Papa Francesco a Bozzolo e a Barbiana
Martedì 20 Giugno Papa Francesco si recherà a Bozzolo (MN) e a Barbiana
(FI) per pregare sulle tombe di due sacerdoti scomodi, don Primo Mazzolari,
morto il 12 Aprile 1959 all’età di 69 anni, e don Lorenzo Milani, morto
cinquant’anni fa il 26 Giugno 1967, a soli 44 anni. Un evento che riaccende i
riflettori sulle vicende umane e storiche di questi due uomini di Chiesa,
apertamente osteggiati dalle gerarchie religiose e civili e da tanta parte del
mondo cattolico del loro tempo. Un gesto, quello del Papa, non tanto di riabilitazione ‘post mortem’, ma di omaggio a due presbiteri “impegnati in prima linea in tempi difficili”, che sottolinea una esemplarità sempre valida, soprattutto per noi preti di oggi. Chi sono don Lorenzo e don Primo? Il Mazzolari nasce a Cremona il 13/01/1890 da una famiglia contadina. Dopo le elementari entra in seminario fino al 1912, anno della sua ordinazione sacerdotale. Dopo i primi passi nel ministero, arriva subito la 1° guerra mondiale che lo vedrà occupato in vari ambiti fino al 1920, quando ritornerà ai suoi impegni pastorali come parroco in due centri nel mantovano, ma annessi alla diocesi di Cremona, a Cicognara fino al 1932 e poi a Bozzolo, fino alla fine della vita. In un contesto socio-politico con una forte connotazione socialista, il suo impegno pastorale mette in atto iniziative capaci di avvicinare i più lontani. Verso il regime fascista si dimostrò fin da subito convinto oppositore, tanto da essere oggetto di un attentato e di un periodo di detenzione. Sono anche gli anni di una intensa produzione letteraria, che incontra prima l’opposizione del Sant’Ufficio che mette all’indice alcuni suoi scritti, e poi quella della censura fascista. Alla fine della 2° guerra mondiale, senza mai perdere di vista la priorità pastorale, lo vediamo impegnato nella ricostruzione sociale e culturale del Paese, convinto che i cristiani, rinnovati nella mente e nell’azione, dovessero guidare la rivoluzione in senso evangelico. Un’attività che sarà causa di gravi restrizioni da parte delle autorità ecclesiastiche, fino a confinarlo nella sua Bozzolo. Don Lorenzo Milani nasce invece a Firenze il 27/05/1923 da una famiglia colta e borghese, con una madre di origine ebraica. Dopo gli studi classici e un interesse per la pittura, a vent’anni abbandona improvvisamente il mondo colto e raffinato in cui era cresciuto, si converte alla fede cristiana e decide di farsi prete. Appena ordinato sacerdote, nel 1947 viene mandato a Calenzano e sette anni dopo a Barbiana, un piccolissimo borgo di case sparse sull’Appennino toscano, dove rimase fino alla morte. Fin da subito si rese conto che il vero ostacolo all’evangelizzazione e alla promozione sociale dei giovani e delle classi più povere era la mancanza di cultura. Così nacque la scuola serale per gli operai e i contadini di Calenzano e la straordinaria esperienza di Barbiana, un modello educativo e formativo senza precedenti. Una provocazione culturale e sociale ancora attuale, da cui hanno avuto origine gli scritti di don Milani, tra cui ricordiamo, “Esperienze pastorali” fatto ritirare dal Sant’ufficio perché inopportuno, “Lettera ad una professoressa” che lo fece conoscere al grande pubblico, ma soprattutto gli ancor più provocatori “L’obbedienza non è più una virtù”, “Lettera ai Cappellani militari d’Italia” e “Lettera ai giudici” che furono la causa della sua condanna post mortem. Don Lorenzo e don Primo sono due preti che in nome del Vangelo sfidarono quella modernità che stava avanzando, ma che loro non conobbero nei termini e nelle dimensioni che oggi noi abbiamo davanti agli occhi. Un brodo culturale dominato da una tecnologia sempre più sofisticata, il cui semplice uso e possesso illude gli uomini di progredire di pari passo con essa, mentre non si rendono conto della loro regressione e dell’imbarbarimento delle loro esistenze. Diceva infatti don Milani ai suoi ragazzi di Barbiana. “Le cose meno belle, purtroppo, vengono da sé, invece le cose belle bisogna imporsele con la volontà, perché c’è stato chi ha pensato a fare in modo che la società vi offrisse tutto quello che occorre perché alle cose belle e utili non ci pensaste e teneste la vostra vita a un basso livello.”.
Marco
Belladelli.
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