Bernardo Strozzi, Elia e la vedova di Zarepta. |
XXXII del Tempo Ordinario, “B”.
Questa
vedova, nella sua povertà, ha dato tutto quello che aveva.
Dal Vangelo secondo Marco (12, 38-44)In quel tempo, Gesù diceva alla folla mentre insegnava: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una con
chiamati a sé i discepoli, disse loro: «In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere». Parola del Signore.
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Ci stiamo avviando verso la conclusione dell’anno liturgico. Queste
ultime domeniche del Tempo Ordinario, a cominciare dalla 30° in poi,
rappresentano come una sezione particolare all’interno del tempo Ordinario in
cui sono inserite, per il denominatore comune che li caratterizza, e cioè la
prospettiva della fine di tutte le cose umane. La consapevolezza di vivere negli
ultimi tempi, l’escaton, o comunque
dell’avvicinarsi inesorabile del termine della nostra esistenza terrena
rende quanto mai urgente per tutti il decidersi in modo chiaro e inequivocabile
da che parte stare, se con Dio o contro di Lui, e di liberarsi dalle
incertezze, dai compromessi, dagli equivoci, che fanno parte della nostra vita
quotidiana, prima che qualcun altro lo faccia al posto nostro, come per esempio
è annunciato per gli scribi nel brano di oggi: “essi
riceveranno una condan na più grave”. Nel cieco
Bartimeo che lo segue senza condizione, nell’unicità del comandamento
dell’amore di Dio e del prossimo e nel gesto della vedova che offre a Dio tutto
quanto ha per vivere, Gesù indica tre punti fermi ed irrinunciabili per ogni
discepolo del regno. L’alternativa è quella offerta dagli scribi, per i quali è
annunciata e assicurata “una condan na
più grave”. Gesù ha chiuso la bocca a tutti i suoi oppositori. Ora si trova
nel tempio dove insegna alla folla, recuperando un rapporto che sembrava essersi
raffreddato (cfr 10,46ss). Se la prende con gli scribi, accusandoli di vanità, di
approfittare della loro posizione privilegiata per procacciarsi onori e
vantaggi personali, a cui si aggiunge l’accusa di sciacallaggio nei confronti
delle vedove, le persone socialmente più deboli, e dell’ostentazione di
formalismo religioso. Tutto ciò viene inesorabilmente e gravemente condan nato, come qualcosa di assolutamente contrario
alle esigenze del regno di Dio. Al comportamento degli scribi, Gesù contrappone l’esempio della
povera vedova che invece ha offerto a Dio “tutto quello che aveva,
tutto quanto aveva per vivere”. La povera vedova è il punto
d’arrivo di quella schiera di persone che nell’antico testamento sono chiamati
“i poveri di Jahwè”, la cui caratteristica comune era quella di avere
soltanto Dio come unico loro bene, l’unico a cui ricorre nelle necessità, e nel
riconoscere che era pure l’unico a farsi carico e a prendesi cura di loro. La
vedova di Zarepta, di cui ci parla la prima lettura (cfr 1Re 17,10ss), che
nella sua assoluta indigenza non si rifiuta di soccorrere l’uomo di Dio, il
grande profeta Elia, è uno dei tanti esempi possibili. Ad ogni credente è
chiesto di abbandonarsi a Dio allo stesso modo. Gesù infatti sottolinea che la
povera vedova “ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri”, perché
essa non ha messo del proprio “superfluo”, come tanti
ricchi che mettevano tante monete, ma ha offerto a Dio “tutto
quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”. Nel
mettere in evidenza il gesto della povera vedova, Gesù annuncia quanto egli
stesso sta per fare, cioè consegnarsi “nelle mani degli uomini” ed essere
ucciso. Un evento evocato per ben tre volte consecutive, dopo la confessione di
Pietro a Cesarea di Filippo e durante il suo viaggio verso Gerusalemme. All’abbandonarsi
completamente a Dio corrisponde il rinnegare se stessi, il prendere la propria
croce e il perdere la propria vita per causa di Gesù e del Vangelo, come
abbiamo già letto e meditato da qualche mese a questa parte (cfr Mc 8,34-35,
XXIV Dom del T. O. ‘B’). Di fronte a tale prospettiva, una religione vissuta
con lo scopo di procurarsi onori, privilegi e vantaggi personali, disposti
perfino ad approfittare dei più deboli con ogni mezzo, non ha niente a che
vedere con il Vangelo. E’ bene ricordarlo, perché la Chiesa di oggi, sia ai
suoi vertici, che nella sua base, non è purtroppo al riparo da questo
malcostume. Lo denunciava l’allora cardinal Ratzinger nella famosa Via
Crucis del Venerdì santo 2005 (cfr il commento alla 9° stazione), riferendosi
alla sua più che ventennale esperienza di Curia romana. Lo si sperimenta
quotidianamente anche nelle nostre parrocchie e nelle nostre associazioni
cattoliche, dove apparentemente non sembra esserci niente di cui avvantaggiarsi,
eppure c’è sempre chi, anche nelle situazioni più impensabili, ritiene più
importante trarre profitti e tornaconti personali.
Buona
Domenica!
DON MARCO
BELLADELLI.
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