Antonio Allegri, detto il Correggio, Ascensione di Cristo (?), 1520-24, Chiesa di S. Giovanni ev. -Parma |
Solennità dell’Ascensione “A”
Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra.
DAL VANGELO SECONDO MATTEO (28, 16-20)
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io Sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Parola del Signore.
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io Sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Parola del Signore.
La solennità dell’Ascensione è il punto d’arrivo della
glorificazione di Gesù, iniziato, secondo l’evangelista Giovanni, con la sua
passione. Dopo quaranta giorni dalla risurrezione Gesù raggiunge la gloria di
Figlio unigenito che gli era propria fin dalla fondazione del mondo: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.” (Gv 1,1). La novità non certo secondaria e accessoria di questo evento salvifico consiste nell’associare alla gloria divina del Figlio la natura umana, cioè quel corpo che egli ha assunto per opera dello Spirito Santo nel grembo verginale di Maria, con il quale ha vissuto in mezzo a noi camminando per le strade del mondo, sopportando il caldo e il freddo, la fame e la sete e condividendo le gioie e le tristezze, le speranze e le angosce della nostra vita terrena, fino a patire le sofferenze della passione e la morte di croce. Come dice il Concilio, quel corpo ora è innalzato alla dignità stessa del mistero della SS. Trinità quale cardine della salvezza universale: “in lui la natura umana è stata assunta, senza per questo venire annientata per ciò stesso essa è stata anche in noi innalzata a una dignità sublime. Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo.” (Gaudium et Spes 22).
e il Verbo era Dio.” (Gv 1,1). La novità non certo secondaria e accessoria di questo evento salvifico consiste nell’associare alla gloria divina del Figlio la natura umana, cioè quel corpo che egli ha assunto per opera dello Spirito Santo nel grembo verginale di Maria, con il quale ha vissuto in mezzo a noi camminando per le strade del mondo, sopportando il caldo e il freddo, la fame e la sete e condividendo le gioie e le tristezze, le speranze e le angosce della nostra vita terrena, fino a patire le sofferenze della passione e la morte di croce. Come dice il Concilio, quel corpo ora è innalzato alla dignità stessa del mistero della SS. Trinità quale cardine della salvezza universale: “in lui la natura umana è stata assunta, senza per questo venire annientata per ciò stesso essa è stata anche in noi innalzata a una dignità sublime. Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo.” (Gaudium et Spes 22).
Davanti all’Ascensione, allora, non lasciamoci prendere da
scoramento emotivo proprio della sindrome dell’abbandono, sottolineato spesso
da tanti predicatori nelle loro omelie. Gesù salendo al cielo non si allontana
da noi, ma avvicina l’uomo a Dio in un modo molto più profondo di quanto lo
fosse nel paradiso terrestre. Matteo infatti conclude il suo vangelo con la
solenne promessa di una costante presenza di Gesù accanto a noi ogni giorno,
fino alla fine: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla
fine del mondo”. Gesù infatti aveva promesso che quando sarebbe stato innalzato da terra avrebbe attirato tutti a
sé (cfr Gv 12,32). Questa parola non si esaurisce nell’evento della croce, ma
trova un suo pieno compimento nell’evento dell’ascensione al cielo. Come il
figliol prodigo, la Chiesa e tutta l’umanità attratte da Gesù hanno imboccato
la via del ritorno alla casa del Padre. Gesù ha inaugurato per primo questa via
per portare a Dio Padre il dono prezioso dell’umanità redenta dalle sue sante
piaghe: “dalle
sue piaghe siete stati guariti” (1Pt 2,24).
Prima di questa solenne promessa, Gesù aveva parlato della sua Signoria
universale a cui tutto è sottoposto: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra”, per ricordarci che il
corso degli eventi personali e più in generale quelli della storia umana sono
nella sua piena e totale disponibilità, anche se all’apparenza lo svolgimento
delle umane vicende sembra dire il contrario. A noi il compito di collaborare
con l’onnipotenza di Gesù per orientare il corso delle umane circostanze alla
edificazione e manifestazione del regno di Dio.
I primi ad essere mandati ad evangelizzare, a battezzare e a celebrare
i sacramenti per rendere presente il Cristo che salva ogni uomo, sono gli
apostoli . Ogni realtà e ogni situazione è buona per annunciare il Vangelo
e per contribuire alla salvezza di chicchessia e contribuire alla costruzione
della civiltà dell’amore.
Nella festa dell’Ascensione è annunciato dunque anche il senso della
storia, riassunto nell’immagine di un Dio
paziente che giorno per giorno attira tutti a sé. Questa divina
prossimità coincide con il momento favorevole della nostra
conversione (cfr. 2Cor 6,2). Ogni momento è propizio per rientrare in sé
stessi, per riconoscere il proprio peccato e per incamminarsi sulla strada
che riconduce alla casa del Padre misericordioso. In questa missione avremo sempre
il conforto dello Spirito Santo. Invochiamolo con forza in questi giorni che
precedono la solennità di Pentecoste, e non soltanto in questi giorni! Buona Ascensione a tutti!
don Marco Belladelli.
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