La bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda
Dal Vangelo secondo Luca (6,39-45)
In quel
tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un
fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato,
sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi
della trave
Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda». Parola del Signore.
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Dopo l’amore ai nemici
e il perdono fraterno, nel seguito del discorso di Gesù troviamo una raccolta
di affermazioni sul tema della coerenza di vita. Anche se negli altri
evangelisti questi stessi ‘detti’ sono sparsi in contesti diversi da quello
lucano, nel loro insieme rappresentano un forte richiamo ad ogni discepolo,
perché faccia il possibile per essere seriamente impegnato nel cercare la
coerenza tra ciò che è, per la sua libera adesione al regno di Dio, e ciò che
di conseguenza esprime nelle parole e nei fatti. Nonostante le sue origini
ellenistiche, in questo passaggio del suo scritto Luca si adegua alle usanze semite,
dove molto spesso l’unità letteraria viene costruita non tanto sulla logica del
pensiero, ma sulla assonanza di vocaboli presenti nel testo, come per esempio tra
la parabola dei due ciechi e il detto sulla pagliuzza e la trave
nell’occhio.
La parabola dei due ciechi sottolinea la
necessità di scegliere Gesù come proprio ‘Maestro’ e guida, per non deviare dal
retto cammino che lui stesso ci ha indicato. Qualsiasi altra scelta equivale a
farsi guidare da un altro cieco, venendo meno per il discepolo la possibilità
di diventare come il maestro. Un altro insegnamento molto importante, sempre
nell’orizzonte della coerenza, è quello della pagliuzza e della trave, dal
quale deriva l’obbligo morale di guardare anzitutto a se stessi, non gli altri,
e dopo un onesto esame di coscienza, procedere ad un serio e necessario emendamento
dei nostri comportamenti e più in generale della nostra vita. Facendo il
contrario, cioè occuparsi dei fatti altrui, senza mai preoccuparsi prima di
tutto della propria coerenza agli insegnamenti del regno di Dio, si diventa
degli ipocriti. Segue l’esempio degli alberi buoni e cattivi: non si può
cercare fichi tra le spine, né uva dai rovi, perché ogni albero lo si riconosce
dai suoi frutti. Così arriviamo al pensiero finale del nostro brano nel quale
si riassumono tutti gli insegnamenti precedenti, ma soprattutto dove si
chiarisce qual è l’origine della nostra coerenza di vita. Ciascun uomo, paragonato
ad un recipiente, parla e si esprime per quello che ha nel suo cuore, se nel
suo cuore c’è del bene, egli sarà un uomo buono, se invece c’è del male, egli
sarà un uomo cattivo. Per quel legame intrinseco che esiste tra l’essenza
interiore di un uomo e il suo operare, il parlare è il segno distintivo
immediato della qualità interiore dell’uomo. Anche in questo caso, come in tutta la Bibbia, il ‘cuore’ è considerato
il centro dell’uomo, dove trovano sintesi tutte le dimensioni dell’essere umano:
il corpo e lo spirito; l’interiorità della persona e la sua apertura al mondo e
agli altri; l’intelletto, il volere, l’affettività (cfr. Lumen Fidei n. 26). L'anelito al cuore puro, sincero, umile e gradito a Dio (cfr.
Sal 51,12), caratteristica che distingue un uomo buono da uno cattivo, era per
Israele la presa di coscienza della persistenza del male e del peccato, come di
un potere praticamente implacabile ed impossibile da superare. Una situazione
insopportabile, oscura e senza futuro di fronte alla quale non restava che
confidare nella onnipotenza della misericordia di Dio, unica realtà capace di
produrre un cambiamento interiore tanto radicale del cuore umano. Il “cuore”, considerato quindi la fonte
stessa della vita, la sede della volontà e del pensiero, e non semplicemente lo
spazio dei sentimenti umani, secondo il sentire comune di oggi, dopo aver
incontrato e sperimentato l’infinita misericordia di Dio, si rivela per ogni
buon discepolo del regno la fonte per quella coerenza di vita a cui Gesù stesso
oggi ci invita con il suo insegnamento. Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
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