venerdì 3 aprile 2020

Spiritualità/13

Tiziano, Cristo risorto appare alla Madre, 1563, Chiesa parrocchiale di Medole (MN). 

TESTIMONI DI FEDE
Meditazione in preparazione alla Pasqua 2020

Premessa

Capita spesso che qualcuno mi chieda che cosa penso dei tempi che stiamo vivendo, in modo particolare della Chiesa, di quello che succede al suo interno e fuori di essa, dei suoi orientamenti, e via dicendo … Domande che lasciano trasparire una inquietudine spirituale e un senso di smarrimento, quanto mai enfatizzati dalla attuale emergenza coronavirus.  

Il Sabato santo dello scorso anno, terminate le sofferenze della passione, fra Elia degli Apostoli di Dio si è risvegliato ripetendo queste parole: “Siate testimoni di fede”, come se si trattasse di un mandato speciale valido per il futuro prossimo. In questi mesi ho continuato a interrogarmi su che cosa ci volesse dire il Cielo con questo messaggio. Un altro motivo, certamente più forte del precedente, che ha contribuito alla maturazione delle riflessioni che trovate di seguito. 

Introduzione

Il mio pensiero va immediatamente al cosiddetto ‘terzo segreto di Fatima’, attorno al quale, a mio parere, si muove tutta la storia umana da un secolo a questa parte. Un messaggio, quello di Fatima, nel quale non ci si limita ad esortazioni spirituali, come nel caso di Lourdes, ma si indicano delle situazioni storiche concrete dalla valenza politica, sociale e culturale molto rilevante, nelle quali, bene o male, è coinvolto il destino di tutta l’umanità. Pensiamo per esempio che cosa hanno significato le due guerre mondiali del secolo scorso e la diffusione del comunismo nel mondo in termini di geo-politica, di nuovi equilibri economici a livello mondiale, di mutamenti sociali, culturali e di costume che ne sono derivati.

Nei messaggi di Fatima si parla di questo e paradossalmente la Madonna ne parla in modo semplice a dei bambini, la più grande, Lucia, aveva 10 anni, gli altri due ancora meno, Francesco 9 e Giacinta 7 anni. Eppure per loro non è stato un gioco, ma hanno preso molto sul serio quanto la Madonna diceva loro, fino ad imporsi penitenze dolorosissime, accettando pure il destino di una morte tanto precoce per il bene della Chiesa e dell’umanità.  Nella loro innocenza avevano capito la drammaticità del messaggio. Non possiamo dire altrettanto di noi adulti e neppure degli ‘uomini di Chiesa’.  

Per chi non conoscesse questi messaggi, li riporto di seguito per una lettura personale:

La prima parte fu la visione dell'inferno. 
La Madonna ci mostrò un grande mare di fuoco, che sembrava stare sotto terra. Immersi in quel fuoco, i demoni e le anime, come se fossero braci trasparenti e nere o bronzee, con forma umana che fluttuavano nell'incendio, portate dalle fiamme che uscivano da loro stesse insieme a nuvole di fumo, cadendo da tutte le parti simili al cadere delle scintille nei grandi incendi, senza peso né equilibrio, tra grida e gemiti di dolore e disperazione che mettevano orrore e facevano tremare dalla paura. I demoni si riconoscevano dalle forme orribili e ributtanti di animali spaventosi e sconosciuti, ma trasparenti e neri. Questa visione durò un momento. E grazie alla nostra buona Madre del Cielo, che prima ci aveva prevenuti con la promessa di portarci in Cielo (nella prima apparizione), altrimenti credo che saremmo morti di spavento e di terrore. 

