Giotto, Ascensione, Cappella degli Scrovegni (PD). |
Solennità dell’Ascensione “C”
Mentre li benediceva veniva portato verso il cielo.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
Parola del Signore.
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Oltre alla passione,
morte e risurrezione, il mistero della Pasqua comprende anche l’evento dell’Ascensione,
al centro della nostra odierna celebrazione. Come per il Natale, anche in
questa occasione l’evangelista Luca si distingue per l’estrema sobrietà con cui
descrive i fatti. Poche parole, senza nessun cedimento a qualsiasi forma di
enfasi: “Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed
essi si prostrarono davanti a lui”. Ma andiamo con ordine. Siamo a Gerusalemme, la città in cui devono compiersi gli eventi della salvezza. Dopo aver confermato i discepoli nella fede della risurrezione, aiutandoli a superare lo scandalo della croce: “Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno” (vedi anche Lc 24,24-26.44-46), di fronte al quale molti hanno anche pensato di abbandonare tutto, come i due discepoli di Emmaus, Gesù rinnova loro il mandato della missione universale e la promessa dello Spirito Santo. Questi passaggi sono molto più ampiamente descritti nel testo di Atti (cfr 1,1-8). Subito dopo la scena si sposta di pochi chilometri sulla strada verso Betania, la città di Lazzaro, Marta e Maria, lungo la quale Gesù viene “portato su, in cielo”.
L’immagine di Gesù
benedicente evoca quella dei patriarchi antichi, i quali alla fine dei loro
giorni, chiamavano attorno a sé i loro figli per benedirli. Diversamente da
loro però, Gesù non viene riunito ai suoi antenati nell’al di là. Come vedremo
più avanti, la sua destinazione è molto diversa. La benedizione di Gesù viene a
rafforzare quella che l’uomo ha ricevuto da Dio subito dopo la sua creazione. Al
“siate fecondi e moltiplicatevi” (Gen 1,28) ora si unisce il mandato
della missione di predicare “a tutti i popoli la conversione e il perdono
dei peccati”.
Con due semplici verbi viene
descritta la nuova condizione di Gesù rispetto a ciò che era stata fino al
momento: “si staccò da loro e veniva portato su, in cielo”. La forma
passiva sta ad indicare che si tratta di un intervento divino. Ma invece di
essere tristi per il distacco, i discepoli sono pieni di gioia. Pur evocando
ancora in qualche modo l’atmosfera di Betlemme, dove anche i pastori se ne
tornarono glorificando e lodando Dio (Lc
2,20), in questo caso la gioia sta a significare che quello di Gesù non è un
abbandono, ma un nuovo modo di essere presente. Se a questo si aggiunge l’atto
del prostrarsi, gesto religioso
riservato unicamente a Dio, comprendiamo che Gesù ora è partecipe della
sovranità propria di Dio. L’Ascensione non è quindi una questione di ‘spazio’ o di un ‘viaggio verso le stelle’, ma Gesù entra nel mistero di Dio. Abbiamo
a che fare con un ordine di grandezza completamente diverso da quello
spazio-temporale nel quale siamo immersi noi. E’ un’altra dimensione
dell’essere. Il suo andarsene è nello stesso tempo un venire, un nuovo modo di vicinanza, di presenza permanente, come
dice in Matteo 28,20: “ecco, io sono con
voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. (cfr. Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, 2° parte, pagg. 312ss).
Gesù torna alla
condizione divina che gli è propria fin dalla fondazione del mondo, come dice
l’apostolo Paolo (cfr. Col 1,17). Vi torna in unione eterna con la nostra
umanità trasformata dalla sua risurrezione, che in tal modo è resa partecipe
della vita divina. Contrariamente a quanto oggi viene affermato dalla cultura
dominante nella società occidentale, dove “Dio
è di fatto assente, in tutto o in parte, dall’esistenza e dalla coscienza umana”[1], con l’Ascensione Dio si pone al centro della
vita dell’uomo, molto più di quanto si avvenuto con la Creazione. Gesù è il
Signore dell’universo e il nuovo Adamo, l’unica Speranza e l’unica salvezza
possibile per l’uomo, che ha iniziato il suo cammino di ritorno alla casa del
Padre.
Per noi cristiani la
conseguenza pratica dell’odierna celebrazione consiste nell’assumere il punto
di vista di Dio come criterio fondamentale del nostro essere, pensare ed agire.
Lascio ai miei 25 lettori il compito di sviluppare e approfondire questi spunti.
Come dicono gli scouts quando si mettono in cammino: “Buona strada” verso il
cielo in compagnia di Gesù!
don
Marco Belladelli.
[1] Sinodo dei Vescovi, XIII Assemblea Generale Ordinaria,
La Nuova Evangelizzazione per la
trasmissione della fede cristiana, Lineamenta, n.6.
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