VIA CRUCIS PER I NOSTRI GIORNI.

Via crucis
per i nostri giorni
Testi sono di don Marco Belladelli
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Quadri di Sr. Maria Grazia Uka; Umberto Ippoliti; Giuliano Marletti; Gabriella Alesiani; Giuseppe Desideri.
introduzione
La Via Crucis è la meditazione della passione del Signore Gesù, rappresentata dalla pietà popolare nelle 14 stazioni.  
Alcuni mistici ci rivelano che Maria fu così profondamente segnata da quegli eventi, da meditarli ogni giorno della sua vita. Nessuno ha condiviso le sofferenze di Gesù più di lei e come lei. Sconvolta dalla violenza furiosa con cui i carnefici, incitati da satana, infierivano su Gesù, sentì la sua fede vacillare come non mai. Il suo amore per il Figlio fu però più grande del dolore della spada che gli trafisse l’anima, secondo la profezia del vecchio Simeone (Lc 2,35). Ringraziò Dio per la forza ricevuta e pregò perché nessuno non fosse mai più travolto dallo scandalo di quel dolore.
L’apostolo Pietro, facendo eco al profeta Isaia, ci ricorda: “Dalle sue piaghe siete stati guariti” (1Pt 2,25), perché guardiamo a questa sofferenza come fonte di salvezza, di vita e di speranza per noi e per tutti gli uomini. Il beato Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica Salvifici doloris scrive: “Cristo allo stesso tempo ha insegnato all’uomo a far del bene con la sofferenza e a far del bene a chi soffre. In questo duplice aspetto egli ha svelato fino in fondo il senso della sofferenza" (n. 30).
Ora seguiamo Gesù sulla via del Calvario per imparare a far del bene con la sofferenza e a far del bene a chi soffre. Chiediamo la grazia di non farci travolgere dalla sofferenza, né di scandalizzarci di essa, ma di portare la nostra croce come veri discepoli del Signore, di unire le nostre sofferenze, umiliazioni e mortificazioni alle sue per la salvezza del mondo, di soccorrere chiunque si trovi in qualsiasi genere di sofferenza, del corpo o dello spirito. Il Signore Gesù, presente tra noi insieme con la sua beatissima Madre, ci renda pienamente partecipi di questo mistero. 

Atto penitenziale
(Momento di silenzio per l’esame di coscienza…)

Kyrie eleison,
Christe eleison,
Kyrie eleison

Cel. Dio onnipotente abbia misericordia di noi,
perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna.

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(All’inizio di ogni stazione)

Cel. Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo,
Perché con la tua santa Croce
hai redento il mondo.

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(Alla fine di ogni stazione)

1. Chiusa in un dolore atroce,
stavi là, sotto la croce,
dolce Madre di Gesù.
Santa Madre, deh, voi fate,
che le piaghe del Signore,
siano impresse nel mio cuore

Cel. Miserere nostri, Domine!
Miserere nostri!

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1° stazione:
PILATO CONDANNA A MORTE GESù
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 19,12-16).
Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: "Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare". Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. Era la Parasceve della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: "Ecco il vostro re!". Ma quelli gridarono: "Via! Via! Crocifiggilo!". Disse loro Pilato: "Metterò in croce il vostro re?". Risposero i capi dei sacerdoti: "Non abbiamo altro re che Cesare". Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.  

