John Singleton Copley, Il tributo a Cesare, 1782 - Londra. |
XXIX Domenica del Tempo Ordinario, “A”
97° GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE
Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio
DAL VANGELO SECONDO MATTEO (22,15-21)
In
quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come
cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.
Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli:
«Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu
non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque,
di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».
Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Parola del Signore.
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Messi a tacere i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo, tocca ora
ai discepoli dei farisei e agli erodiani tendere tranelli a Gesù, e quale terreno
è più insidioso della politica?
Gesù è diventato troppo scomodo e bisogna assolutamente liberarsene. A
seguito dei falliti tentativi di coglierlo in fallo, “tennero consiglio” per decidere la sua
condanna a morte (cfr. Mt 26,4), prerogativa però unicamente nella
disponibilità del Governatore romano. Per trovare un capo d’accusa nel quale
coinvolgere i Romani contro Gesù, spostano il confronto dall’ambito religioso a
quello politico.
Gli erodiani sono una novità per Matteo. La loro presenza è segno che
tutte le componenti socio-politiche di Gerusalemme si sono compattate in una
grande coalizione contro Gesù, alla quale mancavano soltanto i Romani. Un
accordo minuziosamente predisposto in tutti i particolari e perseguito con
lucida determinazione, originato dal comune interesse di eliminare Gesù. Non
era possibile fallire.
Gesù rimprovera di ipocrisia i suoi nuovi interlocutori e nell’accusa
di “metterlo alla prova” è sottinteso
il tentare Dio, come aveva fatto satana durante la sua permanenza nel deserto,
quando invitato a buttarsi dal pinnacolo del tempio per essere osannato dal
popolo e guadagnarsi un facile successo, aveva risposto: “Non tenterai il Signore
Dio tuo”
(Mt 4,7). L’ipocrisia è l’unione della malizia umana con la volontà diabolica
di eliminare ogni segno di Dio, o parvenza divina, dal mondo e dalla storia. Il
“tentare
Dio” è
il massimo dell’ipocrisia, fingendo un falso interessamento per Lui e alla sua
opera di salvezza, il vero scopo è invece quello di negare la sua presenza nel
mondo, o comunque oscurarla, e fare fallire il suo disegno salvifico a favore
dell’uomo. La domanda che viene rivolta a Gesù sul tributo a Cesare è quindi una
collaborazione dell’uomo con il demonio. I farisei fingono falsa stima e
ammirazione per Gesù, per il suo insegnamento e per l’annuncio del regno di
Dio, desiderando in cuor loro la sua morte.
L’ipocrisia è un pericolo quanto mai attuale per chiunque. Come ha
detto Benedetto XVI: “La tolleranza, che ammette per così dire Dio come
opinione privata, ma gli rifiuta il dominio pubblico, la realtà del mondo e
della nostra vita, non è tolleranza ma ipocrisia”. Un aspetto problematico
che interessa l’esperienza religiosa di tutti.
Evidenziata la valenza ipocrita della domanda: “Dicci dunque il tuo parere: E'
lecito o no pagare il tributo a Cesare?”, con la sua riposta, diventata ormai
proverbiale: “Rendete dunque a
Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”, Gesù afferma che l’uomo
prima di tutto deve riconoscere e rendere omaggio all’autorità di Dio, Creatore
del mondo e Signore della storia. Il culto a Dio non è mai in conflitto con
l’autorità umana, quando quest’ultima viene esercitata con equità e giustizia,
perché ogni potere viene da Lui. Non di rado, più o meno consapevolmente,
l’autorità umana è funzionale alla divina volontà. E’ quindi lecito pagare il
tributo a Cesare, come pure rispettare tutte le altre leggi umane, per una
convivenza giusta, pacifica, dignitosa e prospera per tutti. Come disse
Benedetto XVI, citando Sant’Agostino, nel discorso al Parlamento tedesco: “Togli il diritto – e
allora che cosa distingue lo Stato da una grossa banda di briganti?”.
Oggi si celebra in tutto il mondo la 97° GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE, il cui tema: “Cuori ardenti, piedi in cammino” richiama l'esperienza dei discepoli di Emmaus descritta nel Vangelo di Luca (Lc 24,13-35). Nel suo messaggio Papa Francesco ci ricorda: “L’urgenza dell’azione missionaria della Chiesa comporta naturalmente una cooperazione missionaria sempre più stretta di tutti i suoi membri ad ogni livello. Questo è un obiettivo essenziale del percorso sinodale che la Chiesa sta compiendo con le parole-chiave comunione, partecipazione, missione. Tale percorso … è un mettersi in cammino come i discepoli di Emmaus, ascoltando il Signore Risorto che sempre viene in mezzo a noi per spiegarci il senso delle Scritture e spezzare il Pane per noi, affinché possiamo portare avanti con la forza dello Spirito Santo la sua missione nel mondo.”. Buona Domenica!
don
Marco Belladelli.
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