III
Domenica di Avvento, “C”
E
noi che cosa dobbiamo fare?
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E
noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete
niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo. Parola del Signore.
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Questa Domenica in molte Chiese vedrete il celebrante vestito di rosa. Non è un cedimento alla vanità dei tempi, ma un segno liturgico dell’avvicinarsi del Natale. Il rosaceo evoca il colore dell’alba che precede la luce del giorno.
La gioiosa esultanza della prima e della seconda lettura per la prossimità del Signore, contrasta con la severità delle parole del Giovanni Battista. Per tre volte gruppi di persone diverse gli chiedono: “Che cosa dobbiamo fare?”. La sua risposta è sempre un fermo invito alla vera conversione, fatta di scelte di vita coraggiose e di rottura con il passato. In sintonia con i grandi profeti dell’Antico Testamento ci ricorda che la vera religione si riflette in una vita retta, onesta e misericordiosa verso i poveri. Nessuno è escluso dal suo ammonimento, perché tutti abbiamo qualcosa da cambiare nella nostra vita.
Sorprende che il suo monito raggiunga categorie solitamente refrattarie alla religione come i pubblicani e i soldati, persone disincantate e senza particolari scrupoli morali. In lui opera la potenza dello Spirito Santo, purtroppo sempre non altrettanto presente nelle proposte pastorali delle nostre parrocchie e diocesi.
Ogni Domenica intorno all’altare del Signore ci chiediamo che cosa dobbiamo fare per la nostra salvezza, perché l’Avvento rappresenti una tappa significativa della nostra elevazione spirituale. La risposta del Battista è la stessa di duemila anni fa: misericordia verso i poveri e i bisognosi, integrità morale e sobrietà di vita. E’ un paradigma ancora coniugabile oggi?
Non è il momento né il luogo per analisi psico-sociologico e culturali, molto spesso inutili all’individuazione di vere prospettive di novità di vita e di speranza. Torna allora la domanda: che cosa dobbiamo fare? Dobbiamo forse diventare tutti degli eremiti come il Battista? E poi chi lo manda avanti il mondo? Questo è l’uomo moderno e questo è il tempo in cui si vive.
Nella Bolla d’indizione del Giubileo straordinario della Misericordia, Misericordiae Vultus, Papa Francesco ci ricorda: “Forse per tanto tempo abbiamo dimenticato di indicare e di vivere la via della misericordia. La tentazione, da una parte, di pretendere sempre e solo la giustizia ha fatto dimenticare che questa è il primo passo, necessario e indispensabile, ma la Chiesa ha bisogno di andare oltre per raggiungere una meta più alta e più significativa. Dall’altra parte, è triste dover vedere come l’esperienza del perdono nella nostra cultura si faccia sempre più diradata. Perfino la parola stessa in alcuni momenti sembra svanire. Senza la testimonianza del perdono, tuttavia, rimane solo una vita infeconda e sterile, come se si vivesse in un deserto desolato. È giunto di nuovo per la Chiesa il tempo di farsi carico dell’annuncio gioioso del perdono. È il tempo del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli. Il perdono è una forza che risuscita a vita nuova e infonde il coraggio per guardare al futuro con speranza.”
Finché continueremo a negare le nostre responsabilità di fronte all’emergenza morale dei nostri giorni, dove quello che conta è soltanto il tornaconto personale e l’interesse economico, quale unico criterio e regola delle relazioni umane, dove non c’è spazio per la misericordia, perché il povero è una minaccia alla mia sicurezza e mi limito ad incontrarlo sui cartelloni della Caritas, liquidandolo con una offerta, che a me non sconvolge la vita e a lui non risolve i problemi, vuol dire che il monito di Giovanni Battista non ci ha nemmeno sfiorato. Lui non è il Messia, è soltanto un Profeta. Aspettiamo il vero Messia e vedremo se lui riuscirà, là dove è fallito il Battista.
La festa annunciata oggi dalla liturgia è per coloro che hanno ascoltato l’invito del Battista, hanno riconosciuto i segni della presenza del Signore e sono pronti ad accoglierlo come “un salvatore potente” (Sof 3,17).
