mercoledì 29 aprile 2020

Santi, Beati e Testimoni/24

Francesco Vanni (?) S. Caterina da Siena bacia il costato di Cristo, 1590 (?), San Lorenzo in Miranda - Roma
29 Aprile, festa di 
SANTA CATERINA DA SIENA
vergine, dottore della Chiesa, patrona d'Italia e d'Europa 
Omelia

Io non mi curo se non di seguire Cristo Gesù” (Santa Caterina).
In queste poche parole santa Caterina da Siena ha riassunto tutta la sua vita, la sua opera e la sua luminosa testimonianza che ancora oggi rifulgono davanti a noi con lo stesso splendore di sempre, insieme alla logica che le ha accompagnate. Logica semplice e sorprendente, caratteristiche proprie dell’azione di Dio quando irrompe nella storia umana, come in questo momento nel quale con tanta solennità celebriamo l’Eucaristia, nella festa liturgica di santa Caterina, e ricordiamo il settantacinquesimo anniversario della sua proclamazione a patrona d’Italia.
Penultima dei ventiquattro figli di Lapa Piagenti e del tintore di stoffe Jacopo Benincasa, Caterina nasce a Siena nel 1347. La tradizione fissa il giorno al 25 Marzo, quando la Chiesa celebra l’annunciazione a Maria e il concepimento verginale del Figlio di Dio per opera dello Spirito Santo, quasi a voler vedere presente fin dalla nascita quel legame con il Signore Gesù, già di per sé molto speciale e profondo, che ha caratterizzato tutta la sua vita.
I suoi biografi infatti narrano che fin dall’infanzia Caterina abbia avuto visioni di Cristo, della sua santissima Madre, Maria, e di molti altri Santi. Interiormente conquistata da questi incontri di grazia, non è ancora adolescente quando decide spontaneamente di fare voto di verginità.
Tra le esperienze mistiche più intense vissute dalla Santa dobbiamo ricordare soprattutto le nozze mistiche, quando in una visione la Madonna la presentò a Gesù che le donò uno splendido anello, dicendole: “Io, tuo Creatore e Salvatore, ti sposo nella fede, che conserverai sempre pura fino a quando celebrerai con me in cielo le tue nozze eterne” (Raimondo da Capua, S. Caterina da Siena, Legenda maior, n. 115, Siena 1998). Seguirono poi lo scambio del cuore e la stigmatizzazione. Episodi che ci rappresentano quale rapporto di intimità e comunione ella abbia avuto con il Cristo.
Ha soltanto 23 anni quando cessa anche di assumere cibo. Paradossalmente questo momento coincide pure con la sua più intensa attività apostolica. Comincia a raccogliere attorno a sé alcune compagne, che lei chiama la sua famiglia spirituale, e a intraprendere relazioni epistolari con politici e religiosi di rango. Si adopera per soccorrere ammalati ed appestati e inizia pure a viaggiare in varie città italiane per promuovere la pace e la concordia tra le diverse fazioni politiche in lotta tra di loro.
Nel 1376 raggiunge Avignone per intercedere presso Papa Gregorio IX ed incoraggiarlo a tornare a Roma. Sono questi anche gli anni in cui finisce di dettare il Dialogo della divina Provvidenza in cui ha voluto renderci partecipi delle sue esperienze interiori più sublimi e del suo particolare afflato spirituale.
Spende le ultime energie della sua vita a favore dell’unità della Chiesa. Nel 1378 il nuovo Papa, Urbano VI, la chiama a Roma per avvalersi del suo aiuto nel tentativo di ricomporre lo scisma causato dall’antipapa Clemente VII. Qui Caterina si spegne il 29 Aprile del 1380 e viene sepolta nel cimitero adiacente la basilica di S. Maria sopra Minerva, chiesa dove sono oggi custoditi i suoi resti mortali.
La Parola proclamata nella odierna liturgia ci aiuta a scoprire nella vita di Caterina, appena sommariamente riassunta, i segni della presenza di Dio, della sua opera e della fedeltà con cui la Santa vi ha amabilmente corrisposto. Tutti e tre i testi che abbiamo ascoltato hanno come autore l’evangelista Giovanni il quale, rivolgendosi a contesti, situazioni e destinatari diversi, con modalità diverse riafferma un’unica fondamentale verità, la centralità del mistero di Cristo per la vita del cristiano.
Nella prima lettura tratta dal prologo dell’Apocalisse, esalta con espressioni di gloria e di lode il Signore Gesù, che con il suo sacrifico ha fatto di noi un popolo di sacerdoti per Dio Padre. Subito dopo Giovanni descrive brevemente la visione del suo ultimo ritorno, quando tutti lo vedranno, lo riconosceranno e si batteranno il petto in segno di pentimento, “anche quelli che lo trafissero”. Il brano si conclude con una parola rivelatrice del Signore, che si presenta come l’inizio e la fine di tutto, “l’onnipotente”, colui che porta a compimento tutta la storia e la storia di ciascuno di noi.
