Arte bizantina, Cupola dell'Ascensione (particolare) sec. XII, Basilica di S. Marco (VE). |
Solennità dell’Ascensione “C”
Mentre li benediceva veniva portato verso il cielo.
Dal Vangelo secondo Luca (
24,46-53).
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e
nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei
peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io
mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché
non siate rivestiti di potenza dall’alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li
benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si
prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e
stavano sempre
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Oltre alla passione, morte e risurrezione, il mistero della Pasqua comprende anche l’evento dell’Ascensione, al centro della nostra odierna celebrazione. Come per il Natale, anche in questa occasione l’evangelista Luca si distingue per l’estrema sobrietà con cui descrive i fatti. Poche parole, senza nessun cedimento a qualsiasi forma di enfasi: “Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui”. Ma andiamo con ordine.
Siamo a Gerusalemme, la città in cui devono compiersi gli eventi della
salvezza. Dopo aver confermato i discepoli nella fede della risurrezione,
aiutandoli a superare lo scandalo della croce: “Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il
terzo giorno” (vedi anche Lc 24,24-26.44-46), di fronte al quale molti
hanno anche pensato di abbandonare tutto, come i due discepoli di Emmaus, Gesù rinnova loro il mandato della missione
universale e la promessa dello Spirito Santo. Questi passaggi sono molto più
ampiamente descritti nel testo di Atti (cfr 1,1-8). Subito dopo la scena si
sposta di pochi chilometri sulla strada per Betania, la città di Lazzaro, Marta
e Maria, dove sul monte Gesù viene “portato su, in cielo”.
L’immagine di Gesù benedicente evoca quella dei patriarchi antichi, i quali alla fine dei loro giorni, chiamavano attorno a sé i loro figli per benedirli. Diversamente da loro però, Gesù non viene riunito ai suoi antenati nell’al di là. Come vedremo più avanti, la sua destinazione è molto diversa. La benedizione di Gesù viene a rafforzare quella che l’uomo ha ricevuto da Dio subito dopo la sua creazione. Al “siate fecondi e moltiplicatevi” (Gen 1,28) ora si unisce il mandato della missione di predicare “a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati”.
Come abbiamo già detto, con due semplici verbi viene descritta la
nuova condizione di Gesù rispetto a ciò che è stata dal suo concepimento fino ad
ora: “si staccò da loro e veniva portato
su, in cielo”. La forma passiva sta ad indicare che si tratta di un
intervento divino. Ma invece di essere tristi per il distacco, i discepoli sono
pieni di gioia. Pur evocando ancora in qualche modo l’atmosfera di Betlemme,
dove anche i pastori se ne tornarono glorificando
e lodando Dio (Lc 2,20), in questo caso la gioia mette bene in evidenza che
quello di Gesù non è un abbandono, ma un nuovo modo di essere presente. Se a
questo si aggiunge l’atto del prostrarsi,
gesto religioso riservato unicamente a Dio, comprendiamo che Gesù ora è pienamente
partecipe della sovranità divina. L’Ascensione non è quindi una questione di ‘spazio’ o di un ‘viaggio verso le stelle’, ma l’evento attraverso il quale Gesù torna
a pieno titolo nel mistero di Dio, dopo la sua missione terrena, mantenendo cioè
per l’eternità quel corpo che aveva assunto nel grembo di Maria. Abbiamo a che
fare con un ordine di grandezza completamente diverso da quello
spazio-temporale nel quale siamo immersi noi. E’ un’altra dimensione
dell’essere. Il suo andarsene è nello stesso tempo un venire, un nuovo
modo di vicinanza, di presenza
permanente, come dice in Matteo 28,20: “ecco,
io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. (cfr. Benedetto
XVI, Gesù di Nazaret, 2° parte, pagg.
312ss). Gesù torna alla condizione divina, che gli è propria fin dalla
fondazione del mondo, come dice l’apostolo Paolo (cfr. Col 1,17), vi torna però
in unione eterna con la nostra umanità trasformata dalla sua risurrezione, che
in tal modo è resa partecipe della vita divina.
Contrariamente a quanto oggi viene affermato dalla cultura dominante nella società occidentale, dove “Dio è di fatto assente, in tutto o in parte, dall’esistenza e dalla coscienza umana”, con l’Ascensione Dio si pone al centro della vita dell’uomo, molto più di quanto si avvenuto con la Creazione. Gesù è nello stesso tempo il Signore dell’universo e il nuovo Adamo, l’unica Speranza e l’unica salvezza possibile per l’uomo, che ha iniziato il suo cammino di ritorno alla casa del Padre. Per noi cristiani la conseguenza pratica dell’odierna celebrazione consiste nell’assumere il punto di vista di Dio come criterio fondamentale del nostro essere, pensare ed agire. Lascio ai miei 25 lettori il compito di sviluppare e approfondire questi spunti. Come si dice agli scouts quando si mettono in cammino: “Buona strada” verso il cielo per tutti, dove siamo attesi da Gesù!
don Marco Belladelli.
Buona strada. Grazie di questo augurio che è allo stesso tempo esortazione a sentire nel profondo di ciascuno di noi la reale presenza di Gesù. Come un discepolo di Emmaus mi sento rincorso per essere portato sulla giusta via. Andiamo tutti insieme verso la salvezza.
RispondiElimina... ci è di conforto sapere che Gesù, nella sua maestà divina, unita alla nostra umanità, che ha portato con sé in Paradiso, ci attira a sé come una calamita ... E' lui la via giusta! Ciao, e grazie per la tua attenzione.
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