Raffaello Sanzio, Trasfigurazione, 1518-20, Musei Vaticani. |
II Domenica di Quaresima “A”
Il
suo volto brillò come il sole.
DAL
VANGELO SECONDO MATTEO (17, 1-9).
In
quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li
condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il
suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed
ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui!
Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli
stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed
ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui
ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti». Parola del Signore.
---------------------------------
Anche la trasfigurazione è un classico della seconda domenica di Quaresima, una tappa obbligata del percorso penitenziale della Quaresima, sacramento della nostra conversione. Se le tentazioni di Gesù nel deserto, chiaro riferimento alla nostra lotta quotidiana contro il male, rappresentano l’inizio e la ragione di questo cammino, la trasfigurazione è l’annuncio del traguardo e l’anticipazione del risultato finale, e cioè la certezza della piena e definitiva vittoria sul peccato e su tutte le sue conseguenze, fino alla partecipazione alla vita divina. L’urgenza di una vera conversione è infatti prioritaria rispetto a qualsiasi altra esigenza spirituale.
Gesù condivide l’esperienza della trasfigurazione con Pietro, Giacomo e Giovanni, gli stessi apostoli che saranno presenti anche alla sua agonia nell’orto degli ulivi, dove avranno inizio le sue sofferenze che renderanno il suo volto irriconoscibile: “tanto era sfigurato per essere d'uomo il suo aspetto”(Is. 52,14) come aveva anticipato il profeta Isaia. Ora invece Matteo dice che davanti a loro “il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce”. Mentre Gesù si mostra nella sua realtà di Figlio di Dio, riceve l’omaggio e il conforto di tutto l’Antico testamento, rappresentati da Mosè ed Elia, la legge e i profeti, che parlano con lui della sua prossima morte e risurrezione, come ci ricorda Luca (cfr. 9,31). In quello stesso momento, come in occasione del battesimo al Giordano, la voce del Padre dal cielo lo rivela come “il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento” , a cui si aggiunge l’imperativo: “Ascoltatelo”.
Nella trasfigurazione, forse molto più frequente di quanto possiamo immaginare, soprattutto durante la sua abituale preghiera notturna, si manifesta la persona del Verbo di Dio incarnato, mistero normalmente adombrato dall’umanità di Gesù. Un fenomeno che ci rivela quanto fosse fondamentale il suo rapporto con Dio Padre, egli vive e agisce sempre in piena comunione con Lui. Al risplendere della gloria divina corrisponde la beatitudine umana espressa ingenuamente da Pietro, quasi fosse una persona in stato di innocenza.
L’annuncio della passione aveva generato sconforto negli apostoli, ora Gesù con la trasfigurazione li rassicura della sua vittoria sulla morte. Infatti l’antifona al “Benedictus” delle lodi di questa Domenica dice che: “per mezzo del Vangelo risplende a noi la luce di una vita immortale”. Soprattutto nell’imperativo: “Ascoltatelo!”, ci viene rivelata l’importanza e la necessità di una vita vissuta in obbedienza al Vangelo. Per mezzo del Vangelo la luce della trasfigurazione risplende anche nella nostra vita quotidiana. Ascoltiamo Gesù, come ci ha ammonito il Padre dal cielo, seguiamolo senza timore sulla via che ci ha tracciato nel Vangelo, fino a risplendere noi pure di quella stessa luce di gloria e di vita immortale.
Anche in questo momento di emergenza per il ‘coronavirus’, circondati e oppressi da tanti profeti di sventura, non dobbiamo perdere di vista questo orizzonte, perché la salvezza per l’uomo, qualunque essa sia, non è mai semplicemente il risultato di tecnicismo e strategie azzeccate, ma viene sempre dall’alto come dono di grazia.
Fare Quaresima significa allora mettersi in cammino verso il traguardo di una vita luminosa, di cui già portiamo in noi la caparra. Operiamo con umiltà e fiducia nel Signore, attendendo pazientemente la nostra trasfigurazione, cioè la piena manifestazione della dimensione divina della nostra vita. Ancora l’augurio di una santa Quaresima!
don Marco Belladelli.
Grazieeeeeee don marco
RispondiElimina