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo. Parola del Signore.
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Questa Domenica in molte Chiese vedrete il celebrante vestito di rosa. Non è un cedimento alla vanità dei tempi, ma un segno liturgico dell’avvicinarsi del Natale. Il rosaceo evoca il colore dell’alba che precede la luce del giorno.
La gioiosa esultanza della prima e della seconda lettura per la prossimità del Signore, contrasta con la severità delle parole del Giovanni Battista. Per tre volte gruppi di persone diverse gli chiedono: “Che cosa dobbiamo fare?”. La sua risposta è sempre un fermo invito alla vera conversione, fatta di scelte di vita coraggiose e di rottura con il passato. In sintonia con i grandi profeti dell’Antico Testamento ci ricorda che la vera religione si riflette in una vita retta, onesta e misericordiosa verso i poveri. Nessuno è escluso dal suo ammonimento, perché tutti abbiamo qualcosa da cambiare nella nostra vita.
Sorprende che il suo monito raggiunga categorie solitamente refrattarie alla religione come i pubblicani e i soldati, persone disincantate e senza particolari scrupoli morali. In lui opera la potenza dello Spirito Santo, purtroppo sempre non altrettanto presente nelle proposte pastorali delle nostre parrocchie e diocesi.
Ogni Domenica intorno all’altare del Signore ci chiediamo che cosa dobbiamo fare per la nostra salvezza, perché l’Avvento rappresenti una tappa significativa della nostra elevazione spirituale. La risposta del Battista è la stessa di duemila anni fa: misericordia verso i poveri e i bisognosi, integrità morale e sobrietà di vita. E’ un paradigma ancora coniugabile oggi?
Non è il momento né il luogo per analisi psico-sociologico e culturali, molto spesso inutili all’individuazione di vere prospettive di novità di vita e di speranza. Torna allora la domanda: che cosa dobbiamo fare? Dobbiamo forse diventare tutti degli eremiti come il Battista? E poi chi lo manda avanti il mondo? Questo è l’uomo moderno e questo è il tempo in cui si vive.
Nella Bolla d’indizione del Giubileo straordinario della Misericordia, Misericordiae Vultus, Papa Francesco ci ricorda: “Forse per tanto tempo abbiamo dimenticato di indicare e di vivere la via della misericordia. La tentazione, da una parte, di pretendere sempre e solo la giustizia ha fatto dimenticare che questa è il primo passo, necessario e indispensabile, ma la Chiesa ha bisogno di andare oltre per raggiungere una meta più alta e più significativa. Dall’altra parte, è triste dover vedere come l’esperienza del perdono nella nostra cultura si faccia sempre più diradata. Perfino la parola stessa in alcuni momenti sembra svanire. Senza la testimonianza del perdono, tuttavia, rimane solo una vita infeconda e sterile, come se si vivesse in un deserto desolato. È giunto di nuovo per la Chiesa il tempo di farsi carico dell’annuncio gioioso del perdono. È il tempo del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli. Il perdono è una forza che risuscita a vita nuova e infonde il coraggio per guardare al futuro con speranza.”
Finché continueremo a negare le nostre responsabilità di fronte all’emergenza morale dei nostri giorni, dove quello che conta è soltanto il tornaconto personale e l’interesse economico, quale unico criterio e regola delle relazioni umane, dove non c’è spazio per la misericordia, perché il povero è una minaccia alla mia sicurezza e mi limito ad incontrarlo sui cartelloni della Caritas, liquidandolo con una offerta, che a me non sconvolge la vita e a lui non risolve i problemi, vuol dire che il monito di Giovanni Battista non ci ha nemmeno sfiorato. Lui non è il Messia, è soltanto un Profeta. Aspettiamo il vero Messia e vedremo se lui riuscirà, là dove è fallito il Battista.
La festa annunciata oggi dalla liturgia è per coloro che hanno ascoltato l’invito del Battista, hanno riconosciuto i segni della presenza del Signore e sono pronti ad accoglierlo come “un salvatore potente” (Sof 3,17).
Buona Domenica!
don
Marco Belladelli.
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