Michelangelo, Giudizio universale (particolare), Cappella Sistina, Città del Vaticano. |
XXXIII Domenica del Tempo Ordinario, “B”
Il Figlio dell'uomo radunerà i suoi eletti dai quattro venti.
Dal Vangelo secondo Marco (13, 24-32)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei
giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la
sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno
sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.
Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa
tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi:
quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre». Parola del Signore.
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Nel brano di oggi, tratto dal discorso escatologico al capitolo 13 di Marco, vengono evocati i temi della fine del mondo, del ritorno del Signore Gesù e del giudizio finale con cui si conclude la lettura continuata del secondo vangelo. Abbiamo cominciato con la testimonianza del Battista, che annunciava la venuta di “uno che è più forte” di lui, e terminiamo con l’immagine sfolgorante del Figlio dell’uomo che verrà “sulle nubi con grande potenza e gloria” per radunare i suoi eletti da un capo all’altro dell’universo. In mezzo ci sta il “vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio” (Mc 1,1), le cui “parole non passeranno”, che annuncia ad ogni uomo il suo destino di unico essere vivente creato per l’eternità, come ci ricordava l’allora cardinal Ratzinger nell’omelia di apertura del conclave del 2005: “L’unica cosa, che rimane in eterno, è l’anima umana, l’uomo creato da Dio per l’eternità.”.
Il racconto evangelico di san Marco si presenta come una lotta continua per affermare la grazia della salvezza, dove le forze ostili non sono mai definitivamente domate, anzi a volte sembrano addirittura prevalere, come per i racconti di Pasqua che si risolvono con il timore delle donne e dei discepoli e non nella gioia della risurrezione. Ma contrariamente alle apparenze il seme gettato dal Figlio dell’uomo nella terra “dorma o vegli, di notte o di giorno, germoglia e cresce.” (cfr 4,27) secondo logiche a noi del tutto sconosciute.
Tornando al nostro brano, siamo a Gerusalemme dove Gesù ha messo a tacere tutti i suoi oppositori, i quali di conseguenza hanno deciso di ucciderlo. Consapevole di ciò che lo attende, Gesù, sollecitato da alcune domande dei suoi discepoli, prima di affrontare la passione parla delle cose che dovranno accadere in futuro. Ecco allora le immagini apocalittiche dello sconvolgimento cosmico prese in prestito dal linguaggio apocalittico dell’antico testamento relativamente ai temi che abbiamo elencato sopra.
Prima di questi eventi c’è la “tribolazione”, la ‘thlipsis’, e cioè la sofferenza apostolica per tutti coloro che vivono con serietà e impegno il messaggio evangelico. Una sofferenza che non è la conseguenza di quelli che possono essere i nostri errori, ma che comporta un qualcosa di assurdo, umanamente inspiegabile. Dice Gesù durante l’ultima cena: “Mi hanno odiato senza motivo”, citando i salmi (cfr. Gv 15,25 e Sal 35,19 e 69,5), per ricordarci che prima di noi, il mondo ha odiato lui, pur senza ragione per farlo, anzi tutt’altro! Ecco spiegato il senso della ‘sofferenza apostolica’, a cui si accompagna l’abominio della devastazione (cfr. 13,14), una specie di apostasia generale, causa di grandi sofferenze per tutta l’umanità, situazioni che tanto fanno pensare ai tempi che stiamo vivendo. Ricordo ancora una volta che l’ ‘apostasia’ consiste nel tenere in piedi la facciata con la sua simbologia e ritualità, svuotata però del suo fondamento soprannaturale, come la viva presenza di Gesù Cristo in mezzo a noi, la grazia efficace dei sacramenti e la verità della parola di Dio, e via dicendo.
Con la parabola del fico Gesù ci invita a riconoscere i segni dei tempi e investire con fiducia nel futuro: come la sua fioritura annuncia la prossimità dell’estate, così quando accadranno le cose annunciate, vuol dire che la storia umana è al suo capolinea ed è prossima la manifestazione del Figlio dell’uomo, che tutti riconosceranno come il salvatore del mondo. “Figlio dell'uomo” è un titolo messianico usato soprattutto nel periodo del post esilio, quando il messianismo ebraico evolverà in senso escatologico, proiettando la venuta del Messia alla fine della storia.
In sintesi, le immagini apocalittiche della fine del mondo annunciano la seconda venuta di Gesù , il giudizio dell’umanità e la partecipazione degli eletti alla vita divina ed eterna a loro riservata. In attesa di questi eventi, continuiamo a vivere nella tribolazione della storia sostenuti da Gesù, ‘Parola’ che mai passerà, guardando con speranza al quel futuro in cui si compirà definitivamente la realtà del regno di Dio.
Diversamente da quanto detto la scorsa settimana, oggi si celebra la 2° GIORNATA MONDIALE DEI POVERI, istituita da Papa Francesco alla fine del Giubileo straordinario della Misericordia (2015-2016). Nel suo messaggio di quest’anno il Papa dice: “La condizione di povertà non si esaurisce in una parola, ma diventa un grido che attraversa i cieli e raggiunge Dio. Che cosa esprime il grido del povero se non la sua sofferenza e solitudine, la sua delusione e speranza? [...] Possiamo chiederci: come mai questo grido, che sale fino al cospetto di Dio, non riesce ad arrivare alle nostre orecchie e ci lascia indifferenti e impassibili? In una Giornata come questa, siamo chiamati a un serio esame di coscienza per capire se siamo davvero capaci di ascoltare i poveri.”. Il vangelo di oggi ci orienta a rispondere al nostro esame di coscienza che il problema oggi come ieri è quello di abbandonarci totalmente a Dio, come ha fatto il Signore Gesù. Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
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