venerdì 20 giugno 2014

Il Vangelo della salute del 22/06/2014


Solennità del Santissimo Corpo e Sangue
di N. S. Gesù Cristo “A”.
La mia carne è vero cibo, e il mio sangue vera bevanda.
Dal Vangelo secondo Giovanni  (6, 51-58) 
In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».

Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Parola del Signore.
 
La festa del Corpus Domini è stata istituita 750 anni fa da Papa Urbano IV dopo il miracolo di Bolsena del 1263, quando un prete boemo che non credeva nella presenza reale di Cristo nell'Eucaristia si è trovato tra le mani l’ostia consacrata sanguinante.
Colei che più di ogni altro s’impegnò per l’istituzione di questa festa fu santa Giuliana di Liegi con le sue esperienze mistiche. A sedici anni la Santa ebbe una prima visione, che poi si ripeté più volte nelle sue adorazioni eucaristiche. La visione presentava la luna nel suo pieno splendore, con una striscia scura che la attraversava diametralmente. Il Signore le fece comprendere il significato di ciò che le era apparso. La luna simboleggiava la vita della Chiesa sulla terra, la linea opaca rappresentava invece l’assenza di una festa liturgica, per l’istituzione della quale era chiesto a Giuliana di adoperarsi in modo efficace: una festa, cioè, nella quale i credenti avrebbero potuto adorare l’Eucaristia per aumentare la fede, avanzare nella pratica delle virtù e riparare le offese al Santissimo Sacramento.
Possiamo ben dire che la festa del Corpus Domini è stata voluta direttamente dal Signore Gesù, perché tutti gli uomini, e non soltanto i credenti, sperimentino sempre più la grazia della sua viva presenza accanto a ciascuno di noi, in ogni istante della vita e in ogni luogo in cui ci troviamo. Con il suo amore misericordioso e per la sua viva presenza nei segni sacramentali, il Signore Gesù trasforma i cuori e le menti più di quanto noi liberamente ci concediamo al Signore con la nostra intelligenza, la nostra volontà ed il nostro affetto.
Nel Vangelo viene riportata l’ultima parte del discorso del Pane di vita, tenuto da Gesù, secondo Giovanni, nella sinagoga di Cafarnao dopo la moltiplicazione dei pani. I Giudei sono venuti a cercare Gesù perché avevano mangiato i pani. Ma ora, di fronte alle sue parole restano sconcertati: mancano della fede necessaria per comprendere il vero significato del segno del Pane, non credono alla sua origine divina e non sentono il bisogno di procurarsi un nutrimento spirituale oltre a quello materiale per il corpo.
Da ultimo non accettano che Gesù possa farsi cibo per l’umanità, lo rifiutano come unico mediatore tra Dio e gli uomini, scandalizzati dalla modalità scelta per realizzare questa mediazione: la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda”.
Nonostante l’asprezza del contrasto, che annuncia e anticipa la decisone del Sinedrio di metterlo a morte (cfr Gv 11,50), Gesù conclude il suo discorso offrendosi a noi come il Pane di vita: “Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno”. 
Nei gesti dell’ultima cena Gesù anticipa gli eventi del Calvario, accettandoli liberamente come atto di piena e totale donazione di se stesso al Padre per riscattare l’umanità dal peccato e dalla morte. Nel comando “Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19; 1Cor 11,25), ci chiede di ri-presentare sacramentalmente il suo dono e di corrisponderlo.
Mediante la consacrazione del pane e del vino in cui si rende realmente presente il suo Corpo e Sangue, Cristo trasforma ciascuno di noi, assimilandoci a sé e coinvolgendoci con la forza del suo amore nella sua opera di redenzione. In questo modo, oltre ad attirarci dentro di sé, Gesù pone dentro la creazione il principio di un cambiamento radicale destinato a suscitare un processo di trasformazione della realtà, il cui termine ultimo sarà la trasfigurazione del mondo intero, fino al giorno in cui Dio sarà tutto in tutti (cfr 1 Cor 15,28).
Il Signore vuole che la sua Chiesa, nata dal suo sacrificio, accolga questo dono per mezzo dello Spirito Santo nella forma liturgica del Sacramento. La Chiesa vive dell'Eucaristia. Essa ha fatto di questo sacramento il centro della propria esistenza, la fonte inesauribile da cui attingere la forza necessaria per il suo cammino nella storia e il fondamento di una speranza che non delude (cfr Rm 5,5) per la trasformazione del mondo secondo la logica del regno di Dio.
Da settecentocinquanta anni la Chiesa con San Tommaso d’Aquino canta:
Adóro te devóte, latens Déitas, quae sub his figúris vere látitas:
tibi se cor meum totum súbicit, quia te contémplans totum deficit;
E noi qui oggi, raccolti per celebrare ed adorare il Santissimo Sacramento, ancora gli facciamo eco : Ti adoro con profonda devozione, o Dio nascosto, realmente presente in questi segni: il mio cuore si affida totalmente a te, perché quando ti contemplo, tutto viene meno. Amen.

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