70° anniversario dello sbarco
delle truppe alleate in Normandia
Mentre i grandi del mondo celebrano il 70° anniversario dello sbarco delle truppe alleate in Normandia, in un contesto politico nel quale sta riemergendo l'antica contrapposizione tra USA e Russia, credo sia utile rileggere a dieci anni di distanza l'omelia pronunciata dall'allora cardinal Ratzinger nel cimitero tedesco di La Cambe, per ritrovare le ragioni più profonde della pacifica convivenza tra i popoli.
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Questa è l’ora in cui ci
mettiamo in ginocchio pieni di rispetto davanti ai morti della seconda guerra
mondiale ripensando ai moltissimi giovani della nostra patria, al loro futuro e
alle loro speranze che sono andate distrutte nel sanguinoso massacro della
guerra. E come tedeschi ci tocca con dolore il fatto che il loro slancio ideale
e la loro lealtà nei confronti dello Stato siano stati strumentalizzati da un
regime ingiusto.
Ma questo non macchia
l’onore di questi giovani, nella cui coscienza soltanto Dio ha potuto guardare.
Ognuno di loro sta davanti a Dio come singolo, con il cammino della sua vita e
con la sua morte; ognuno sta davanti a quel Dio nella cui bontà misericordiosa
noi sappiamo che sono custoditi tutti i nostri morti. Essi hanno cercato di
fare soltanto il loro dovere, e spesso non senza tremende lotte interiori,
pieni di dubbi e interrogativi. Ma loro ci guardano e ci interpellano: «E voi?
Voi che farete, perché i giovani non siano più costretti alla guerra? Voi che
farete perché il mondo non sia di nuovo devastato dall’odio, dalla violenza,
dalla menzogna?».
Ma se questo è il
momento del dolore e dell’esame di coscienza, è anche il momento di una
profonda gratitudine, perché su queste tombe è nata la riconciliazione. I
nemici di un tempo ora sono diventati amici e si stringono le mani lungo il
cammino comune.
Il sacrificio dei nostri
morti non è stato inutile, anche se lo considerassimo soltanto dal punto di
vista della storia. Dopo la prima guerra mondiale restavano l’astio e
l’inimicizia tra le nazioni che si erano combattute, specialmente tra francesi
e tedeschi. Quest’odio avvelenava gli animi.
Il trattato di
Versailles aveva consapevolmente voluto umiliare la Germania e caricarla di
pesi enormi che spingevano la gente a posizioni estreme, aprendo in tal modo le
porte alle ideologie estremiste e alla dittatura. Quelle promesse menzognere di
riportare la Germania alla libertà, alla sua dignità, al suo onore e alla sua
grandezza si facevano strada e ottenevano ascolto. Ma il principio «occhio per
occhio, dente per dente» non può portare alla pace, lo abbiamo visto.
Grazie a Dio non si è
ripetuto niente di simile dopo la seconda guerra mondiale. Con il piano
Marshall gli americani hanno fornito enormi aiuti a noi tedeschi, ci hanno
permesso di ricostruire il nostro Paese rendendo possibile la libertà e il
benessere. Nel nuovo assetto mondiale dopo il crollo del colonialismo e nel
periodo di duro forte confronto tra l’Est e l’Ovest, è presto maturata la
consapevolezza che solo l’Europa unita può avere voce nella storia e nel suo
futuro. Si è compreso che le diverse ideologie nazionaliste che hanno lacerato
il nostro continente devono scomparire per lasciare spazio a una nuova
solidarietà.
È avvenuto così dopo i
conflitti tra la Francia e la Germania che per secoli hanno lasciato
un’impronta di sangue. Grazie a Dio si è arrivati a una sempre più stretta
amicizia tra francesi e tedeschi e così a partire dalla seconda metà del
Novecento sin dai primi anni Cinquanta, l’Europa si è sviluppata in un primo
nucleo unitario, allargandosi poi in cerchi sempre più vasti. E oggi stiamo
davanti a queste tombe che ci ricordano la fatale discordia di un tempo, ma ora
siamo qui come amici e come persone riconciliate.
