Immagine prodigiosa del Gesù di fra Elia degli Apostoli di Dio. |
Non
sono venuto a portare pace sulla terra, ma divisione.
Dal Vangelo secondo Luca
(12, 49-53). In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora
innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera». Parola del Signore.
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Gesù continua a parlare ai discepoli dell’accoglienza del regno come dono del Padre: “Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno” (12,32). Oggi ricorre all’immagine del fuoco per paragonare la sua missione ad un incendio che gradualmente si propaga su tutta la terra. Il fuoco evoca lo Spirito Santo, la cui azione consiste nell’aprire il cuore degli uomini a Gesù. Un fuoco che sarà appiccato soltanto dopo la sua morte. In altri contesti il fuoco richiama il giudizio divino, come nel caso del fuoco eterno della Geenna, oppure quando si brucerà la zizzania al tempo del raccolto.
Gesù continua il suo discorso, riprendendo quanto aveva detto il Battista a proposito del “battesimo di fuoco” (Mt 3,12). Un battesimo che angoscia Gesù “finché non sia compiuto!”. Un’angoscia che anticipa quella del Getsemani, descritta da Luca come una vera e propria lotta finale, dal cui esito dipendono le sorti del mondo.
Se il prezzo pagato da Gesù per “darci il regno del Padre” è la sua passione, morte e risurrezione, non dobbiamo meravigliarci che l’accoglienza del regno comporti anche per noi rinunce, lotte e conflitti, per fino dentro la nostra stessa famiglia.
Questo è il punto: “giudicare ciò che è giusto” e agire di conseguenza, mentre molto spesso la nostra vita è costellata da incoerenze. Ogni giorno e più volte al giorno preghiamo: “venga il tuo regno!”. Nello stesso tempo, più o meno consapevolmente, ne ostacoliamo la venuta, desiderando tutt’altro dal regno, operando in modo del tutto contrario e opponendoci alla grazia che Dio ci dona.
Penso alla nostra poca docilità spirituale: preghiamo poco e male; siamo poco disponibili all’ascolto della parola di Dio, superficiali e indifferenti nella vita sacramentale. Penso alle nostre rigidità psicologiche che ci condizionano moralmente. Per non parlare poi dei condizionamenti sociali e culturali a cui siamo sottoposti, soprattutto in questo nostro tempo dominato dalla dittatura del relativismo e dal materialismo imperante che tutto corrompe, dove la ricerca del vero e del bene è pura utopia. Ecco perché l’adesione al regno richiede scelte che inevitabilmente comportano rinunce, divisioni e conflitti.
Le parole di evocano quello che Papa Francesco disse ai Cardinali il giorno seguente la sua elezione: “... Noi possiamo camminare quanto vogliamo, noi possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore. Quando non si cammina, ci si ferma. Quando non si edifica sulle pietre cosa succede? Succede quello che succede ai bambini sulla spiaggia quando fanno dei palazzi di sabbia, tutto viene giù, è senza consistenza. Quando non si confessa Gesù Cristo, mi sovviene la frase di Léon Bloy: “Chi non prega il Signore, prega il diavolo”. Quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità del demonio.” (14/03/2013). Insomma, o con Gesù o contro di lui. Non c’è una terza via. Buona Domenica!
don
Marco Belladelli.
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