Guercino, Gesù e la samaritana, 1640/41, Madrid. |
III Domenica di Quaresima “A”
Sorgente
di acqua che zampilla per la vita eterna.
In quel tempo, giunse così a una città della Samaria chiamata Sicar,
vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era un
pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo.
Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice
Gesù: "Dammi da bere". I suoi discepoli erano andati in città a fare
provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice:
"Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna
samaritana?". I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.
Intanto i discepoli lo pregavano: "Rabbì, mangia". Ma egli
rispose loro: "Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete". E i
discepoli si domandavano l'un l'altro: "Qualcuno gli ha forse portato da
mangiare?". Gesù disse loro: "Il mio cibo è fare
la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite
forse: "Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura"? Ecco, io vi
dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la
mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna,
perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra
vero il proverbio: uno semina e l'altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò
per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella
loro fatica".
Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della
donna, che testimoniava: "Mi ha detto tutto quello che ho fatto". E
quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli
rimase là due giorni. 41Molti di più credettero per la sua parola e alla donna
dicevano: "Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi
stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del
mondo". Parola del Signore.
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Il catecumenato, l’iter formativo con cui nei primi secoli la Chiesa
preparava i candidati al Battesimo alla celebrazione del sacramento, prevedeva
per la 3°, 4° e 5° domenica di Quaresima gli scrutini. Niente a che vedere con
le valutazioni scolastiche che questo termine evoca nell’immaginario collettivo.
Sono preghiere di esorcismo con le quali la Chiesa chiede l’aiuto di Dio per
sostenere i futuri cristiani nel loro impegno di distaccarsi dal peccato e di
adesione a Cristo. La fede è un dono di Dio e la preparazione al Battesimo è
prima di tutto esperienza di grazia e dell’intervento divino nella propria
vita. Ecco un esempio di scrutinio dal Rito di Iniziazione Cristiana degli
Adulti oggi in uso:
Sostieni, Signore, nel loro cammino verso di te,
coloro che tu hai chiamato al battesimo.
Si avvicinino in festa al giorno in cui
proclameranno la loro fede in mezzo al tuo popolo;
perché, finalmente ricreati in Cristo,
ritrovino in lui la loro dignità di figli di Dio,
dalla quale li ha esclusi il peccato originale.
Agli scrutini sono associate le ‘traditio’, cioè la consegna dei fondamenti
della vita cristiana: il Credo, il Padre Nostro e il Vangelo. Questi riti erano accompagnati dalla lettura di
particolari testi del vangelo di Giovanni, che la riforma liturgica del Concilio
Vaticano II ha di nuovo inserito nel ciclo “A” della Quaresima. Il primo di
essi è l’incontro di Gesù con la Samaritana, al cap. 4 del Vangelo di Giovanni,
oggi proclamato dalla liturgia. Gli altri due, la guarigione del cieco
nato
(Gv 9) e la risurrezione di Lazzaro (Gv 11) li ascolteremo
nelle prossime Domeniche.Il racconto si presenta come un vero e proprio cammino di fede, guidato da Gesù stesso. Va volontariamente in cerca dei Samaritani: “giunse così a una città della Samaria chiamata Sicar”, considerati dai Giudei alla stregua di pagani, se non peggio, perché accusati di sincretismo, cioè di aver contaminato la fede di Abramo e Mosè con i culti pagani dei popoli cananei, con i quali si erano mescolati. Un conflitto socio-religioso al limite del disprezzo e della discriminazione razziale, come ci ricorda Giovanni: “I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani” (4,10).
Gesù invece, come si vede, intrattiene rapporti con loro senza problemi. Ennesima testimonianza di superamento di ogni forma di discriminazione, razzismo e marginalità. Addirittura si ferma presso il pozzo di Giacobbe e per primo rivolge la parola alla donna venuta per attingere acqua.
Oltre questa sua libertà di comportamento, ciò che più sorprende è la domanda con cui si rivolge alla samaritana: “Dammi da bere”. E’ vero, Gesù è stanco per il viaggio e ha bisogno di ristorarsi, ma in Gesù è Dio stesso che chiede da bere all’umanità. Ecco ciò che sconcerta. Può Dio aver sete? Che cosa può soddisfare la sete Dio? “Della fede dell’uomo”, risponde S. Agostino, in particolare la nostra sete di Lui.
Il resto del racconto si sviluppa proprio attorno al legame di fede che si viene a stabilirsi prima tra Gesù e la Donna e poi tra Gesù e i Samaritani, tanto che quello che doveva essere un fugace passaggio, si trasforma in una sosta di due giorni.
Nel suo vangelo, Giovanni ci riferisce di un altro momento in cui Gesù chiederà di nuovo da bere, quando ormai crocifisso è prossimo alla morte: “Ho sete” (Gv 19,28). La stessa richiesta rivolta a Madre Teresa di Calcutta all’inizio della sua nuova vocazione e missione.
Paradossalmente, la sete di Dio genera in noi una sete di Lui ancora più insaziabile, tanto da chiedere con la Samaritana: “Signore, dammi quest'acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua”. E’ il desiderio di Dio, il desiderio per quell’acqua “che zampilla per la vita eterna”, la cui fonte inesauribile è il Signore Gesù: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva”.
A proposito di questa “sete di Dio” oggi, all’inizio dell’esortazione Apostolica Evangelli Gaudium, Papa Francesco dice:
“Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata. Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene. Anche i credenti corrono questo rischio, certo e permanente. Molti vi cadono e si trasformano in persone risentite, scontente, senza vita. Questa non è la scelta di una vita degna e piena, questo non è il desiderio di Dio per noi, questa non è la vita nello Spirito che sgorga dal cuore di Cristo risorto.” (n.2).
Nello stesso documento, Papa Francesco ci indica anche la via della soluzione a questa situazione: "La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù.”
Di fronte a tutte le innegabili difficoltà del presente, ci consola il fatto che la grazia di Dio sempre ci previene. Questo significa che Dio ha sete del nostro desiderio di Lui.
Gesù oggi chiede a noi “Dammi da bere”. Per questo siamo qui in ascolto della Parola, per questo ci sediamo alla mensa del Signore, per conoscere il dono di Dio e perché colui che ci chiede da bere, ci dia l’acqua viva, che toglie la sete per sempre. E che la gioia del Vangelo riempia il nostro cuore e tutta la nostra vita.
Santa Quaresima!
don Marco Belladelli.
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