In seguito alzammo gli occhi alla Madonna che ci disse con bontà e tristezza: 
 Avete visto l'inferno dove cadono le anime dei poveri peccatori. Per salvarle, Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al Mio Cuore Immacolato. Se faranno quel che vi dirò, molte anime si salveranno e avranno pace. La guerra sta per finire; ma se non smetteranno di offendere Dio, durante il Pontificato di Pio XI ne comincerà un'altra ancora peggiore. Quando vedrete una notte illuminata da una luce sconosciuta, sappiate che è il grande segno che Dio vi dà che sta per castigare il mondo per i suoi crimini, per mezzo della guerra, della fame e delle persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre. Per impedirla, verrò a chiedere la consacrazione della Russia al Mio Cuore Immacolato e la Comunione riparatrice nei primi sabati. Se accetteranno le Mie richieste, la Russia si convertirà e avranno pace; se no, spargerà i suoi errori per il mondo, promovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte. Finalmente, il Mio Cuore Immacolato trionferà. Il Santo Padre Mi consacrerà la Russia, che si convertirà, e sarà concesso al mondo un periodo di pace.  

La terza parte del segreto rivelato il 13 luglio 1917 nella Cova di Iria-Fatima. 
Scrivo in atto di obbedienza a Voi mio Dio, che me lo comandate per mezzo di sua Ecc.za Rev.ma il Signor Vescovo di Leiria e della Vostra e mia Santissima Madre. 
Dopo le due parti che già ho esposto, abbiamo visto al lato sinistro di Nostra Signora un poco più in alto un Angelo con una spada di fuoco nella mano sinistra; scintillando emetteva fiamme che sembrava dovessero incendiare il mondo; ma si spegnevano al contatto dello splendore che Nostra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui: l'Angelo indicando la terra con la mano destra, con voce forte disse: Penitenza, Penitenza, Penitenza!
E vedemmo in una luce immensa che è Dio: “qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano davanti” un Vescovo vestito di Bianco “abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre”. Vari altri Vescovi, Sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c'era una grande Croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i Vescovi Sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni. Sotto i due bracci della Croce c'erano due Angeli ognuno con un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio. 

Tutti i Papi succeduti a Pio XII hanno dovuto fare i conti con questo messaggio, sia per il suo contenuto, sia per il problema della sua pubblicazione, avvenuta nel Giugno del 2000, durante il Grande Giubileo. Qualche anno dopo seguì una aspra polemica per la sua presunta parzialità. Infatti, come ampiamente testimoniato e documentato, il fascicolo sulle rivelazioni di Fatima era diviso in due parti, una era custodito presso la Congregazione della Fede, e sarebbe la parte resa pubblica, l’altra era conservata personalmente dai vari Papi nel loro appartamento (Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI), e sarebbe la parte non divulgata. Secondo alcune ricostruzioni, nella parte sconosciuta ci sarebbe l’interpretazione della visione nella quale si parla del ‘Vescovo vestito di bianco’ e secondo indiscrezioni mai confermate, il suo contenuto sarebbe molto simile al messaggio di Akìta (Giappone), apparizioni mariane avvenute nel 1973 e riconosciute dalla Chiesa, nel quale si parla apertamente di calamità naturali e della apostasia della Chiesa. Ecco il testo dell’ultimo messaggio di Akita del 13/10/73, quello che per i contenuti dovrebbe essere simile a quello di Fatima mai rivelato:

“Come ti ho detto, se gli uomini non si pentiranno e non miglioreranno se stessi, il Padre infliggerà un terribile castigo su tutta l’umanità. Sarà un castigo più grande del Diluvio, tale come non se ne è mai visto prima. Il fuoco cadrà dal cielo e spazzerà via una grande parte dell’umanità, i buoni come i cattivi, senza risparmiare né preti né fedeli. I sopravvissuti si troveranno così afflitti che invidieranno i morti.
Le sole armi che vi resteranno sono il Rosario e il Segno lasciato da Mio Figlio. Recitate ogni giorno le preghiere del Rosario. Con il Rosario pregate per il Papa, i vescovi e i preti. L’opera del diavolo si insinuerà anche nella Chiesa in una maniera tale che si vedranno cardinali opporsi ad altri cardinali, vescovi contro vescovi. I sacerdoti che mi venerano saranno disprezzati e ostacolati dai loro confratelli … chiese ed altari saccheggiati; la Chiesa sarà piena di coloro che accettano compromessi e il Demonio spingerà molti sacerdoti e anime consacrate a lasciare il servizio del Signore. Il demonio sarà implacabile specialmente contro le anime consacrate a Dio. Il pensiero della perdita di tante anime è la causa della mia tristezza. Se i peccati aumenteranno in numero e gravità, non ci sarà perdono per loro.
Con coraggio, parla al tuo superiore. Egli saprà come incoraggiare ognuna di voi a pregare e a realizzare il vostro compito di riparazione. E’ il vescovo Ito, che dirige la vostra comunità”.