Meditazione
Pilato, sapendo che i Sommi Sacerdoti avevano arrestato Gesù per invidia, ha cercato in tutti i modi una via d’uscita. Alla fine cede alle forti pressioni, se ne lava le mani davanti alla folla e lo condanna a morte. La giustizia umana si risolve così in un’assurda caricatura di se stessa, una vergognosa complicità di poteri, meschinamente coalizzatisi l’uno con l’altro, contro colui che tutti riconoscevano non soltanto innocente, ma addirittura di aver fatto del bene a tutti (cfr At 10,38), fino ad abbandonarlo nelle mani dei carnefici per la crocifissione. Quante volte sul palcoscenico della  storia è stata rappresentata questa folle commedia di giustizia iniqua, di diritti calpestati, di legittime attese andate deluse. Viviamo in un mondo nel quale ogni giorno in nome della giustizia impunemente si consumano illegalità, abusi, sopraffazioni, soprusi e prepotenze di ogni genere. Gesù non si ribella all’ingiustizia subita, ma docilmente si  consegna nelle mani dei suoi aguzzini, perché come disse al Battista nel momento del Battesimo al Giordano:  conviene che adempiamo ogni giustizia” (Mt 3,15). Paradossalmente, attraverso questa pilatesca sentenza, si compie per tutti gli uomini la Giustizia divina, molto superiore e diversa da quella degli scribi e dei farisei (cfr Mt, 5,20). E’ la Giustizia  del “Neanch’io ti condanno”(Gv 8,11); dell’: “amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano” (Mt 5,44); del: “Facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita” (Lc 15,23-24). Una Giustizia nella quale, come dice San Paolo, nonostante la nostra inimicizia con Dio, è il Giusto a morire al posto dell’empio, perché “giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui.” (cfr Rom 5,6ss). Una Giustizia sorprendentemente sempre a noi favorevole: “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?(Rom 8,31ss).  La Giustizia divina non è il risultato di losche macchinazioni, ma la manifestazione dell’infinita Misericordia di Dio (cfr Ef. 2,4), riversata in abbondanza su di noi, perché tutti fossimo riconciliati con Lui e tra di noi. Non ripetiamo l’errore di Pilato e dei Capi del Popolo ebraico, lasciando che questa grazia ci passi accanto, rigettandola da noi per paura o addirittura osteggiandola come se si trattasse di cosa a noi ostile.
PADRE …,   AVE …,   GLORIA …

2. Il tuo cuore desolato
fu in quell’ora trapassato
dallo strazio più crudel.
Santa Madre, deh, voi fate,
che le piaghe del Signore,
siano impresse nel mio cuore

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2° stazione:
Gesù’ caricato della croce
Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: "Salve, re dei Giudei!". Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo. (Mt 27,27-31).

Meditazione

Con quale animo Gesù si è caricato la croce sulle spalle? Il più innocente degli innocenti era stato ingiustamente arrestato e condannato a morte. Nel tentativo di salvargli la vita, Pilato lo aveva barbaramente fatto flagellare, senza contare tutte le percosse e le torture ricevute dagli aguzzini del Sinedrio e di Erode. Quando lo mostrò alla folla gridando: “Ecce homo!” (Gv 19,5), con la corona di spine in testa e il mantello di porpora sulle spalle per irridere la sua regalità, era così sfigurato nel suo aspetto che anche i suoi a malapena lo riconobbero. Alla fine di tutto arriva il patibolum, la croce da caricarsi sulle spalle e da portare fino al Calvario, dove sarebbe stata eseguita la condanna a morte. Dopo tutti questi avvenimenti non riusciamo ad immaginare nell’animo di Gesù nessun altro sentimento che non sia la ribellione, accompagnata tutt’al più da una vena di rassegnazione, per la condizione ineluttabile in cui si è venuto a trovare. Invece no! Gesù non si ribella alla croce, perché sa che attraverso di essa si compirà la volontà del Padre, la redenzione del mondo. Egli la bacia, come faremo anche noi alla fine della via crucis. Il suo cuore è ancora pieno di amore. Amore per il Padre, che lo ama. Amore per Maria, sua Madre, che lo segue in ogni suo passo e condivide con lui ogni sua sofferenza. Amore per ciascuno di noi, per i quali sta patendo tutto questo, fino alla morte infamante sulla croce. Un amore che si manifesta come grazia di perdono, quando sul Calvario ormai crocifisso e prossimo alla morte dirà: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,33). Questo amore ha trasformato la Croce da strumento di morte a segno glorioso di salvezza. “Salve, o Croce, nostra unica speranza!” canta la Chiesa per suscitare anche in noi lo stesso amore di Gesù per la Croce. A un amore così grande, spesso invece opponiamo la sufficienza, l’indifferenza e la durezza del disprezzo: “Tanto lui era Dio!”, come a dire che in fondo ciò che ha fatto non gli è costato nulla. Ancora una volta ci troviamo immersi nel mistero della divina Misericordia. Come è possibile che quel cuore di uomo, in quelle condizioni, continui a bruciare di amore, come il fuoco inestinguibile del roveto ardente di Mosè? E come è possibile da parte nostra resistergli … fino a questo punto?
PADRE …,   AVE …,   GLORIA …

