Crisi della Chiesa
e “l’Opzione Benedetto”.
Di fronte ai segni sempre più evidenti
dell’arretramento della Chiesa in occidente, quali la chiusura di chiese e
l’accorpamento delle parrocchie per la
mancanza di sacerdoti, a cui si aggiunge il calo lento ma inesorabile dei
praticanti e la diffusa e crescente indifferenza religiosa delle giovani
generazioni, di recente negli Stati Uniti è stato pubblicato un libro dal
titolo “The Benedict Option” (L’Opzione Benedetto), scritto da un giornalista
protestante, Ray Oliver Dreher, che ha suscitato un grande dibattito anche qui
in Europa, nel quale è addirittura intervenuta la voce autorevole de ‘La Civiltà Cattolica’, la famosa
rivista
dei Gesuiti italiani da sempre ritenuta espressione delle posizioni ufficiali
dello stesso Vaticano, con un articolo pubblicato nel primo numero di Febbraio
2018. Davanti alla sfida di una secolarizzazione sempre più arrembante, che
sembra non lasciare scampo ad una prossima scomparsa del cristianesimo, il
Dreher suggerisce ai cristiani di riunirsi in piccole comunità locali, nelle
quali creare le condizioni per vivere secondo i dettami del Vangelo e che
rappresentino all’interno della società una forza ‘contro-culturale’ nei
confronti di un mondo apertamente in rotta di collisione con qualsiasi
manifestazione della fede cristiana. Secondo lui, come San Benedetto con il suo
ordine monastico rappresentò una reazione al crollo della civiltà romana,
costituendo piccole comunità di uomini virtuosi nelle quali si sono conservati
i valori di una cultura che avrebbe di nuovo prosperato in epoche storiche
successive, così i cristiani di oggi dovrebbero seguire quell’esempio e quel
modello per rispondere e reagire concretamente all’affermarsi apparentemente
irrefrenabile del neo-paganesimo dei nostri giorni. Pur riconoscendo al Dreher
il merito e il coraggio di porre all’attenzione dell’opinione pubblica il
problema dell’irrilevanza della vita cristiana nei confronti di un mondo, quale
l’attuale, sempre più lontano da essa, l’autorevole rivista cattolica dei
Gesuiti critica prima di tutto l’interpretazione del monachesimo benedettino
come reazione alla caduta dell’impero romano. San Benedetto infatti, insieme
con i padri del monachesimo orientale prima di lui, ricercava il modo migliore
per offrire la propria vita a Dio in un’epoca che non era più quella dei
martiri e delle persecuzioni. L’altra critica mossa da ‘La Civiltà Cattolica’
riguarda il tono apocalittico con cui il giornalista americano descrive la
Chiesa di oggi, paragonandola a quella perseguitata da Nerone in poi nei primi
secoli dell’era cristiana. Un parallelismo che farebbe da premessa a quella che
storicamente è stata l’eresia donatista, e cioè la pretesa di costituire
comunità cristiane formate soltanto da puri e perfetti, unita all’arroganza di
chi vorrebbe farsi giudice qui sulla terra tra i buoni ed i cattivi. Un’enfasi
moralistica che alla fine andrebbe a scapito della comunione tra i credenti,
fatta di umiltà e pazienza reciproca e della comune confidenza nella
misericordia divina. Nel Settembre 2008 fu Papa Benedetto XVI a proporre il
modello della vita monastica benedettina come paradigma ancora valido per
rivitalizzare l’odierno dialogo tra la fede e la cultura moderna nel famoso
discorso tenuto a Parigi presso il collegio ‘des
Bernardins’. Un problema, quello del rapporto tra
Cristianesimo e mondo moderno, che nonostante per un verso le diffidenze e per
l’altro verso l’ignorarsi reciprocamente, rimane aperto con tutte le difficoltà
del caso, e proprio per questo meriterebbe ben altra attenzione e impegno,
soprattutto da parte di coloro che ne sono coinvolti in prima persona in
qualità di ministri e di testimoni di quegli eventi che hanno avuto come
protagonista Gesù Cristo.
Marco Belladelli.
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