Jacob Grimmer, Paesaggio con la parabola del seminatore, 1557. |
XV Domenica del Tempo Ordinario, “A”.
Il
seminatore uscì a seminare.
DAL VANGELO
SECONDO MATTEO (13,1-23)
Quel
giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui
tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la
folla stava sulla spiaggia.Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono.
Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».
Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.
Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi
e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!”.
Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!
Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».
Parola del Signore.
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Nel 13° capitolo del suo vangelo Matteo ha raccolto una serie di parabole per illustrare le caratteristiche del Regno dei cieli, cioè di quel nuovo ordine delle cose che il Signore Gesù è venuto ad inaugurare e ad instaurare. Si comincia con quella del Seminatore, una delle più famose, che sarebbe meglio intitolare “La storia del seme”.
La parabola è un genere letterario caratterizzato da un racconto che prende spunto dall’esperienza comune per facilitare l’attenzione degli ascoltatori, nella cui trama il narratore introduce elementi paradossali, se non addirittura assurdi, inseguendo i quali si arriva al messaggio specifico che si vuole comunicare. Nel nostro caso, per esempio, si comincia con l’immagine di un uomo che semina, molto familiare in un ambiente agricolo, quale era quello palestinese di duemila anni fa. Il paradosso abbastanza evidente sta nel fatto che i tre quarti del lavoro di questo seminatore sono improduttivi, mentre soltanto la quarta parte risulta straordinariamente feconda. Dal confronto tra il seme che dà frutto e quello invece che non dà frutto ricaviamo il messaggio specifico della parabola.
Come dice il profeta nella 1° lettura (Is 55,10-11), la Parola di Dio porta sempre frutto. Questo è il primo significato della parabola, infondere fiducia e speranza in chi era deluso e sfiduciato come missionario del regno; oppure rispondere alle critiche di chi giudicava la missione di Gesù inutile e inefficace. La certezza della fecondità della Parola predicata giustifica un impegno sempre più forte nell’evangelizzazione.
Nelle folle di Galilea Gesù ha davanti a sé tutta l’umanità. Egli conosce i cuori di ciascuno e sa chi sono quelli che credono e quelli che non credono. La distinzione tra questi due gruppi dipende dal modo con cui si accoglie la Parola di Dio. Questo è il secondo significato della parabola, far risaltare gli ostacoli che impediscono l’accoglienza feconda della Parola.
Dopo aver congedato la folla, Gesù si ritrova solo con i discepoli, che gli chiedono ragione dell’uso delle parabole. Ad essi risponde, dicendo: “Parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono”. Che senso ha parlare per non essere compresi? Perché rendersi incomprensibile di proposito? Gesù cita a sostegno della propria tesi un passo del profeta Isaia (6,9-10), che in sostanza dice: “Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”. La gravità del peccato di chi non ascolta e non accoglie nel suo cuore la Parola di Dio per metterla in pratica consiste nel ritenere pregiudizialmente impossibile che Dio parli o agisca, tanto da risultare indifferente anche alla sua esistenza.
A questo punto segue la spiegazione della parabola di Gesù stesso. Come abbiamo già detto sopra, il seminatore causa due situazioni contrapposte, quella del seme improduttivo e quella del seme produttivo, rispettivamente articolate al loro interno in tre ulteriori contingenze diverse, che si riferiscono a situazioni specifiche. Il seme caduto sulla strada e mangiato dagli uccelli, rappresenta l’opera del maligno il cui fine è sempre quello di contrastare l’opera di Dio e separarci da Lui, fino a negarne l’esistenza e cadere così schiavi dei suoi inganni. Un aspetto della vita spirituale da non trascurare e che merita di essere approfondito. Il secondo caso riguarda il seme caduto sul terreno sassoso, che sta ad indicare la difficoltà di accettare il prezzo della volontaria fedeltà a Dio e alla sua Parola, che poi alla fine consiste nell’accettare la logica della croce. Insomma chi è fedele al Vangelo in genere non è ben visto, incontrerà sulla propria strada tanti ostacoli, dovrà sopportare sofferenze e prepararsi ad affrontare vere e proprie ostilità. Infine abbiamo il seme caduto tra le spine, che rappresenta coloro che sono frenati da “la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza”. Quante volte abbiamo sentito questa Parola: “ Il mio regno non è di questo mondo; … siete nel mondo, ma non siete del mondo; … va, vendi quello che hai e dallo ai poveri e poi vieni e seguimi”. E poi continuiamo imperterriti a lasciarci attrarre e sedurre dalla logica del mondo: piacere, ricchezza e potere.
A queste tre situazioni negative sono contrapposte altre tre situazioni positive, in cui il seme “dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno”.
Non tutti possiamo essere dei grandi catalizzatori di folle, come lo sono stati Madre Teresa di Calcutta, Padre Pio e Giovanni Paolo II, o come lo è oggi Papa Francesco. E’ sufficiente una fede sincera e pronta ad accogliere la Parola di Dio con la pratica della vita, per essere certi di un frutto abbondante. Non è possibile seguire il Signore Gesù senza accogliere la sua parola. La parabola ci aiuta a capire e a individuare le nostre difficoltà nel seguirlo e ovviamente a rimuoverle. Al solito augurio di una “Buona Domenica!”, oggi unisco l’invito di un “buon esame di coscienza!” per superare gli ostacoli che ci impediscono di accogliere la Parola di Dio, perché produca anche in noi frutti abbondanti.
don Marco Belladelli.
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