Poche frasi che sintetizzano il tema centrale di tutto il libro, cioè il trionfo di Cristo, Salvatore del mondo, che si realizza attraverso la testimonianza della Chiesa e la grande tribolazione a cui sono sottoposti i figli di Dio nel corso della storia. Queste vicende trovano il loro compimento in due eventi: il giudizio di condanna del male, di tutti coloro che si sono con esso compromessi e si oppongono all’opera di salvezza del Signore Gesù; e nella vita di comunione rappresentata dall’immagine delle nozze eterne dell’Agnello immolato con la nuova Gerusalemme, che scende dal cielo “da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo.” (Ap 21,2).
Nella seconda lettura Giovanni nella sua prima lettera mette in guardia i cristiani delle prime comunità dell’Asia minore dal rischio di ingannare se stessi quando negano di essere peccatori. Non dobbiamo temere di confessare i nostri peccati, perché abbiamo un potente difensore presso Dio, “Gesù Cristo, il giusto. È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.”(1Gv 2,2).
Il testo del Vangelo riprende un passaggio dei discorsi di Gesù agli Apostoli durante l’ultima cena. Dopo la lavanda dei piedi, gesto con cui il Signore ribadisce di essere venuto per servire e non per essere servito, e la rivelazione del traditore che subito ha lasciato il cenacolo, Gesù parla agli Apostoli della novità di vita che li attende dopo la sua morte e risurrezione, che consiste in una relazione tutta speciale con Dio, descritta con l’immagine della ‘inabitazione’: “noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”. Di fronte alle perplessità degli Apostoli, Gesù promette lo Spirito Santo che “vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto”. Infine offre ai discepoli la sua pace per aiutarli a superare il turbamento del distacco e soprattutto per affrontare nella prospettiva della fede gli avvenimenti prossimi della sua passione e morte.
Nel brano che abbiamo ascoltato, Giuda Taddeo pone una domanda al Maestro: “Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?”. Alcuni infatti pensavano che il Messia si sarebbe manifestato pubblicamente e che, come si evince negli Atti degli Apostoli (cfr. 1,6), avrebbe ricostruito il regno d’Israele. La via scelta da Dio è diametralmente opposta. L’amore al Signore, che si concretizza nell’osservanza dei comandamenti e della sua parola, è la via attraverso cui si realizzerà quella particolare comunione, chiamata ‘inabitazione’, per la quale il Padre e Gesù ‘verranno a prendere dimora’ nel cuore dei discepoli. Per il mondo, cioè per tutti coloro che non avranno aperto il loro cuore a Dio come veri discepoli del Signore Gesù, non c’è nessuna rivelazione.
Chi si incamminerà su questa via quanto mai sublime (cfr 1Cor 12,31), siano essi Apostoli oppure semplici discepoli che hanno accolto il dono della fede, possono contare sulla presenza e sull’azione dello Spirito Santo, descritta come un ‘insegnare ed un ‘fare memoria’ di tutto ciò che Gesù ha detto e fatto con la sua Parola e con i segni che l’hanno accompagnata, durante la sua missione sulla terra.
Lo Spirito Santo rende presente in mezzo a noi il Signore e guida la Chiesa verso tutta la verità, cioè verso un’esperienza di vita sempre nuova, sorprendente e mai data per scontata come qualcosa di già visto. Lo Spirito Santo è l’eterna novità della storia che rinnova la nostra vita, la nostra comunità, tutta la Chiesa e il mondo intero. Ogni volta che torniamo a questa fonte inesauribile di novità - dice Papa Francesco - spuntano nuove strade, nuovi metodi, nuove espressioni e segni sempre più eloquenti per lo sviluppo della fede nel mondo (cfr. EG 11).
Santa Caterina è per noi oggi questa novità dello Spirito a cui attingere luce e forza per il presente e per i nuovi orizzonti che ci attendono. Il suo vivere ed operare tutta abbandonata in Dio, che - come diceva lei - è “innamorato della bellezza della sua fattura”, e l’aver fatto del Signore Gesù l’unica ragione della sua vita sono per noi un esempio, un modello di vita e soprattutto un aiuto di grazia a seguirla sulla via tanto sublime (cfr. 1Cor 12,31) della comunione con la Carità divina: “Tanto fu il fuoco del divino amore, e del desiderio di unirmi con colui , che io amava, che se il cuore, o di pietra fosse stato, o di ferro, sarebbesi spezzato all’istesso modo, ed aperto
