Andrey Mironov, La parabola dei due figli. |
Pentitosi, andò. I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio.
In
quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve
ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi
va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si
pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì,
signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?».
Risposero: «Il primo».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi
passano avanti nel regno di Dio.
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Gesù è arrivato a Gerusalemme e predica nel tempio, dove lo scontro con il giudaismo si fa più aspro fino a determinare la decisione di uccidere Gesù con la complicità di Giuda (cfr. Mt 26,3-4). La parabola dei due figli, che oggi la liturgia ci propone, è uno dei tanti passaggi di questa polemica, il cui fine è di chiarire le ragioni del conflitto. Gesù si rivolge direttamente ai “capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo” che lo ascoltano con fastidio, sospetto e irritazione. Il racconto in sé, è molto semplice. Ovvia è pure la risposta degli interlocutori al quesito finale: “Chi dei due ha compiuto la volontà del padre? Risposero: «Il primo»”.
Del tutto imprevedibile è invece l’applicazione provocatoria che ne fa Gesù, che accusa apertamente i capi del popolo di essersi comportati come il secondo figlio, e cioè chiusi nella loro formale correttezza religiosa, non si sono convertiti, non hanno creduto al Vangelo, né accolto la novità del regno dei cieli. A mo’ di sfida, Gesù replica alla loro risposta mettendoli a confronto con i pubblicani e le prostitute, che “vi passano avanti nel regno di Dio”, gruppi sociali quanto mai detestati dai suoi interlocutori. Agli occhi di chi si riteneva presuntuosamente inappuntabile nella scrupolosa osservanza della Legge, questo accostamento deve essere parso un affronto intollerabile. I pubblicani e le prostitute invece hanno fatto come il primo figlio, quando hanno creduto al Battista pentendosi dei loro peccati e disponendosi così ad accogliere l’annuncio del regno di Dio.
Fin dal ‘Discorso della montagna’ (cfr. Mt 5-7),
quando Gesù, a cominciare dalle ‘Beatitudine’
e continuando con le cinque antitesi: “Avete inteso
che fu detto agli antichi: ... Ma io vi
dico”
(5,21-22; 5,27-28; 5,33-34; 5,38-39; 5,43-44), annuncia con semplicità e
chiarezza la straordinaria novità del ‘Regno
dei cieli’, anche le folle di Palestina avevano già capito molto bene di
trovarsi davanti ad un insegnamento del tutto diverso da quello degli scribi (cfr.
Mt 7,29), e che per accoglierlo era necessario un radicale cambiamento e una
profonda conversione del cuore, per disporsi a vivere realmente secondo la
volontà di Dio, mettendo fine a tutti quei formalismi, utili soltanto a svuotare la religione del suo
senso e della sua sostanza: “Non chiunque mi dice: "Signore, Signore",
entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei
cieli”
(Mt 7,21). I “capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo”, sentendosi direttamente
chiamati in causa da Gesù, invece di accettare
il disegno di Dio che in lui si è manifestato, si sono sempre più
irrigiditi sulle loro posizioni fino a decidersi per la sua soppressione, come
avverrà dopo queste ultime polemiche a Gerusalemme.
Il messaggio della nostra
parabola evidenzia che la vera ubbidienza a Dio non consiste nel mero annuire,
rispondendo positivamente a ciò che ci si attende da noi, ma nel fare ciò che
ci è richiesto. Non si può eludere la volontà divina col pretesto della fedeltà
ad una serie di norme, per sottrarsi hic
et nunc, qui ed ora, ad una risposta personale al Dio vivo e vero, che per
amore nostro, come abbiamo ascoltato nella 2° lettura: “svuotò se stesso assumendo
una condizione di servo, diventando simile agli uomini … facendosi obbediente
fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò, … perché ogni
lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.” (Fil 2,7-11).
Dalle parole con cui Gesù
conclude la sua riflessione sulla parabola: “Voi, al
contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da
credergli”,
si capisce che la vera causa della non obbedienza dei “capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo” è la loro incredulità. Il
credere in Gesù è il presupposto fondamentale per la vera obbedienza che si
rivela nel fare ciò che ci è richiesto: “Figlio, oggi
va’ a lavorare nella vigna”.
Oggi siamo noi, Chiesa del terzo millennio, a doverci confrontare con
questo duro monito di Gesù. Siamo noi concretamente a correre il rischio di
cadere nello stesso errore dei Giudei di duemila anni fa. Proviamo allora a
chiederci: chi sono i pubblicani e le prostitute di oggi che ci passano avanti,
perché pronti ad accogliere il regno dei cieli e a fare propria la sua logica?
Chi sono quelli che oggi si convertono alla predicazione del Battista di turno?
Chi sono invece quelli che formalmente dicono di credere a Gesù, mentre la loro
vita è una palese contro testimonianza, dove il rapporto con il Signore Gesù è
svuotato di ogni senso?
Per farmi capire meglio faccio un esempio. Da quasi quarant’anni Medjugorie
è luogo di conversione di molte persone che per alcuni versi potremmo
considerare i pubblicani e le prostitute dei nostri giorni. Forse qualcuno lo
conosciamo anche noi, o comunque ne abbiamo sentito parlare. Eppure in tutto
questo tempo tanti cristiani, tra cui anche molti preti e Vescovi hanno continuato
a denigrare quella realtà (la Madonna chiacchierona!) e a scoraggiare chi
desiderava fare questa esperienza. Ho sentito addirittura un Vescovo dire: “Quelli che vanno a
Medjugorie sono tutti matti!”. Si riferiva al fatto che molti di coloro che
tornano convertiti, devono poi fare i conti con la loro vita precedente, devono
cioè ovviamente intraprendere un cammino di purificazione. Invece di
ringraziare il Signore per la sua misericordia e di mettersi a disposizione di
queste persone per orientarli e far loro da guida, meglio liquidare la
questione lavandosi le mani con un: “Sono tutti matti!”. Da quando poi sono stati
ufficialmente autorizzati i pellegrinaggi, molti di questi denigratori vi si
recano a far passerella …
La condanna di Gesù per i capi del popolo d’Israele è quindi ancora pienamente attuale per chiunque oggi dentro e fuori la Chiesa rinneghi volontariamente l’opera che Dio sta compiendo e si rifiuti di credere e di pentirsi per non mettersi al suo servizio: “Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli”. Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
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