Mensa Christi, Lago di Tiberiade (Israele); dove Gesù ha preparato il pasto per gli Apostoli (Gv 21,9ss). |
III Domenica di Pasqua “C”
Viene Gesù, prende il pane e lo dà loro, così pure il pesce
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv
(21, 1-19)
In quel
tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si
manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo,
Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse
loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con
te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano
accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da
mangiare?». Gli risposero: «No». Allora
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi». Parola del Signore.
Il tempo di Pasqua dura cinquanta giorni, più
della Quaresima, per dare giusta evidenza all’importanza fondamentale della
risurrezione del Signore per la nostra fede. Come dice San Paolo: “se Cristo non è risorto, vana è la vostra
fede” (cfr 1Cor 15,17).
Oggi il brano evangelico ci presenta un’altra
apparizione di Gesù agli Apostoli, perché abbiamo ancora bisogno di essere
confermati che “La risurrezione di Cristo
è un fatto avvenuto nella storia, di cui gli Apostoli sono stati testimoni e
non certo creatori.” (Benedetto XVI, IV Convegno della Chiesa italiana,
Verona Ottobre 2006). Ma soprattutto abbiamo bisogno di capire come sia
possibile oggi fare l’esperienza del Signore risorto.
Il racconto suscita tanti interrogativi negli esegeti per la collocazione
in appendice al testo di Giovanni, dopo che lo stesso alla fine del capitolo 20
aveva concluso il suo racconto. Ci sono profonde rassomiglianze nello stile e nel vocabolario
con quanto precede, ma non mancano sorprendenti differenze. Lasciamo queste
dispute agli esperti e dedichiamoci alla comprensione del suo messaggio.
L’episodio è ambientato in Galilea, presso il lago di Tiberiade, dove secondo
Marco e Matteo (ma non secondo Giovanni!), Gesù aveva dato appuntamento ai
discepoli: “Andate ad annunziare ai miei
fratelli che vadano in Galilea, là mi vedranno” (cfr. Mt 28,10 e Mc 16,8).
L’autore parla di terza ed ultima apparizione, dimenticandone una. Forse perché
unisce le due apparizioni nel cenacolo agli Apostoli, quella della sera di
Pasqua senza Tomaso e quella di otto giorni dopo con la presenza dell’apostolo?
Il racconto è pieno di simbolismi: i sette apostoli presenti, cinque
individuati e due no, l’unica barca di Pietro, il numero dei pesci
pescati, la rete che non si è spezzata. Tutti elementi con un evidente
significato ecclesiale, come se si facesse riferimento ad un contesto
successivo all’ascensione di Gesù al
cielo. A parte tutti questi dettagli, la cosa più importante è fare
l’esperienza del Signore risorto, che comincia sempre dal riconoscerlo presente
in mezzo a noi attraverso l’obbedienza alla sua Parola: “(Gesù) disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e
troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande
quantità di pesci.”, e continua con la percezione dell’amore che questa
presenza suscita nei nostri cuori: “Allora
quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!»”. A questi
passaggi si aggiunge il gesto del mangiare insieme, secondo quanto egli stesso
ci ha comandato di fare “Fate questo in
memoria di me”. In questo modo avviene la conferma nella fede: “nessuno dei discepoli osava domandargli:
«Chi sei?», poiché sapevano bene che era il Signore”. Un’esperienza tanto forte, che non ha
bisogno di verifiche e tanto meno di prove provate, e che d’ora in poi
rappresenterà per gli Apostoli la realtà fondamentale della loro vita e la
fonte d’ispirazione della loro missione nel mondo. Gesù li ha trasformati tutti
in “pescatori di uomini” (cfr. Lc 5,
10) obbedienti alla sua parola, perché alla fine del mondo gli sia consegnata
tutta l’umanità, simboleggiata nel segno della rete colma di “centocinquantatre grossi pesci”, numero
che tradizionalmente indicava tutte le razze umane presenti sulla terra.
Il racconto si conclude con un dialogo tra Gesù e Pietro nel quale il Signore pone al
principe degli Apostoli le tre famose domande: «Simone di Giovanni, mi ami tu?», attraverso le quali, più che rimediare
al triplice rinnegamento dell’Apostolo durante la passione, Gesù risorto affida
a Pietro la guida della Chiesa. In queste parole del Signore: «Pasci i miei agnelli» (Gv 21,15), la
Chiesa ha riconosciuto l’investitura solenne di Pietro quale pastore e guida
suprema di tutto il suo gregge nella missione dell’evangelizzazione dei popoli
(cfr. LG 22). Nella Chiesa qualsiasi missione e ministero, a cominciare da
quello del successore di Pietro fino all’ultimo catechista, si fondano
unicamente ed esclusivamente sull’amore per Gesù. Qualsiasi altra motivazione
finisce per stravolgere la natura del mandato e il suo esercizio. Buona
Domenica!
don Marco Belladelli.
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