Pur non sapendo né leggere ne scrivere, per sua stessa ammissione, Caterina confida al suo padre spirituale di non aver avuto nessun altro Maestro, se non il Signore Gesù in persona: “Abbiate ciò per conclusione verissima, o padre mio, che nulla di c’ho che m’appartiene alla via della salute isegnommi giammai alcun uomo o donna, ma precisamente l’istesso Signore e maestro, lo Sposo prezioso e dolcissimo dell’anima mia, nostro Signor Gesù Cristo, o per mezzo della sua ispirazione, o d’una chiara apparizione, parlandomi, siccome io adesso con voi parlo.”.
Da questo particolare rapporto con Gesù ella ha ricevuto il carisma della “profezia”, così come lo intende il Nuovo Testamento (cfr. Rom 12,6), cioè non come capacità di prevedere il futuro, quanto piuttosto di orientare e dirigere i propri atti e quelli altrui per il bene della Chiesa, soprattutto in tempi più ardui e più oscuri. Con il suo vigore profetico santa Caterina ha incitato Papi e principi, prelati e laici ad attuare i massimi beni della Chiesa e della cristianità.
La comunione con Cristo comincia dunque sempre dall’accoglienza della sua divina Parola e dal suo farsi carne per mezzo della grazia nella nostra vita. Soprattutto oggi, che tutti, indistintamente consacrati e laici, sperimentiamo gli effetti negativi della assai diffusa e pervasiva mentalità secolarizzata per cui Dio è di fatto assente, in tutto o in parte, dalla coscienza e dall’esistenza umana, messe pure a dura prova dalla logorante interazione quotidiana con l’insidioso spirito della mondanità, capace di insinuarsi e contaminare ogni ambiente e realtà, senza nulla risparmiare, sull’esempio di santa Caterina e sostenuti dalla sua intercessione dobbiamo e possiamo trovare la forza per riaffermare il primato dello spirito rispetto a quello dei beni materiali e temporali, soltanto se asseconderemo il desiderio profondo di unione con il Signore Gesù che nasce in noi dall’ascolto assiduo e frequente della sua Parola. Come ha detto Papa Francesco, quando recentemente ha fatto distribuire a tutti i presenti in piazza San Pietro un piccolo Vangelo tascabile: “La Parola di Dio: è Gesù che ci parli lì! E accoglierla con cuore aperto. Allora il buon seme porta frutto!” (Papa Francesco, Angelus del 06/04/2014).
E’ ancora la Santa senese a ricordarci che “Il tesoro della Chiesa è il sangue di Cristo … Meglio c’è dunque lassar andare l’oro delle cose temporali che l’oro delle spirituali”.
Il sovvertimento di questo ordine è sempre stato causa di gravi difficoltà per la Chiesa, ieri come oggi. Nonostante questa consapevolezza, quanto è difficile imboccare la strada della conversione!
Nel suo impegno a favore della convivenza pacifica tra gli uomini del suo tempo, santa Caterina non ha mai pensato di sostituirsi ai politici, né di farsi loro consigliera. Con il suo intervento, diretto o epistolare che fosse, ella intendeva proiettare la luce del Vangelo, misticamente vissuta, così come l’aveva ricevuta direttamente da Cristo, sui problemi concreti che procuravano sofferenza alla Chiesa e al popolo.
E’ sempre l’unione con Gesù che la porta a quell’amore per il prossimo che la vide nello stesso tempo e con la stessa semplicità piegata ad assistere gli appestati come frequentare le persone importanti del suo tempo: Io non posso, l’amor che io ho al mio Creatore, mostrarlo in lui, perché a Dio non si può fare utilità. Conviene dunque pigliare il mezzo della sua creatura, e alla sua creatura sovvenire e fare quell’utilità che a Dio fare non posso”.
Caterina, profetessa, mistica, asceta e visionaria fu e rimane prima di tutto una Santa di popolo, cioè partecipe di quella Chiesa nella quale ognuno dei credenti nel suo destino di trascendenza si sente uguale agli altri di fronte a Dio. Proprio perché pienamente integrata nella comunione ecclesiale, indossato il mantello dell’obbedienza, ella fu in momenti molto difficili amica e familiare dei potenti, madre e maestra del popolo, sostegno e fondamento dell’edificio storico della Chiesa. Nel 75° anniversario della sua proclamazione a Patrona della nostra amata Italia, insieme a san Francesco d’Assisi, riconosciamo nel suo patrocinio una speciale maternità spirituale che continua ad alimentare nelle anime il pensiero di Dio, rafforza la fede di tutto il Popolo e orienta la vita dei cristiani verso vette sempre più elevate. Un orizzonte a cui devono mirare non soltanto coloro che hanno una fede religiosa, ma tutti coloro che fanno parte dell’amata Nazione italiana. Se è vero infatti che oggi, in nome della Speranza, per superare le tante difficoltà di varia natura che attanagliano l’Italia, l’Europa e il mondo intero c’è bisogno di guardare avanti, non è meno necessario e urgente “guardare in alto”. Soltanto elevandosi, sarà possibile raggiungere quelgiusto ordine della società e dello Stato che è compito centrale della politicaed evitare che senza giustizia uno Stato o il mondo intero si riduca “ad una grande banda di ladri” (cfr. Benedetto XVI Deus Caritas est 28). Anche in questo Santa Caterina ci è di stimolo, oltre che di esempio.