3. Quanto triste e quanto affranta
ti sentivi o Madre santa
del divino Salvator.
Santa Madre, deh, voi fate,
che le piaghe del Signore,
siano impresse nel mio cuore

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3° stazione:
geSù’ cade per la prima volta
“È giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo. In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà. Ora l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome”. Venne allora una voce dal cielo: “L’ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!”. (Gv 12,23-28).
MEDITAZIONE
Gesù è sfinito! Ha passato la notte in agonia. Poi è stato arrestato, subendo percosse e maltrattamenti di ogni tipo. Ha affrontato tre processi. In ognuno ha ricevuto la sua buona dose di colpi.  E’ stato torturato con la flagellazione e infine gli hanno caricato la croce sulle spalle da portare fino al Calvario. Nessuno a pensato di dargli qualcosa da mangiare. Intanto le sevizie e le violenze non sono terminate. Tra i soldati romani e le guardie del tempio non si sa chi sia peggio. Molti si meravigliano che si regga ancora in piedi. C’è chi scommette che morirà prima di essere crocifisso. Basta poco per perdere l’equilibrio, una spinta o un’irregolarità del terreno, e stramazzare a terra, con nessuno che ti aiuti a rialzarti. Anzi intorno tutti inveiscono e ridono di lui. Pochi istanti per raccogliere le poche forze rimaste e Gesù si rimette in piedi e riprende il suo cammino, perché: “Per questo sono giunto a quest’ora!” – aveva detto qualche giorno prima nel tempio – Padre, glorifica il tuo nome”. Ecco la sua gloria, mangiare la povere delle vie di Gerusalemme, subissato da insolenze di ogni genere. E il bello poi deve ancora venire. Dio non sconta a nessuno la sua parte di fragilità, che trova nelle debolezze, nelle imperfezioni e nei limiti psicofisici e morali le sue manifestazioni più eloquenti. E’ come un’ombra che ti insegue, fino a quando, alla fine, riuscirà ad avere il sopravvento totale su di te. Quante paure, quanti sforzi, quante lotte per tenere sotto controllo, o almeno riuscire a mascherare, l’irriducibile inconsistenza dell’esistenza umana. Per fortuna viviamo in un momento storico fortunato. La medicina e le scienze umane hanno fatto passi da giganti. Arriveremo alla soglia dei cent’anni ancora giovani e prestanti, come se ne avessimo ancora 20 o 30 anni. Col vigore fisico e la testa a posto  affronteremo e supereremo tutto. Ma perché Gesù ci ha detto che “Chi ama la sua vita la perde”, e invece “chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna”? Perché dovremmo odiare la nostra vita. E’ il bene più grande che abbiamo. Perché non dovremmo godercela in tutti i modi e il più a lungo possibile? Perché così facendo ne perdiamo un pezzo ogni giorno, senza investire in eternità. Ricordate la parabola del ricco dai raccolti abbondanti, al quale Gesù disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?” (Lc 12,20). Anche noi spesso trattiamo la nostra vita come se fosse un tesoro da accumulare egoisticamente, e non un dono da spendere secondo le esigenze del regno dei cieli. Maria, la creatura più eletta, è esaltata di generazione in generazione, perché Dio “ha guardato l'umiltà della sua serva” (Lc 1,48), non per la sua bellezza o prestanza psicofisica. La vera forza dell’uomo sta nella sua umiltà. Attraverso di essa Dio opera in noi grandi cose (cfr Lc 1,49). E con la forza dell’umiltà (“umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce” Fil 2,8) che Gesù arriverà fino al Calvario, per liberarci dall’orgoglio e dalla superbia.
PADRE …,   AVE …,   GLORIA …

4. Con che spasimo piangevi,
mentre trepida vedevi
il tuo Figlio nel dolor.
Santa Madre, deh, voi fate,
che le piaghe del Signore,
siano impresse nel mio cuore
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4° Stazione:
gesù’ INCONTRA MARIA, SUA MADRE.
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco tuo figlio!". Poi disse al discepolo: "Ecco tua madre!". E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé.  (Gv 19,25-27).

PADRE …,   AVE …,   GLORIA …

5. Se ti fossi stato accanto,
forse che non avrei pianto,
o Maria, insieme a te.
Santa Madre, deh, voi fate,
che le piaghe del Signore,
siano impresse nel mio cuore