Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio.
In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.
Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».
Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Parola del Signore.
Messi a tacere i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo, tocca ora
ai discepoli dei farisei e agli erodiani tendere tranelli a Gesù, i quali
scelgono il terreno insidioso della politica.
Gesù è diventato troppo scomodo e bisogna assolutamente liberarsene.
Dice il vangelo che “tennero
consiglio”, intravedendo come unica soluzione la sua condanna a morte, prerogativa
però del Governatore romano. Ecco perché spostano il confronto dall’ambito
religioso a quello politico, per trovare un capo d’accusa attraverso il quale
coinvolgere i Romani contro di lui. Gli erodiani sono una novità per Matteo. La
loro presenza è segno che tutte le componenti socio-politiche di Gerusalemme si
sono compattate in una grande coalizione contro Gesù, alla quale mancavano
soltanto i Romani. Un accordo raggiunto con lucida determinazione e
minuziosamente predisposto in tutti i particolari, originato dal comune
interesse di eliminare Gesù. Non era possibile fallire.
Gesù rimprovera i suoi nuovi interlocutori di ipocrisia. Li accusa di
tentarlo, come aveva fatto satana durante la sua permanenza nel deserto, quando
al diavolo che lo invitava a buttarsi dal pinnacolo del tempio per essere
osannato dal popolo e guadagnarsi un facile successo, aveva risposto: “Non tenterai il Signore
Dio tuo”
(Mt 4,7). La domanda che gli viene rivolta sul tributo a Cesare è il risultato
della collaborazione tra l’uomo e il demonio. L’ipocrisia è l’unione della
malizia umana con la volontà diabolica di eliminare ogni segno di Dio dal mondo
e dalla storia. Il massimo dell’ipocrisia è “tentare Dio”, cioè fingere un falso
interessamento per Lui e la sua opera di salvezza, con lo scopo invece di
negarne la presenza nel mondo, o comunque oscurarla, per fare fallire il suo
disegno salvifico a favore dell’uomo. I farisei fingono stima e ammirazione per
Gesù, per il suo insegnamento e per l’annuncio del regno di Dio, mentre in cuor
loro desiderano la sua morte. L’ipocrisia è un pericolo quanto mai attuale per
chiunque. Come ha detto Benedetto XVI: “La tolleranza, che ammette
per così dire Dio come opinione privata, ma gli rifiuta il dominio pubblico, la
realtà del mondo e della nostra vita, non è tolleranza ma ipocrisia”. Un problema che
interessa l’esperienza religiosa di questi nostri tempi. Oltre che subdola, la
domanda è carica di ipocrisia: “Dicci dunque
il tuo parere: E' lecito o no pagare il tributo a Cesare?”. Con la riposta,
diventata ormai proverbiale: “Rendete
dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”, Gesù afferma che l’uomo
prima di tutto deve riconoscere e rendere omaggio all’autorità di Dio, Creatore
del mondo e Signore della storia. Il culto a Dio non è mai in conflitto con
l’autorità umana, quando quest’ultima viene esercitata con equità e giustizia,
perché ogni potere viene da Lui. Non di rado, più o meno consapevolmente,
l’autorità umana è funzionale alla divina volontà. E’ quindi lecito pagare il
tributo a Cesare, come pure rispettare tutte le altre leggi umane, per una
convivenza pacifica, dignitosa e prospera per tutti. A meno che, come disse
Benedetto XVI, citando Sant’Agostino, al Parlamento tedesco: “Togli il diritto – e
allora che cosa distingue lo Stato da una grossa banda di briganti?”. Oggi si celebra in tutto
il mondo la 92° GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE. Papa Francesco nel suo messaggio
ci ricorda che il mondo ha bisogno del Vangelo e ci esorta a far crescere in
noi un cuore missionario. Buona
Domenica!
don
Marco Belladelli.
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