Faccio miei i voti espressi dal Santo pontefice, Giovanni Paolo II, che trentasei anni fa in questa stessa chiesa ebbe a dire: “Qui davanti alle reliquie di Santa Caterina devo ancora una volta ringraziare la divina Sapienza perché ha voluto servirsi di questo semplice e insieme profondo cuore di donna, per mostrare, in un periodo di incertezza, la strada alla Chiesa e, specialmente, ai successori di Pietro. Quanto amore e quanto coraggio! Quanta meravigliosa semplicità, ma anche quanta meravigliosa profondità d’animo: anima aperta a tutte le ispirazioni dello Spirito consapevole della sua missione. 
Auspico di cuore che, nella nostra epoca, Santa Caterina, Dottore della Chiesa, continui ad essere patrona della consapevolezza della vocazione cristiana di tutti. Consapevolezza che, in modo particolare, deve maturare e approfondirsi, perché la Chiesa possa adempiere la missione affidatale da Cristo e adempierla secondo i bisogni dei nostri tempi!”.
In nome di questa stessa missione, nello spirito di obbedienza che ha contraddistinto tutta la vita di Santa Caterina, ma nello stesso tempo con la fierezza e il coraggio per cui niente le era precluso, sostenuti dalla sua intercessione, rivolgo a voi e a me l’invito che Papa Francesco ha indirizzato a tutta la Chiesa nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium:
La Chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano. … La comunità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore (cfr 1 Gv 4,10), e per questo essa sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. Vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva. Osiamo un po’ di più di prendere l’iniziativa! …
La comunità evangelizzatrice si mette mediante opere e gesti nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa fino all’umiliazione se è necessario, e assume la vita umana, toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo. Gli evangelizzatori hanno così “odore di pecore” e queste ascoltano la loro voce. Quindi, la comunità evangelizzatrice si dispone ad “accompagnare”. Accompagna l’umanità in tutti i suoi processi, per quanto duri e prolungati possano essere. Conosce le lunghe attese e la sopportazione apostolica. L’evangelizzazione usa molta pazienza, ed evita di non tenere conto dei limiti. Fedele al dono del Signore, sa anche “fruttificare”. La comunità evangelizzatrice è sempre attenta ai frutti, perché il Signore la vuole feconda. Si prende cura del grano e non perde la pace a causa della zizzania. … Il discepolo sa offrire la vita intera e giocarla fino al martirio come testimonianza di Gesù Cristo, però il suo sogno non è riempirsi di nemici, ma piuttosto che la Parola venga accolta e manifesti la sua potenza liberatrice e rinnovatrice. Infine, la comunità evangelizzatrice gioiosa sa sempre “festeggiare”. Celebra e festeggia ogni piccola vittoria, ogni passo avanti nell’evangelizzazione. L’evangelizzazione gioiosa si fa bellezza nella Liturgia in mezzo all’esigenza quotidiana di far progredire il bene. La Chiesa evangelizza e si evangelizza con la bellezza della Liturgia, la quale è anche celebrazione dell’attività evangelizzatrice e fonte di un rinnovato impulso a donarsi.”.
Insieme a Santa Caterina chiediamo a Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, di partecipare ai suoi stessi doni di grazia, perché confortati dal suo patrocinio sappiamo affrontare le grandi sfide che oggi ci attendo per il bene della Chiesa, dell’Italia, dell’Europa e del mondo intero:

O Spirito santo, vieni nel mio cuore!
Con la tua potenza attiralo a te, o Dio!
Concedimi carità con timore.

Custodiscimi , Cristo, da ogni mal pensiero,
riscaldami e reinfiammami del tuo dolcissimo amore
sì che ogni mia pena mi sia leggera.

Santo mio Padre e dolce mio Signore
ora aiutami in ogni mio ministero.
Cristo Amore! Cristo Amore! Amen.

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