venerdì 21 dicembre 2018

Il Vangelo della salute del 23/12/2018

Jacopo Pontormo, Visitazione, 1528-30 Carmignano (PO)
IV Domenica d’Avvento, “C”
A che devo che la madre del mio Signore venga a me?
Dal Vangelo secondo Luca  (1,39-48a).
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Ap­pena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bam­bino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A
che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orec­chi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 
E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto». 
Parola del Signore.
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L’incontro tra Maria ed Elisabetta, tradizionalmente noto come ‘la visitazione’, ci permette di entrare con umiltà e semplicità nelle dinamiche del compimento del mistero dell’Incarnazione, per esserne profondamente coinvolti. Nella narrazione di San Luca questo episodio è il punto d’incontro della storia di san Giovanni Battista con quella di Gesù. Il primo è il ‘precursore’ che prepara il popolo alla venuta del Messia; il secondo è l’Inviato di Dio, colui che “è più forte” del profeta stesso, che battezzerà “in Spirito Santo e fuoco”, il Salvatore dell’umanità.
Dopo l’annuncio ricevuto dall’Arcangelo Gabriele, Maria ha “fretta” di incontrare Elisabetta, pur mancando ancora tre mesi alla nascita del Battista. La premura della Santa Vergine non è quindi dovuta a ragioni contingenti, ma ci svela quello che ella sta vivendo in quel particolare momento. Nel suo animo infatti si sovrappongono e si intrecciano sentimenti diversi, come l’emozione del sacro timore per la straordinarietà dell’evento in cui è stata coinvolta, la gioia per il realizzarsi delle promesse messianiche e la fede con cui si è abbandonata alla volontà di Dio.
Nelle sue condizioni, Maria affronta questo lungo e disagevole viaggio dalla lontana Nazareth, in Galilea, fino ad Aim Karim, piccolo villaggio della Giudea, a sud di Gerusalemme, per constatare di persona il segno che l’arcangelo Gabriele le aveva indicato: “Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,36). La maternità di Elisabetta è la conferma che Dio sta operando in lei, la prova provata di essere la “piena di grazia” (Lc 1,28) e la “benedetta tra tutte le donne” (Lc 1,42) per diventare la Madre del Salvatore.
L’incontro si trasforma in una Pentecoste ante litteram. Il protagonista è infatti lo Spirito Santo, che in un circolo virtuoso attraverso il saluto di Maria viene partecipato prima al piccolo Giovanni, che “esulta di gioia” nel grembo materno, e poi ad Elisabetta che profetizza: “A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?”. E’ lei infatti, che sotto l’azione dello Spirito, ci fa conoscere il vero e autentico significato di tutto quello che si sta silenziosamente realizzando dal momento dell’annunciazione in poi: Maria è la “Benedetta fra le donne”, perché “il frutto del suo grembo” è il “mio Signore”. Dopo l’esultanza di Giovanni, che partecipa il suo carisma profetico di precursore alla madre, alla fine lo Spirito ritorna a Maria, che magnifica Dio come suo “Salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva”, e per quello che significherà questo sguardo rivolto alla sua umile serva per tutto il mondo, in ogni momento della storia. 
Anche 0ggi Maria viene a noi per portarci il Salvatore. E lo stupore di Santa Elisabetta diventa il nostro stupore: “A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?”. Allo stesso modo Maria ci accompagna fino alla grotta di Betlemme dove, con nostra meraviglia, ci metterà in braccio Gesù, il Figlio di Dio.
Ecco dove e come si conclude il nostro cammino di Avvento. Ecco cosa significa ‘prepararsi al Natale’: essere pronti ad accogliere il Salvatore tra le nostre braccia, conquistati a tanto amore dal cuore materno e immacolato di Maria. Lasciamoci prendere per mano dall’umile serva del Signore. Lei ci condurrà con certezza da Colui che è il nostro Salvatore.
Queste mie riflessioni non sono un cedimento al buonismo dilagante di questi giorni, né tanto meno una estemporanea promozione della sagra dei buoni sentimenti a cui preferiscono adeguarsi coloro che non vogliono piegarsi all’umiltà della fede davanti al mistero che andiamo a celebrare. Attraverso queste immagini piene di tenerezza e di stupore intendo focalizzare la mia e la vostra attenzione su quello che ritengo essere l’unico atteggiamento possibile con cui disporsi al Natale ormai alle porte, l’abbandono umile e fiducioso di Maria alla volontà di Dio. Un atteggiamento esemplare e fondamentale per ogni cristiano. Buona Domenica!
don Marco Belladelli

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