Luca Signorelli, La predicazione dell'anticristo, Duomo di Orvieto. |
XXVII
Domenica del Tempo Ordinario, “A”
Darà
in affitto la vigna ad altri contadini.
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti». Parola del Signore.
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La
parabola dei contadini segue immediatamente quella dei due figli. Anche il
contesto è lo stesso che abbiamo già descritto. Continua lo scontro tra Gesù e
i capi del popolo. Sono ancora loro i suoi interlocutori. Dopo l’accusa di non
aver creduto al Battista e di non essersi convertiti, arriva la sentenza di
condanna: “a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i
frutti”.
L’immagine
della vigna come simbolo del popolo ebraico non è nuova, come si vede nella
prima lettura (cfr Is 5,1ss) e nel salmo responsoriale (Sal 80/79). E’ facile
riconoscere nel comportamento del padrone della vigna il Dio di Abramo, Isacco
e Giacobbe che scelse il popolo d’Israele e che mandò loro i suoi profeti fino
al momento stabilito, quando invia il suo stesso Figlio.
L’originalità
di Gesù sta nel rappresentare la storia della salvezza con straordinaria forza
partecipativa, come la storia d’amore di Dio per l’umanità. Ai contadini a cui è
stata affidata la vigna però non interessa l’elezione divina, né tanto meno il
suo amore. Essi pensavano a come impadronirsi della vigna. Per questo respingono
gli inviati del padrone. L’occasione propizia per raggiungere il loro scopo si
presenta con l’arrivo del Figlio: Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo
noi la sua eredità!”.
Gesù
conclude il racconto con una domanda a cui i suoi interlocutori sono obbligati
a rispondere in modo univoco: “Quei
malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini,
che gli consegneranno i frutti a suo tempo”, conclusione che coinciderà
anche con la loro condanna.
L’applicazione
del messaggio è tutta di Gesù.
Primo
punto: chi pensava di soppiantare Dio, è stato a sua volta soppiantato: “La
pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo
è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi.”.
Secondo
punto: il rifiuto del popolo d‘Israele non vanifica il piano di salvezza di
Dio. Esso continua con altri protagonisti che a tempo debito producano frutti di
conversione (cfr Mt 3,8): “a
voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti”.
Oggi
siamo noi, come Chiesa, che dobbiamo riflettere su questi due aspetti. Le
ragioni del rifiuto del popolo d’Israele sono diventate le ragioni del rifiuto
di Dio del mondo d’oggi. Al tema del rifiuto di Dio si collega pure il problema
della sterilità della vita di molti cristiani e di intere comunità. Pensiamo
per esempio al rischio dell’apostasia, denunciato più volte come una realtà già
presente nella Chiesa di oggi: “… il
distacco di numerosi fedeli dalla prassi cristiana, una vera “apostasia
silenziosa”, … È stato poi constatato l’indebolimento della fede dei
credenti, la mancanza della partecipazione personale ed esperienziale nella
trasmissione della fede, l’insufficiente accompagnamento spirituale dei fedeli
lungo il loro iter formativo, intellettuale e professionale.” (Instrumentum Laboris
della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo 2012).
Come
il popolo eletto si è sostituito al Messia-Figlio per impossessarsi
dell’eredità, così oggi molti usano la Chiesa e la fede cristiana come un
potere a proprio vantaggio, contraddicendo totalmente il Vangelo e la realtà
del regno di Dio, cioè la sua viva e
vera presenza in mezzo a noi.
A
questo bisogna aggiungere la marginalizzazione di tutto quello che è religione,
soprattutto se cristiana, e il diffondersi di vere e proprie forme di cristianofobia.
La
Chiesa stessa oggi vive al suo interno situazioni così palesemente
contraddittorie rispetto ai doni di grazia divina di cui è portatrice, da
rappresentare una minaccia per se stessa. Penso per esempio al caso di Marcial Maciel Degollado, il fondatore dei Legionari di Cristo, allo
scandalo della pedofilia,
che in questi giorni ha avuto nell’arresto di un ex nunzio apostolico il suo
epilogo più doloroso, al caso di Monsignor 500 €, compromesso con il
riciclaggio di denaro sporco, e a tante altre situazioni scandalose che
rimangono segrete, come scheletri negli armadi. Oggi troppe persone nella
Chiesa hanno paura della Verità e fuggono da essa. Questo la Chiesa non può
permetterselo. Ne va della sua stessa esistenza. Continuare su questa strada significherebbe
la sua fine.
Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
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