Cimabue, Crocifissione, 1277-83, Basilica inferiore di S. Francesco - Assisi (PG). |
VII
Domenica del tempo Ordinario “A”
Amate i vostri nemici
DAL VANGELO SECONDO MATTEO (5, 38-48)In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Avete inteso che fu detto: ‘Occhio per occhio e dente per dente’. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringe ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Dà a chi ti
chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. Parola del Signore.
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Gesù continua il suo discorso sulla nuova Toràh, cioè la Legge del Messia, con altre due antitesi sul tema dei rapporti interpersonali, sempre nella prospettiva del compimento e non dell’abolizione. Ricordo che la novità consiste soprattutto nel “ma io vi dico”, con cui Gesù, investito dell’autorità stessa di Dio, propone una radicalizzazione della legge antica, universalmente valida, orientata alla carità che lui stesso ci ha insegnato: “amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 15,12), superando la casistica in cui l’avevano costretta le scuole rabbiniche.
Con nostra somma sorpresa nella seconda antitesi ci viene proposto di amare i nemici: “amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano”, preceduto da una serie di precetti che scardinano l’antica legge del taglione dell’ occhio per occhio e dente per dente, quali per esempio: non opporsi al malvagio e il porgere l’altra guancia, e via dicendo.
Di fronte al bisogno dell’altro, fosse anche il nostro peggior nemico, e di fronte alla violenza ed al sopruso, Gesù chiede ai suoi discepoli una generosità e una arrendevolezza al limite dell’eroismo. Nel suo argomentare Gesù arriva addirittura a chiedere ai suoi discepoli la perfezione stessa di Dio. Chi vorrà attenersi al principio di giustizia, dando a ciascuno secondo il suo merito, e cioè amore a chi fa il bene e ricambiare con la stessa moneta chi fa il male, viene paragonato ai pubblicani (pubblici peccatori) e ai pagani, cioè a chi non ha conosciuto il Dio di Gesù Cristo (cfr 1Gv 4,7-8).
Siamo di fronte ad esigenze che non possono essere umanamente soddisfatte, se per una elevazione dell’uomo al livello stesso di Dio, come ci ricorda S. Giovanni nella sua prima lettera: “Carissimi, noi fin da ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.”(1Gv 3,2).
Davanti a noi ci sono due percorsi interpretativi. Quello della dotta esegesi che spacca il capello in quattro e attraverso confronti culturali autorevoli e accattivanti citazioni auto giustificatorie riesce a polverizzare il dettato evangelico fino a renderlo innocuo, se non addirittura vano. Oppure, sulla scorta di quanto ha detto Benedetto XVI nell’introduzione del 1° volume del suo libro Gesù di Nazaret: “Io ritengo che proprio questo Gesù, - quello dei Vangeli – sia una figura sensata e convincente”, quello di sederci ai piedi di Gesù per ascoltarlo, come fece Maria quando lo accolse in casa sua (Lc 10,39), fino a lasciarci trasformare in “figli del Padre che è nei cieli”.
Nella nuova Torah del Messia è presente una dinamica evolutiva propria della critica profetica, che amplia il messaggio di Gesù per i necessari sviluppi storici personali e sociali, a garanzia della dignità umana, a immagine e somiglianza di Dio. Questo significa che non possiamo accontentarci del grado di moralità raggiunta, ma che dobbiamo sempre lasciarci mettere in discussione dalla parola di Gesù, fin quando non abbiamo raggiunto la perfezione stessa di Dio.
Quando Gesù dice: “Amate i vostri nemici” parla prima di tutto di sé e del suo sacrifico sulla croce con cui ci ha rigenerati. Senza questo suo Amore tutto il Vangelo resta un’utopia irrealizzabile per chiunque. Ogni volta che ci riuniamo per l’Eucaristia facciamo l’esperienza della riconciliazione, da nemici ad amici di Dio. Questa è l’unica sorgente a cui possiamo attingere per avere la forza di amare i nostri nemici, pregare per loro e diventare “figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il sole sui cattivi e sui buoni”. Quando per primi abbiamo fatto l’esperienza di un Amore più forte di qualsiasi inimicizia, niente sarà più impossibile, anche amare i nemici, porgere l’altra guancia e sopportare il sopruso di turno. Buona Domenica!
don Marco Belladelli
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