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Francisco Camilo, Ascensione, 1651. |
Solennità dell’Ascensione “C”
Mentre li benediceva veniva portato verso il cielo.
Dal Vangelo secondo Luca (
24,46-53).
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e
nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei
peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io
mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città,
finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li
benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si
prostrarono davanti a lui; poi
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Il mistero della risurrezione pasquale comprende anche l’evento dell’Ascensione, al centro della nostra odierna celebrazione, in quanto vertice del processo di glorificazione (“Padre, glorifica il tuo nome” Gv 12,28), iniziato con la passione. Come in altre occasioni, anche in questo caso l’evangelista Luca si distingue per la sua estrema sobrietà con cui descrive i fatti: “Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui”, poche parole, senza nessun cedimento retorico a qualsiasi forma di enfasi o di sensazionalismo. Ma andiamo con ordine.
Siamo a
Gerusalemme, la città in cui si compiono gli eventi fondamentali della
salvezza. Dopo aver confermato i discepoli nella fede della risurrezione,
aiutandoli a superare lo scandalo della croce: “Così sta scritto: il Cristo
dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno”, di fronte al
quale molti avevano pensato di abbandonare (vedi i due discepoli di Emmaus, Lc
24,13ss.), Gesù rinnova loro il mandato della missione e la promessa dello
Spirito Santo. Questi passaggi sono più ampiamente descritti negli Atti degli
Apostoli (cfr. 1,1-8). Quindi la scena si sposta di pochi chilometri dal
Cenacolo, sulla strada per Betania, dove abitavano Lazzaro, Marta e Maria, nel
lungo in cui Gesù viene “portato su, in cielo”.
L’immagine
di Gesù benedicente evoca quella dei patriarchi antichi, i quali alla fine dei
loro giorni, chiamavano attorno a sé i loro figli per benedirli. Diversamente
da loro però, Gesù non viene riunito ai suoi antenati nell’al di là, la sua
destinazione è “alla destra del Padre”,
come professiamo anche nel ‘Credo’: “è
salito al cielo, siede alla destra del Padre.” La benedizione degli
Apostoli è paragonabile a quella che Adamo, il primo uomo, riceve da Dio subito
dopo la creazione (Gen 1,28). Il “siate fecondi e moltiplicatevi” viene ora
sostituito dal mandato di predicare “a tutti i popoli la conversione e il perdono
dei peccati”. Dopo ciò, con
due semplici verbi viene descritta la nuova condizione di Gesù rispetto a ciò
che è stato fino al momento: “si staccò da loro e veniva portato su, in
cielo”.. La loro forma passiva dice che si tratta di un intervento
divino. Invece di essere tristi per il distacco, i discepoli sono pieni di
gioia, uno stato d’animo che evoca la gioia dei pastori a Betlemme (cfr. Lc
2,20). Nel nostro caso la gioia significa che Gesù non ci abbandona, ma continua
ad essere presente in mezzo a noi, non più limitato nello spazio e nel tempo. Con
la successiva ‘prostrazione’, gesto religioso
rivolto unicamente a Dio, comprendiamo che ora Gesù è pienamente partecipe
della gloria e della signoria proprie di Dio. Non è quindi una questione di ‘spazio’ o di un ‘viaggio verso le stelle’, con l’Ascensione Gesù entra nel mistero
di Dio, abbiamo a che fare con una dimensione di vita molto diversa, ma pur
sempre collegata con la nostra. Il suo distacco è nello stesso tempo un restare,
un venire incontro a ciascuno, una nuova modalità di presenza permanente, come
dice in Matteo 28,20: “ecco, io sono con
voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Gesù torna alla condizione
divina, che gli è propria fin dalla fondazione del mondo, come dice l’apostolo
Paolo (cfr. Col 1,17), vi torna in eterna unione con la nostra umanità, resa
gloriosa dalla sua risurrezione e ora anche partecipe della vita divina.
Contrariamente a quanto oggi viene spesso affermato, cioè che Dio è di fatto
assente, in tutto o in parte, dall’esistenza e dalla coscienza umana, con l’Ascensione Dio si
pone al centro della vita e della storia dell’uomo, molto più di quanto si
avvenuto con la Creazione. Egli diventa più che mai l’unica Speranza e l’unica
salvezza possibile per l’uomo. La conseguenza pratica dell’Ascensione consiste
nell’assumere il punto di vista di Dio come criterio fondamentale del nostro
vivere per iniziare il cammino del nostro ritorno alla casa del Padre, in
compagnia del “fratello” Gesù.
don
Marco Belladelli.
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