Guardando ora in
retrospettiva al processo di riconciliazione reciproca e di solidarietà che è
maturato gradualmente, esso ci appare come uno sviluppo logico che è stato
richiesto e reso possibile formalmente dai nuovi assetti del mondo. Ma non ci
può sfuggire che di per sé questa logica non è stata intesa in modo unitario e
non si è attuata da sola. La storia ci mostra che troppo spesso si agisce
contro ogni logica e contro la ragione.
Il fatto che la politica
della riconciliazione abbia trionfato è merito di tutta una generazione di
uomini politici: ricordiamo i nomi di Adenauer, Schumann, De Gasperi, de
Gaulle. Erano persone obiettive e intelligenti, con un sano realismo politico:
ma tale realismo era radicato nel solido terreno dell’ethos cristiano
che essi riconoscevano come ethos di ragione, ethos di una
ragione affinata e chiarificata. Sapevano bene che la politica non può essere
mero pragmatismo, ma deve essere una faccenda morale: obiettivo della politica
è la giustizia, e insieme alla giustizia, la pace.
L’ordine politico e il
potere stesso devono trarre origine dai criteri fondamentali del diritto. Ma se
l’essenza della politica è la moralizzazione del potere e l’ordine che trae
origine dai principi del diritto, allora nel loro fulcro troviamo una categoria
etica fondamentale. Ma i criteri fondamentali della giustizia da dove
provengono? Dove possiamo trovarli?
Per questi uomini era
ben chiaro che i Dieci Comandamenti sono il punto di riferimento fondamentale
per la giustizia, un riferimento valido per tutte le epoche; ed essi avevano
riletto, approfondito e reinterpretato questo riferimento alla luce del
messaggio cristiano.
È incontestabile il
ruolo storico della fede cristiana nell’aver dato vita all’Europa. È grande
merito del cristianesimo non soltanto la nascita dell’Europa dopo il tramonto
del mondo greco-romano e il periodo delle invasioni barbariche. Anche dopo la
seconda guerra mondiale la rinascita dell’Europa ha come radice il
cristianesimo e dunque la responsabilità davanti a Dio: siamo ben consapevoli
che questo è il più profondo fondamento dello Stato di diritto, come è stato
scritto chiaramente nella nostra Costituzione tedesca, nata dopo il crollo del
nazismo.
Chi oggi vuole costruire
l’Europa come roccaforte del diritto e della giustizia che sia valida per tutti
gli uomini di tutte le culture, non può richiamarsi a una ragione astratta che
non conosce nulla di Dio, non appartiene a nessuna cultura precisa, ma pretende
di misurare tutte le culture secondo il proprio metro di giudizio. Ma di quale
metro di giudizio si tratta? Una ragione di questo tipo quale libertà può
garantire, cosa può rifiutare?
Ancora oggi la
responsabilità davanti a Dio e il radicamento nei grandi valori e verità della
fede cristiana, valori che vanno al di là delle singole confessioni cristiane
perché comuni a tutte, sono le forze irrinunciabili per edificare un’Europa
unita che sia molto più di un unico blocco economico: una comunità del diritto,
una roccaforte del diritto, non per se stessa ma per tutta l’umanità.
I morti di La Cambe ci
interpellano: essi sono nella pace di Dio, ma continuano a chiederci: «Voi cosa
fate per la pace?». Ci mettono in guardia nei confronti di uno Stato che possa
perdere i fondamenti del diritto e recidere le sue radici.
Il ricordo del dolore e
dei mali della seconda guerra mondiale insieme al ricordo della grande storia
di riconciliazione, che grazie a Dio si è verificata in Europa, ci mostrano
dove si trovano quelle forze che possono sanare l’Europa e il mondo. Solo se facciamo
entrare Dio nel mondo, la terra può rischiararsi e il mondo può essere umano.
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