venerdì 16 maggio 2025

Il Vangelo della salute del 18/05/2025

Duccio da Boninsegna, Ultima cena, 1308-11, Siena. 

V Domenica di Pasqua “C”

Vi dò un comandamento nuovo: 

che vi amiate gli uni agli altri.

Dal Vangelo secondo  Giovanni (13, 31-33a. 34-35)
Quando Giuda fu uscito , Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri». Parola del Signore.

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Giovanni annota in quale preciso momento Gesù disse le parole che oggi ascoltiamo nel Vangelo: “Quando Giuda fu uscito ...”. Il contesto è quello dell’ultima cena, il capitolo 13° è iniziato con la lavanda dei piedi e continua con Gesù  che spiega agli Apostoli il significato di quel suo gesto. Fallito anche l’estremo tentativo di far recedere Giuda dai suoi propositi, Gesù rivela la presenza di un traditore tra di loro, il quale subito abbandona il cenacolo. Nonostante lo sgomento provocato dalla rivelazione del traditore, gli Apostoli non capiscono ancora fino in fondo che cosa stia accadendo. Sono due momenti paradossalmente opposti, tenuti insieme dal “farsi servo” di Gesù, cioè la decisione di affrontare la passione, che avrà il suo culmine nella morte di croce, come ha anticipato Giovanni nell’introduzione del capitolo: “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13,1).

La gloria di cui parla Gesù all’inizio del nostro brano si riferisce al mistero della sofferenza della passione e della morte in croce che lo attendono, mai tanto certe dopo il tradimento di Giuda, unite al trionfo glorioso della risurrezione. Il gesto del traditore non toglie nulla alla libertà di Gesù di offrire tutto se stesso in sacrificio, per compiere la volontà del Padre. La passione, morte e risurrezione sono la conseguenza della sua più totale obbedienza, per la quale “anche Dio è stato glorificato in lui”. Il processo di glorificazione in cui Gesù è coinvolto segna un distacco dai discepoli, che viene colmato dalla consegna del comandamento nuovo: Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri”. Il sacrificio della croce è reso possibile dall’amore di Gesù per il Padre, un bene che viene riversato in massima misura anche su di noi per diventare la nostra giustificazione dal peccato ed insieme la caratteristica profonda dell’amore fraterno che distingue la vita dei discepoli che formeranno la nuova comunità escatologica, nata dal fianco squarciato di Gesù sulla croce.

Il comandamento nuovo indicato da Gesù non va inteso come un semplice principio a cui ispirare il proprio agire, né tantomeno come un precetto morale da mettere in pratica e nemmeno come l’orizzonte della propria auto realizzazione psico-sociale. Si tratta di una “via” da percorrere insieme a Gesù, fino alla consumazione totale di noi stessi e che conduce alla salvezza di tutta la nostra persona, in tutte le sue dimensioni. Il “Come io  ho amato voi” prima di essere un termine di paragone con cui confrontarsi, di fronte al quale ci scopriremo inevitabilmente sempre miseramente mancanti, è l’esperienza della viva e vera presenza di Gesù accanto a noi, che ha il suo vertice nella comunione eucaristica. E’ l’accoglienza del suo amore nella nostra vita che ci rigenera e ci rende capaci di amare allo stesso modo. Quello che Gesù chiama il comandamento nuovo è l’Amore che ha vinto il mondo (cfr. Gv 16,33) e che si diffonde in modo contagioso di persona in persona fin quando Dio sarà tutto in tutti (cfr. 1Cor 15,28). Ad ostacolarlo c’è lo spirito della mondanità, identificabile in tutto ciò che si contrappone all’autentico spirito evangelico. Un conflitto già presente nei primi tempi di vita della Chiesa, di cui troviamo traccia nella 1° lettura quando Paolo e Barnaba, per confermare nella fede le nuove Comunità cristiane da loro fondate in Asia minore, ripetono con insistenza: “perché dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni” (cfr. Atti 14,22).

Non meravigliamoci dunque di quello che oggi c’è nel mondo, a cominciare dall’assurda guerra tra Russia e Ucraina, perché tutto il male che ci circonda, violenza, corruzione, ingiustizia, menzogna e l’oceano infinito di egoismo, che ha “come misura solo il proprio ‘io’ e le sue voglie” (Ratzinger), non fa altro che confermare del bisogno sempre più necessario del vero “Amore” del comandamento nuovo: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35), carta d’identità del cristiano. Il nuovo Testamento non conosce altro elemento più fondamentale per individuare la presenza della Chiesa, se non quello dell’amore reciproco e misericordioso: “tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me” (Mt 25,40). Non ci sono riti, non ci sono leggi, non ci sono formule di professione di fede o altre iniziative che possano sostituirsi all’amore fraterno o supplire alla sua mancanza.

Buona Domenica!

don Marco Belladelli.

 

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