venerdì 28 febbraio 2025

Il Vangelo della salute del 02/03/2025


 VIII Domenica del tempo Ordinario “C”

La bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda

Dal Vangelo secondo Luca  (6,39-45)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave

che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.
Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda». Parola del Signore. 

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Dopo l’amore ai nemici e il perdono fraterno, nel seguito del discorso di Gesù troviamo una raccolta di affermazioni sul tema della coerenza di vita. Anche se negli altri evangelisti questi stessi ‘detti’ sono sparsi in contesti diversi da quello lucano, nel loro insieme rappresentano un forte richiamo ad ogni discepolo, perché faccia il possibile per essere seriamente impegnato nel cercare la coerenza tra ciò che è, per la sua libera adesione al regno di Dio, e ciò che di conseguenza esprime nelle parole e nei fatti. Nonostante le sue origini ellenistiche, in questo passaggio del suo scritto Luca si adegua alle usanze semite, dove molto spesso l’unità letteraria viene costruita non tanto sulla logica del pensiero, ma sulla assonanza di vocaboli presenti nel testo, come per esempio tra la parabola dei due ciechi e il detto sulla pagliuzza e la trave nell’occhio.     

La parabola dei due ciechi sottolinea la necessità di scegliere Gesù come proprio ‘Maestro’ e guida, per non deviare dal retto cammino che lui stesso ci ha indicato. Qualsiasi altra scelta equivale a farsi guidare da un altro cieco, venendo meno per il discepolo la possibilità di diventare come il maestro. Un altro insegnamento molto importante, sempre nell’orizzonte della coerenza, è quello della pagliuzza e della trave, dal quale deriva l’obbligo morale di guardare anzitutto a se stessi, non gli altri, e dopo un onesto esame di coscienza, procedere ad un serio e necessario emendamento dei nostri comportamenti e più in generale della nostra vita. Facendo il contrario, cioè occuparsi dei fatti altrui, senza mai preoccuparsi prima di tutto della propria coerenza agli insegnamenti del regno di Dio, si diventa degli ipocriti. Segue l’esempio degli alberi buoni e cattivi: non si può cercare fichi tra le spine, né uva dai rovi, perché ogni albero lo si riconosce dai suoi frutti. Così arriviamo al pensiero finale del nostro brano nel quale si riassumono tutti gli insegnamenti precedenti, ma soprattutto dove si chiarisce qual è l’origine della nostra coerenza di vita. Ciascun uomo, paragonato ad un recipiente, parla e si esprime per quello che ha nel suo cuore, se nel suo cuore c’è del bene, egli sarà un uomo buono, se invece c’è del male, egli sarà un uomo cattivo. Per quel legame intrinseco che esiste tra l’essenza interiore di un uomo e il suo operare, il parlare è il segno distintivo immediato della qualità interiore dell’uomo. Anche in questo caso, come in tutta la Bibbia, il ‘cuore’ è considerato il centro dell’uomo, dove trovano sintesi tutte le dimensioni dell’essere umano: il corpo e lo spirito; l’interiorità della persona e la sua apertura al mondo e agli altri; l’intelletto, il volere, l’affettività (cfr. Lumen Fidei n. 26). L'anelito al cuore puro, sincero, umile e gradito a Dio (cfr. Sal 51,12), caratteristica che distingue un uomo buono da uno cattivo, era per Israele la presa di coscienza della persistenza del male e del peccato, come di un potere praticamente implacabile ed impossibile da superare. Una situazione insopportabile, oscura e senza futuro di fronte alla quale non restava che confidare nella onnipotenza della misericordia di Dio, unica realtà capace di produrre un cambiamento interiore tanto radicale del cuore umano. Il “cuore”, considerato quindi la fonte stessa della vita, la sede della volontà e del pensiero, e non semplicemente lo spazio dei sentimenti umani, secondo il sentire comune di oggi, dopo aver incontrato e sperimentato l’infinita misericordia di Dio, si rivela per ogni buon discepolo del regno la fonte per quella coerenza di vita a cui Gesù stesso oggi ci invita con il suo insegnamento. Buona Domenica!

 don Marco Belladelli.

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