, 1767, Chiesa del Gesù - Roma. |
Il Vangelo della Salute
nella solennità del Sacro Cuore di Gesù “C”.
Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora,
quella che si era perduta.
Dal Vangelo secondo Luca (15,
3-7)
In quel tempo, Gesù disse ai
farisei e agli scribi questa parabola:
«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel
deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova?
Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione». Parola del Signore.
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Anche la festa del Sacro Cuore, come quella del Corpus Domini, ha avuto origine da quelle che abitualmente cataloghiamo come rivelazioni private, cioè manifestazioni soprannaturali, apparizioni e messaggi a Santi mistici. Questa devozione affonda le sue radici nel lontano medioevo, per poi svilupparsi nel XVII secolo soprattutto per merito di S. Giovanni Eudes, di S. Margherita Alacoque e dei Padri Gesuiti, che ne fecero una caratteristica della loro spiritualità e gradualmente la diffusero in tutta la Chiesa. Nel 1856 il beato Pio IX istituì la festa del Sacro Cuore per tutta la Chiesa. Cento anni dopo il Papa Pio XII, per ricordarne l’importanza, scrisse addirittura una lettera enciclica, Haurietis aquas, riprendendo un versetto del profeta Isaia: “Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza” (Is 12,3). Sette anni fa, in occasione del 50° anniversario dell’enciclica, Benedetto XVI scrisse una lettera al Superiore generale della Compagnia di Gesù, nella quale ribadì il valore e l’importanza della devozione del Sacro Cuore per ogni cristiano e nell’Ottobre 2024 Papa Francesco ha pubblicato l’enciclica “Dilexit nos”, una raccolta di testi magisteriali sulla devozione del Sacro Cuore.
Dice Papa Ratzinger che “Il costato trafitto del Redentore è la sorgente alla quale dobbiamo attingere per raggiungere la vera conoscenza di Gesù Cristo e sperimentare più a fondo il suo amore”. Tenendo lo sguardo fisso su di lui, potremo meglio conoscere e sperimentare l’Amore di Dio, fino a vivere unicamente di quell’amore e testimoniarlo ai fratelli. Accanto al cuore di Cristo, il cuore umano impara ad unire il proprio amore a quello di Dio per riparare all’odio e alla violenza che più che mai oggi devasta l’anima dell’umanità.
Il Sacro Cuore di Gesù è sempre rappresentato fiammeggiante e circondato di spine, per significare che il suo Amore, come il roveto ardente di Mosè, non si esaurisce mai e il rifiuto e il disprezzo di cui spesso è fatto oggetto dagli uomini. L’immagine più famosa è quella di Pompeo Girolamo Batoni, riportata anche in questo post. Con la breve parabola della pecora smarrita, che nel testo di Luca precede la più famosa del Figliol prodigo, il Vangelo di oggi ci rende partecipi dell’Amore infinito e ferito di Gesù per ciascuno di noi. L’abbandono del gregge e la condizione di perdizione che ne segue sono il segno della nostra infedeltà al Signore, comunque essa si realizzi nella storia di ciascuno. Il rifiuto di Dio può essere causato da indifferenza, da durezza di cuore, da fariseismo, dal lasciarsi dominare dalle passioni o da una vera e propria lotta contro Dio. Alla fine il risultato è lo stesso: siamo una pecora perduta e il Buon Pastore va in cerca di ognuna di queste pecore “finché non la trova”, quindi se la carica sulle spalle e pieno di gioia fa festa con gli amici per la pecora ritrovata. A quando la festa per il nostro ritrovamento?
Nel corso del tempo l’amore del Buon Pastore ha trovato la sua più concreta attualizzazione nello zelo e nella carità pastorale dei ministri ordinati, cioè i preti. Oggi la Chiesa ci chiede di pregare per la santità dei nostri sacerdoti, perché abbiano un cuore sempre più simile a quello di Cristo, per essere capaci di custodire il gregge loro affidato e di attrarre all’ovile le pecore che si sono smarrite. Anche la Madonna a Medjugorie ci esorta a pregare per i sacerdoti: “Amate i vostri pastori come li ha amati mio Figlio quando li ha chiamati a servirvi.” Finisco con la giaculatoria propria del sacro Cuore:
V. Dolce Cuor del mio Gesù,
R. Fa ch’io t’ami sempre più.
don Marco Belladelli.
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