Ho accennato a queste questioni soltanto per dovere di cronaca. Torniamo agli interrogativi da cui siamo partiti e alle possibili risposte che, a mio modesto parere, ci possono venire dal messaggio di Fatima.

La terza parte del messaggio è articolata in tre immagini.
1.  L’Angelo con una spada di fuoco nella mano sinistra e con il braccio destro teso verso la terra per lanciare un duro monito alla penitenza e minacciare un terribile castigo, qualora rimanesse inascoltato, con la Madonna che si frappone tra lui e la terra per proteggerci dalle fiamme della spada di fuoco.
2.  La seconda immagine ci presenta una lunga processione di ecclesiastici, uomini e donne, guidata dal ‘Vescovo vestito di bianco’, che sale una ripida montagna fin davanti ad una croce grezza, dove ci sono dei militari con le armi spianate che li uccidono. Ai lati della croce ci sono due Angeli con in mano degli annaffiatoi di cristallo per raccogliere il sangue dei martiri e irrigare le anime di coloro che sono rimasti vivi per farli riavvicinare a Dio.
3.  La terza immagine è una digressione della seconda e riguarda il ‘Vescovo vestito di bianco’ che, prima di salire la montagna, addolorato e con passo incerto passa in mezzo a una grande città semi distrutta, piena di morti e prega per le loro anime.

Se non capisco male, secondo questi messaggi il dramma della storia umana contemporanea si dovrebbe risolvere in un grande martirio dei cristiani, un bagno di sangue necessario perché l’uomo si riavvicini a Dio e si possa pensare ad un nuovo inizio. Già nella seconda parte del messaggio la Madonna afferma che se non verranno accolte le sue richieste, e cioè la consacrazione della Russia al suo Cuore Immacolato e la comunione riparatrice dei primi sabato del mese “I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte”. 
Insomma, pare che non ci sia altra via d’uscita dalla situazione che stiamo vivendo se non attraverso il martirio, eventualità che riconfermerebbe la regola di Tertulliano (155-230ca), secondo il quale persecuzione e martirio sono sempre la fonte della missione della Chiesa per i nuovi cristiani: Noi ci moltiplichiamo ogni volta che da voi siamo mietuti: è un seme il sangue dei cristiani” (Plures efficimur quoties metimur a vobis: semen est sanguis christianorum Apologetico 50,13). Una prospettiva che non può lasciare indifferenti, sulla quale è necessario riflettere per capire in concreto che cosa significhi e che cosa ci aspetta.

Martirio e testimonianza cristiana.
Nel Nuovo Testamento il ‘martire’ (= testimone, dal greco: martur) non è ancora colui che sacrifica la vita per la sua fede, secondo il modo comune come d’intendere questo termine, ma più concretamente il testimone di fatti accaduti e del loro significato salvifico. Infatti, la vita della Chiesa si sviluppa a partire dalla testimonianza degli apostoli, come attesta San Giovanni all’inizio della sua 1° lettera:
Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita - la vita infatti si manifestò, noi l'abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi -, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo.” (1,1-3).
Gesù stesso aveva dato in proposito agli apostoli disposizioni molto precise: “Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra” (At 1,8).
Essere testimoni (martiri)  significa quindi prima di tutto proclamare la risurrezione del Signore, professare la fede in Cristo e predicare il Vangelo, compito che oltre al coinvolgimento personale (“guai a me se non annuncio il Vangelo!” 1Cor 9,16), includeva anche il rischio della sofferenza e della morte stessa (At 22,20).

