XXIX Domenica del Tempo Ordinario, “A”.
Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio.
In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.
Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».
Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare».
Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Parola del Signore.
Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Parola del Signore.
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Messi a tacere i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo, tocca ai discepoli dei farisei e agli erodiani tendere tranelli a Gesù. Scelgono il terreno insidioso della politica. Gesù è diventato troppo scomodo e bisogna assolutamente liberarsene. Dice il vangelo che “tennero consiglio”, intravedendo come unica soluzione la sua condanna a morte, prerogativa però del Governatore romano. Spostano quindi il confronto dall’ambito religioso a quello della politica, per trovare un capo d’accusa attraverso il quale coinvolgere i Romani contro di lui. Gli erodiani sono una novità per Matteo. La loro presenza è segno che tutte le componenti socio-politiche di Gerusalemme si sono compattate in una grande coalizione contro Gesù, alla quale mancavano soltanto i Romani. Un accordo, studiato con lucida determinazione e minuziosamente predisposto in tutti i particolari, originato dal comune interesse di eliminare Gesù. Non era possibile fallire. Gesù rimprovera i suoi nuovi interlocutori di ipocrisia. Li accusa di tentarlo, come aveva fatto satana durante la sua permanenza nel deserto, quando al diavolo che lo invitava a buttarsi dal pinnacolo del tempio per essere osannato dal popolo e guadagnarsi un facile successo, aveva risposto: “Non tenterai il Signore Dio tuo” (Mt 4,7). La domanda che gli viene rivolta sul tributo a Cesare è il risultato della collaborazione tra l’uomo e il demonio. L’ipocrisia è l’unione della malizia umana con la volontà diabolica di eliminare ogni segno di Dio, o parvenza divina, dal mondo e dalla storia. Il massimo dell’ipocrisia è “tentare Dio”, cioè fingere un falso interessamento a Lui e alla sua opera di salvezza, con lo scopo invece di negarne la presenza nel mondo, o comunque oscurarla, per fare fallire il suo disegno salvifico a favore dell’uomo. I farisei fingono stima e ammirazione per Gesù, per il suo insegnamento e per l’annuncio del regno di Dio, mentre in cuor loro desiderano la sua morte. L’ipocrisia è un pericolo quanto mai attuale per chiunque. Come ha detto Benedetto XVI: “La tolleranza, che ammette per così dire Dio come opinione privata, ma gli rifiuta il dominio pubblico, la realtà del mondo e della nostra vita, non è tolleranza ma ipocrisia”. Un problema che interessa l’esperienza religiosa di tutti. La subdola domanda ha dunque una valenza ipocrita: “Dicci dunque il tuo parere: E' lecito o no pagare il tributo a Cesare?”. Con la sua riposta, diventata ormai proverbiale: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”, Gesù afferma che l’uomo prima di tutto deve riconoscere e rendere omaggio all’autorità di Dio, Creatore del mondo e Signore della storia. Il culto a Dio non è mai in conflitto con l’autorità umana, quando quest’ultima viene esercitata con equità e giustizia, perché ogni potere viene da Lui. Non di rado, più o meno consapevolmente, l’autorità umana è funzionale alla divina volontà. E’ quindi lecito pagare il tributo a Cesare, come pure rispettare tutte le altre leggi umane, per una convivenza pacifica, dignitosa e prospera di tutti. Come ha detto recentemente Benedetto XVI, citando Sant’Agostino, nel discorso al Parlamento tedesco: “Togli il diritto – e allora che cosa distingue lo Stato da una grossa banda di briganti?”.
Buona Domenica!
Don Marco Belladelli.
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IN TE CONFIDO
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In te confido,
perché la tua vita diventi la mia vita, vita vera,
vita in unione con te, Gesù Cristo, Dio,
che hai portato al mondo la salvezza.
In te spero e confido,
in te mi rifugio
per avere la grazia di essere accolta
con tutti coloro che sono nel tuo cuore, nel mio cuore
e con tutti coloro che tu, caro Gesù,
hai affidato alle mie preghiere.
Benedici tutti, accogli tutti, salva tutti!
perché il tuo Sangue è Sangue di vita
per la vita nella gloria. Amen.
“Questa preghiera offritela tutti giorni al mio Santissimo cuore, in ginocchio e con totale abbandono la mia volontà. Poi direte ancora:
Signore Gesù, che sei la vita dei credenti di abbi pietà di noi e donaci l'umiltà di accettare i tuoi piani di misericordia per noi e per tutta l'umanità perduta.
Assistici, o Signore, con la Santissima Presenza di Maria,
Grazie, Gesù!
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