VI
Domenica del tempo Ordinario “B”
La lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte. Parola del Signore.
------------------------------------
Dopo l’intensa
giornata di Cafarnao, Marco ci racconta la guarigione di un lebbroso, che non
sappiamo dove e quando è avvenuta. Ciò che interessa è il fatto in sé. La
lebbra infatti non era una malattia come le altre. Oltre a sfigurare e deturpare orribilmente
la persona che ne è colpita, era il segno di una punizione divina, come accadde
a Maria, la sorella di Mosè, diventata improvvisamente lebbrosa per la sua
superbia (cfr. Num. 12,10). Il lebbroso era considerato peggio di un pubblico
peccatore.
Ancora ai tempi di Gesù, l’unico rimedio
consisteva nell’isolare i lebbrosi lontano dai centri abitati, in luoghi
deserti, per evitare il diffondersi del contagio. Quando si aggirava vicino
alle città o ai villaggi doveva gridare: “Immondo!”.
Guarire dalla lebbra era praticamente impossibile, se non per un miracolo, come
nel caso del generale siriano Naamàn (cfr. 2Re 5,1-14). Per questa sua valenza
religiosa, spettava al sacerdote costatare l’eventuale guarigione.
Gesù compie un gesto clamoroso: prima dà ascolto
al lebbroso e poi addirittura gli tende la mano, fino a toccarlo. Non si tratta
di un azzardo provocatorio, ma di una precisa volontà divina: “Lo voglio, sii purificato!”. La “purificazione” è parte dell’atto redentivo
di Dio, che Gesù manifesta nella sua intenzionalità. Essa va intesa non
soltanto come una semplice reintegrazione umana e sociale, ma è qualcosa di più
profondo e radicale che ha a che fare con la dimensione religiosa dell’uomo. Una
realtà, come dice Sant’Agostino, più intima di quanto io lo sia a me stesso.
Gesù riabilita l’uomo al rapporto con Dio. Viene in mente la beatitudine di
Matteo: “Beati i puri di cuore perché
vedranno Dio” (5,8). Il rapporto con Dio è il fondamento della vera dignità
dell’uomo. Gesù non soltanto guarisce i corpi e gli spiriti come abbiamo visto
nella giornata di Cafarnao, ma guarisce anche l’anima dell’uomo, riscattandola da
ogni di marginalità e discriminazione.
Se, per grazia di Dio, almeno qui in Occidente
non corriamo il pericolo del contagio fisico, rimane molto diffusa la lebbra
del cuore. Nell’immaginario collettivo il lebbroso oggi individua una persona
socialmente pericolosa, da tenere a debita distanza per il pericolo di
contagio. Pensate a tutte le forme di discriminazioni e di emarginazioni,
spesso anche motivate religiosamente,
che la storia ci ha fatto conoscere, tutt’altro che superate. In una società
senza Dio, più si afferma il principio di uguaglianza di tutti gli esseri umani
e più si vanno affermando forme di discriminazioni sempre nuove e sempre più
umilianti.
Facciamo nostro l’invito di san Paolo nella 2°
lettura: “Diventate miei imitatori, come
io lo sono di Cristo” (1 Cor 11,1). Per superare discriminazioni ed
emarginazione e necessario un atto di profonda solidarietà, che inizia con il
toccare il lebbroso e finisce con la morte in croce con cui si è realizzata la
salvezza, perché la via della purezza rituale o legale, fatta di separazione e
distanza, si è già rivelata fallimentare con Israele.
Alla fine del racconto di Marco, colpisce
l’ammonimento di non dire niente a nessuno, se non ai sacerdoti che dovevano
accertare l’avvenuta guarigione, con cui Gesù congeda l’ormai ex lebbroso. La
divulgazione di certi fatti, mirando più al sensazionale che non alla fede nella
persona di Gesù alla quale l’evangelista ci sta guidando, rischia di risolversi
in un boomerang contro Gesù, confuso come un qualsiasi guaritore e non creduto
come il Figlio di Dio fatto uomo per la salvezza del mondo. Coloro che avevano
gli strumenti per capire che cosa stava realmente succedendo attraverso i segni
compiuti da Gesù, erano proprio i sacerdoti. Oggi questa testimonianza è per
noi, perché crediamo che Gesù è il Figlio di Dio e accogliamo il regno di Dio,
presente in mezzo a noi.
Buona Domenica!
don Marco Belladelli
Nessun commento:
Posta un commento