Soltanto all’inizio del 2° secolo il martire diventa il testimone del sangue, una connotazione dovuta alla testimonianza dei martiri di quel periodo, soprattutto di S. Ignazio d’Antiochia, martirizzato a Roma nel 107, il quale nelle sue lettere descrive la sua morte come il modo più perfetto di seguire e imitare il Signore Gesù: “Vi prego di non avere per me una benevolenza inopportuna. Lasciate che sia pasto delle belve per mezzo delle quali mi è possibile raggiungere Dio. Sono frumento di Dio e macinato dai denti delle fiere per diventare pane puro di Cristo. Piuttosto accarezzate le fiere perché diventino la mia tomba e nulla lascino del mio corpo ed io morto non pesi su nessuno. Allora sarò veramente discepolo di Gesù Cristo” (Lettera ai Romani).

Un’immagine del martire rimasta fondamentalmente invariata fino ai nostri giorni, come risulta dalla definizione che ne dà il Catechismo della Chiesa cattolica: “Il martirio è la suprema testimonianza resa alla verità della fede; il martire è un testimone che arriva fino alla morte. Egli rende testimonianza a Cristo morto e risorto, al quale è unito dalla carità. Rende testimonianza alla verità della fede e della dottrina cristiana. Affranta la morte con un atto di fortezza” (n. 2473).

Martirio e testimonianza rimangono di fatto due realtà strettamente legate l’uno all’altra, nel senso che non c’è martirio senza una testimonianza autenticamente cristiana, e la testimonianza implica sempre la possibilità di andare incontro a sofferenze e persecuzioni, come è avvenuto fin dall’inizio per gli Apostoli.

Oggi però si parla di ‘martirio’ anche fuori lo stretto ambito cristiano. Ci sono i martiri della libertà, della democrazia, dei diritti umani e sociali, del libero pensiero, delle varie lotte di emancipazione, della non violenza, e via dicendo.
I fondamentalisti islamici chiamano ‘martiri’ anche gli ‘attentatori suicidi’ del terrorismo, un accostamento e una evoluzione semantica che suscitano non pochi interrogativi e sollecitano una precisazione del concetto cristiano martire-testimone. 

La testimonianza cristiana.    
Tutti i battezzati sono chiamati a testimoniare la loro fede in Cristo, sempre e dovunque, ciascuno secondo il proprio stato e nella situazione concreta in cui vive.
Tenendo fisso lo sguardo sull’orizzonte ultimo del nostro cammino di fede, quello cioè di un amore più forte della morte, secondo le parole di Gesù nell’ultima cena: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.” (Gv 15,13), proviamo ad individuare i criteri che qualificano una testimonianza come autenticamente cristiana.

