Rembrandt, Il cambiavalute, 1627. |
XVIII Domenica del Tempo Ordinario, “C”.
Quello
che hai preparato, di chi sarà?
Dal Vangelo secondo Luca
(12,13-21). In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto
abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio». Parola del Signore.
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Oggi San Luca ci presenta un episodio seguito da una parabola che non ha paralleli negli altri vangeli. Mentre Gesù è in cammino verso Gerusalemme, un tale tra la folla invoca il suo intervento per avere giustizia del fratello che si è appropriato della sua parte di eredità.
Gesù non soltanto rifiuta di farsi mediatore tra i due fratelli, per non ingenerare equivoci sul valore e sul significato della sua missione, ma approfitta dell’occasione per mettere in guardia tutti, indistintamente, dal pericolo rappresentato dalla ricchezza, indicato nel vangelo di Luca come l’ostacolo per eccellenza sulla via del regno di Dio, perché la vita dell’uomo “non dipende da ciò che egli possiede”.
Per l’evangelista infatti il vero male non è la proprietà di beni, ma l’avidità del loro possesso, e l’ideale che egli propone non è la povertà in quanto tale, ma la comunione dei beni così come è stata vissuta dalla prima Chiesa di Gerusalemme e descritta nel libro degli Atti degli Apostoli (cfr. At. 2,44-45).
Oltre alle raccomandazioni di tenersi “lontani da ogni cupidigia” perché la vita non dipende da ciò che si possiede, Gesù racconta una parabola dalla quale traiamo il suo insegnamento principale. Il racconto ci partecipa i ragionamenti di un uomo ricco che, dopo un raccolto straordinariamente abbandonate, si interroga su come conservare tutto quel bene di Dio. La soluzione è presto trovata: costruire nuovi e più capienti magazzini.
Ma ciò che fa problema nel suo comportamento non è tanto la conservazione del raccolto, quanto il considerarsi umanamente appagato e al riparo da futuri possibili rischi e pericoli, tanto da concludere con un pensiero di auto compiacimento: “Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e divertiti”, nel quale come appare del tutto evidente non c’è posto per Dio. La stoltezza del suo argomentare consiste nel non aver tenuto conto che nessun uomo è padrone della propria vita, ma soltanto Dio, totalmente escluso dall’orizzonte degli umani pensieri, quando la cupidigia per i beni materiali si impossessa della sua anima: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà?”. Alla fine Gesù sentenzia che questa è la sorte “di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce presso Dio”.
Come abbiamo già detto, nel suo vangelo Luca insiste molto sul tema ella ricchezza come uno dei principali ostacoli all’accoglienza del regno di Dio e parallelamente dà molto risalto alla realtà dei poveri, considerandoli a trecentosessanta gradi, cioè da tutti i punti di vista, come coloro che sono nella condizione migliore per accogliere l’annuncio salvifico del Vangelo. Al suo esordio nella sinagoga di Nazaret (cfr 4,16ss), Gesù ricorda le parole del profeta Isaia che fanno esplicito riferimento alla evangelizzazione dei poveri come uno dei segni messianici. Nella redazione lucana delle Beatitudini si parla semplicemente di “voi poveri”, intesi nella loro concreta condizione sociale e umana, a cui si contrappone una minacciosa invettiva nei confronti dei ricchi: “Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione” (Lc 6,24). Nel Magnificat, come segno dell’opera redentrice che Dio sta compiendo nel mondo, si dice: “ha ricolmato di beni gli affamati e ha rimandato i ricchi a mani vuote”.
La parabola del ricco, con l’invito a tenersi “lontano da ogni cupidigia” e il monito finale di “arricchire davanti a Dio”, affrontano per la prima volta in modo diretto il problema della ricchezza come il più grande ostacolo che impedisce ai discepoli di accogliere nel loro cuore la novità divina del regno dei cieli, con il conseguente e necessario pieno e totale abbandono alla volontà di Dio. Un racconto volutamente ironico nel contrapporre chi accumula tesori per sé su questa terra e alla fine non sa a chi andranno a finire e chi ne godrà, a chi invece si preoccupa di arricchire davanti a Dio, dove è certo che niente andrà perduto. Gesù ci ammonisce a non ripetere lo stolto errore del ricco che pienamente soddisfatto dai suoi beni materiali, non tiene conto di Dio e in quella stessa notte perde la sua vita. Il discepolo del regno è colui che libero dai condizionamenti della cupidigia, come i poveri del Vangelo e soprattutto sull’esempio di Gesù hanno in Dio la loro unica e grande ricchezza. Buona Domenica!
don
Marco Belladelli.
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