Caravaggio, Adorazione dei pastori (particolare) 1609, Messina. |
S. Messa dell’aurora.
I
pastori trovarono Maria, Giuseppe e il bambino.
DAL VANGELO
SECONDO LUCA (2,15-20)
Appena
gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano
l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che
il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Parola del Signore.
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Il brano evangelico della S.
Messa dell’aurora è la continuazione di quello della notte. Dopo
l’apparizione e l’annuncio degli angeli, i pastori vanno a vedere “questo avvenimento”. Lo riconoscono dal segno
che era stato loro indicato, “Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia”. Dal canto loro, i
pastori riferiscano “ciò che del bambino era stato detto loro”, suscitando lo stupore e
la meraviglia di tutti i presenti. Il brano si conclude con le lodi a gloria di
Dio per tutto quello che hanno visto e riconosciuto come opera sua. Quella dei pastori è la nostra stessa prospettiva. Anche a noi, come a loro, viene annunciato un’ avvenimento. Anche noi, come loro, viene offerto lo stesso segno da interpretare: una madre, con accanto a sé il figlio appena nato e il marito. Si tratta di riconoscere, attraverso il segno, il valore ed il significato dell’evento che ci sta davanti. Tutto questo è opera di Dio o un semplice evento naturale? Nonostante le luci, i colori, le emozioni e i sentimenti più nobili con cui nel corso della storia abbiamo cercato di camuffare il Natale a nostro uso e consumo, esso è e rimane fondamentalmente un evento della fede. Ed è per quella fede che ogni anno, come gli anonimi pastori di turno, siamo condotti davanti alla grotta di Betlemme, per confrontarci con quel mistero: quel bimbo avvolto in fasce è il Dio fatto uomo. Un segno dentro il quale Dio si nasconde e nello stesso tempo si offre a ciascuno.
La via che ci viene indicata per entrare dentro a questo mistero è sempre quella della semplicità, dell’umiltà e dell’amore. E’ lo stesso umile atto di obbedienza chiesto ai nostri Progenitori, Adamo ed Eva, e che essi non sono stati in grado di offrire a Dio. Per noi è diverso. Il segno che ci sta davanti ci aiuta. Nessuna prosopopea vanagloriosa, nessuna prepotente violenza. Proviamo ad entrare in sintonia con l’umiltà di questo bambino, che giace in una mangiatoia. Egli ci condurrà nel profondo di noi stessi a quella semplicità e a quella umiltà, che sono le vere dimensioni della nostra umanità, per quell’assenso desideroso di conformarsi alla verità e alla grazia, quel gesto di affettuoso e docile abbandono a Dio. In quel segno, come dice l’autore della lettera agli Ebrei, Dio ci parla: “Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo.” (Ebr 1,1ss). Siamo davanti a qualcosa che per grandezza e straordinarietà può essere paragonato soltanto all’atto creativo. Come si può tacere un annuncio tanto importante per tutti gli uomini? Come si fa a non lasciarsi contagiare dalla gioia che sprigiona da questo giorno? Uniamoci ai pastori, agli Angeli e ai Santi e a tutte le creature dell’universo nella lode a Dio. Ancora Buon Natale! cari amici, chiunque voi siate e dovunque vi trovate.
Don Marco Belladelli
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