a)   La presenza di Dio.
All’origine della fede c’è un incontro con Gesù che ti cambia la vita; il cristiano è colui che ha trovato Cristo e vive per lui. Tutto nella sua vita è segno di questo incontro/presenza. La Testimonianza è la mia risposta personale di vita all’invito che il Signore Gesù mi rivolge ogni giorno: “Vieni e seguimi!” (Mt 19,21); “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mc 8,34).
Un incontro che genera in noi una ‘nuova libertà’ da tutto ciò che rappresenta condizionamento, schiavitù, oppressione e via dicendo, a livello personale, sociale, culturale o politico: “Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli;  conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,31-32). Una libertà per rinnovare continuamente il mondo nel segno della presenza di Dio. 
Vediamo un esempio di questa ‘nuova libertà’ nella testimonianza del beato Franz Jägerstätter, contadino austriaco, oppositore del nazismo, ghigliottinato a Brandeburgo (Berlino) il 09/08/1943 e beatificato a Linz (Austria) il 26/10/2007: “Firma qui e sei libero”, gli dice l’ufficiale nazista, offrendogli una via di fuga dal patibolo. “Ma io sono già libero”, risponde Jägerstätter. “E allora perché siamo qui?” dice l’ufficiale. “Non lo so” risponde il contadino. In questo breve dialogo c’è tutto il paradosso del martirio cristiano: il mondo offre la libertà a un uomo che è già libero in virtù della fede nel suo Dio, Creatore e Salvatore e dell’obbedienza alla sua coscienza (non posso fare ciò che credo sbagliato”). E il mondo rimane alquanto sconcertato alla vista di un uomo che non risponde alle logiche mondane e nemmeno al richiamo dell’istinto di sopravvivenza. Lo adula, cerca di addomesticarlo con la persuasione, lo induce a compromessi, e vedendo fallire i tentativi lo imprigiona, lo tortura, cerca di piegarlo con la violenza, gli caccia in gola a forza quella libertà che non vuole ingurgitare. Perché lui è già libero.

b)   La vita eterna
L’altra caratteristica della testimonianza cristiana è la speranza nella vita eterna, origine della forza necessaria per andare oltre ogni limite, anche quello della morte: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16).
La speranza cristiana oggi è stata profondamente indebolita dal materialismo, relativismo e individualismo imperanti nella nostra cultura e nei nostri costumi. Senza questa “Speranza” che non delude (Rm 5,5) non c’è vita cristiana, in quanto sua dimensione costitutiva fondamentale.

c)   Portare frutto
Come abbiamo detto sopra, l’orizzonte ultimo di questo cammino è l’amore come uscita continuata (estasi permanente) dal proprio “IO” ripiegato su se stesso, verso la sua liberazione nel dono di sé, perché: “Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva” (Lc 17,33); e “Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.” (Gv 15,5). L’amore giunge a perfezione nel dono di sé, secondo la logica della Croce.
Ogni vera ‘testimonianza’ è segno efficace dell’amore di Dio, per questo porta sempre frutti di amore, tenendo viva nel mondo la presenza di Dio e la sua opera di salvezza. Il martirio cristiano si fonda sulla certezza che il sacrificio per la verità, offerto a Dio, non è una privazione, ma genera vita, porta frutto, oltre la tentazione di misurare i risultati dell’azione e valutarne l’effetto storico attraverso le varie forme di sensibilizzazione e mobilitazione, molto in auge oggi.
Nella sua ultima lettera alla moglie prima di morire, Jägerstätter scrive: “Ringrazio anche il nostro Salvatore perché io ho potuto soffrire per Lui. Confido nella sua infinita misericordia; spero che Egli mi abbia perdonato tutto e che non mi abbandonerà neanche nella mia ultima ora … Osservate i comandamenti e, con la grazia di Dio, ci rivedremo presto in Cielo!”.
La fecondità nell’amore esclude ovviamente gli atti terroristici suicidi dalla categoria del ‘martirio’.

d)   Segno di contraddizione.
La testimonianza cristiana è sempre segno di contraddizione (Lc 2,33) per chi vive nella menzogna. Se accettata porta alla conversione, se rifiutata porta allo scontro con l’indifferenza o peggio ancora alla persecuzione, come annunciato nell’ultima beatitudine: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”. (Mt 5,11-12).
Il testimone-martire è una persona scomoda, che disturba anche quando non parla: “Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d'incomodo e si oppone alle nostre azioni; ci rimprovera le colpe contro la legge e ci rinfaccia le trasgressioni contro l'educazione ricevuta” (Sap 2,12).

La testimonianza cristiana oggi.    
Open Doors – Porte Aperte (https://www.porteaperteitalia.org/), l’Associazione mondiale al servizio dei cristiani perseguitati nel mondo, nel suo ultimo rapporto annuale del 15/01/2020 parla di 260 milioni di cristiani perseguitati, di 3.711 arrestati e di 2.983 uccisi, a cui vanno aggiunti i 40 milioni di cristiani morti ammazzati del XX secolo. Ogni giorno 23 cristiani/e vengono abusati sessualmente in odio alla loro fede.
Numeri che ci fanno capire l’attualità e le dimensioni della realtà del martirio oggi nella Chiesa e nel mondo. Un dramma che si compie quotidianamente sotto gli occhi di tutti nell’indifferenza generale dell’opinione pubblica, pronta ad indignarsi per questioni dal discutibile valore etico, come la difesa degli animali, il veganismo e cose del genere.   

Il doloroso disinteresse per milioni di cristiani perseguitati è dovuto soprattutto alla tiepidezza della stragrande maggioranza degli altri battezzati (“Poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca” Ap 3,16).
Gravemente e profondamente asserviti alla cultura dominante, fatta di materialismo, relativismo e individualismo, sono caduti in un vergognoso torpore delle coscienze, incapaci della benché minima reazione che non sia la difesa del proprio “ego” o la nauseante minestra riscaldata del politicamente corretto e null’altro, contro cui ha puntato il dito  Papa Francesco nella sua riflessione del 27/03 scorso in una piazza San Pietro desolata per la pandemia del coronavirus:
La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità. Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli.”.

Del resto, le questioni che oggi suscitano un confronto appassionato all’interno della Chiesa non sono certo il martirio di milioni di fratelli di fede e neppure la ricerca di nuove forme di evangelizzazione o delle vie per la santità personale e comunitaria, quanto piuttosto temi di contro-testimonianza, quali lo scandalo della pedofilia e dell’omosessualità del clero e dell’omertà di chi lo ha coperto, il problema delle copie irregolari e della loro ammissione ai sacramenti, del matrimonio dei preti, del diaconato e sacerdozio femminile, la sussistenza di elementi positivi per un approccio con il mondo degli LGBT.  

Anche la pandemia in corso invece che essere l’occasione per un formidabile slancio missionario della Chiesa, ha messo in evidenza la sua quasi totale paralisi, prontissima ad adeguarsi alla serrata generale, prima ancora di interrogarsi ed impegnarsi a comunicare e diffondere “l’amore più grande (Gv 15,13) e la Speranza che non delude (Rm 5,5)” del suo Salvatore, ritagliandosi un ruolo di comparsa accanto alle autorità civili e limitandosi alla trasmissione di sterili celebrazioni in streaming sui social network, utili più a soddisfare la curiosità morbosa dei molti, che non a nutrire la loro fede.   

La lunga processione di coloro che hanno scelto di testimoniare con autenticità e serietà di vita il Vangelo, guidati dal ‘Vescovo vestito di bianco’, sta raggiungendo la cima della ripida montagna, per quella che sarà la svolta epocale della Chiesa e dell’umanità. Secondo l’ultima immagine del terzo segreto di Fatima, la coraggiosa testimonianza cristiana rappresenta “il sangue dei Martiri e con cui gli Angeli irrigano le anime che si avvicinano a Dio”. Annunciare, celebrare e servire il Vangelo del Regno di Dio in un contesto di indifferenza generale qual è quello che ci circonda, significa favorire la guarigione delle fragilità e delle vulnerabilità di cui soffrono gli uomini e le donne del nostro tempo, per far rinascere nei loro cuori il desiderio di Dio, del suo amore misericordioso, più forte della morte.  Amen!
Con l’augurio per tutti di una vera e santa Pasqua di risurrezione.
don Marco Belladelli. 

Calvi dell’Umbria, 5 Aprile 2020, Domenica di Passione o delle Palme.











       








1 commento:

  1. Don Marco, come sempre le sue parole fanno riflettere e meditare ,
    grazie,grazie.
    Ogni giorno è un cammino verso la vera Fede in Dio...

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