venerdì 6 giugno 2014

ANNIVERSARI

70° anniversario dello sbarco
delle truppe alleate in Normandia
Mentre i grandi del mondo celebrano il 70° anniversario dello sbarco delle truppe alleate in Normandia, in un contesto politico nel quale sta riemergendo l'antica contrapposizione tra USA e Russia, credo sia utile rileggere a dieci anni di distanza l'omelia pronunciata dall'allora cardinal Ratzinger nel cimitero tedesco di La Cambe, per ritrovare le ragioni più profonde della pacifica convivenza tra i popoli.
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 Questa è l’ora in cui ci mettiamo in ginocchio pieni di rispetto davanti ai morti della seconda guerra mondiale ripensando ai moltissimi giovani della nostra patria, al loro futuro e alle loro speranze che sono andate distrutte nel sanguinoso massacro della guerra. E come tedeschi ci tocca con dolore il fatto che il loro slancio ideale e la loro lealtà nei confronti dello Stato siano stati strumentalizzati da un regime ingiusto.

Ma questo non macchia l’onore di questi giovani, nella cui coscienza soltanto Dio ha potuto guardare. Ognuno di loro sta davanti a Dio come singolo, con il cammino della sua vita e con la sua morte; ognuno sta davanti a quel Dio nella cui bontà misericordiosa noi sappiamo che sono custoditi tutti i nostri morti. Essi hanno cercato di fare soltanto il loro dovere, e spesso non senza tremende lotte interiori, pieni di dubbi e interrogativi. Ma loro ci guardano e ci interpellano: «E voi? Voi che farete, perché i giovani non siano più costretti alla guerra? Voi che farete perché il mondo non sia di nuovo devastato dall’odio, dalla violenza, dalla menzogna?».

Ma se questo è il momento del dolore e dell’esame di coscienza, è anche il momento di una profonda gratitudine, perché su queste tombe è nata la riconciliazione. I nemici di un tempo ora sono diventati amici e si stringono le mani lungo il cammino comune.

Il sacrificio dei nostri morti non è stato inutile, anche se lo considerassimo soltanto dal punto di vista della storia. Dopo la prima guerra mondiale restavano l’astio e l’inimicizia tra le nazioni che si erano combattute, specialmente tra francesi e tedeschi. Quest’odio avvelenava gli animi.

Il trattato di Versailles aveva consapevolmente voluto umiliare la Germania e caricarla di pesi enormi che spingevano la gente a posizioni estreme, aprendo in tal modo le porte alle ideologie estremiste e alla dittatura. Quelle promesse menzognere di riportare la Germania alla libertà, alla sua dignità, al suo onore e alla sua grandezza si facevano strada e ottenevano ascolto. Ma il principio «occhio per occhio, dente per dente» non può portare alla pace, lo abbiamo visto.

Grazie a Dio non si è ripetuto niente di simile dopo la seconda guerra mondiale. Con il piano Marshall gli americani hanno fornito enormi aiuti a noi tedeschi, ci hanno permesso di ricostruire il nostro Paese rendendo possibile la libertà e il benessere. Nel nuovo assetto mondiale dopo il crollo del colonialismo e nel periodo di duro forte confronto tra l’Est e l’Ovest, è presto maturata la consapevolezza che solo l’Europa unita può avere voce nella storia e nel suo futuro. Si è compreso che le diverse ideologie nazionaliste che hanno lacerato il nostro continente devono scomparire per lasciare spazio a una nuova solidarietà.

È avvenuto così dopo i conflitti tra la Francia e la Germania che per secoli hanno lasciato un’impronta di sangue. Grazie a Dio si è arrivati a una sempre più stretta amicizia tra francesi e tedeschi e così a partire dalla seconda metà del Novecento sin dai primi anni Cinquanta, l’Europa si è sviluppata in un primo nucleo unitario, allargandosi poi in cerchi sempre più vasti. E oggi stiamo davanti a queste tombe che ci ricordano la fatale discordia di un tempo, ma ora siamo qui come amici e come persone riconciliate.

Guardando ora in retrospettiva al processo di riconciliazione reciproca e di solidarietà che è maturato gradualmente, esso ci appare come uno sviluppo logico che è stato richiesto e reso possibile formalmente dai nuovi assetti del mondo. Ma non ci può sfuggire che di per sé questa logica non è stata intesa in modo unitario e non si è attuata da sola. La storia ci mostra che troppo spesso si agisce contro ogni logica e contro la ragione.

Il fatto che la politica della riconciliazione abbia trionfato è merito di tutta una generazione di uomini politici: ricordiamo i nomi di Adenauer, Schumann, De Gasperi, de Gaulle. Erano persone obiettive e intelligenti, con un sano realismo politico: ma tale realismo era radicato nel solido terreno dell’ethos cristiano che essi riconoscevano come ethos di ragione, ethos di una ragione affinata e chiarificata. Sapevano bene che la politica non può essere mero pragmatismo, ma deve essere una faccenda morale: obiettivo della politica è la giustizia, e insieme alla giustizia, la pace.

L’ordine politico e il potere stesso devono trarre origine dai criteri fondamentali del diritto. Ma se l’essenza della politica è la moralizzazione del potere e l’ordine che trae origine dai principi del diritto, allora nel loro fulcro troviamo una categoria etica fondamentale. Ma i criteri fondamentali della giustizia da dove provengono? Dove possiamo trovarli?

Per questi uomini era ben chiaro che i Dieci Comandamenti sono il punto di riferimento fondamentale per la giustizia, un riferimento valido per tutte le epoche; ed essi avevano riletto, approfondito e reinterpretato questo riferimento alla luce del messaggio cristiano.

È incontestabile il ruolo storico della fede cristiana nell’aver dato vita all’Europa. È grande merito del cristianesimo non soltanto la nascita dell’Europa dopo il tramonto del mondo greco-romano e il periodo delle invasioni barbariche. Anche dopo la seconda guerra mondiale la rinascita dell’Europa ha come radice il cristianesimo e dunque la responsabilità davanti a Dio: siamo ben consapevoli che questo è il più profondo fondamento dello Stato di diritto, come è stato scritto chiaramente nella nostra Costituzione tedesca, nata dopo il crollo del nazismo.

Chi oggi vuole costruire l’Europa come roccaforte del diritto e della giustizia che sia valida per tutti gli uomini di tutte le culture, non può richiamarsi a una ragione astratta che non conosce nulla di Dio, non appartiene a nessuna cultura precisa, ma pretende di misurare tutte le culture secondo il proprio metro di giudizio. Ma di quale metro di giudizio si tratta? Una ragione di questo tipo quale libertà può garantire, cosa può rifiutare?

Ancora oggi la responsabilità davanti a Dio e il radicamento nei grandi valori e verità della fede cristiana, valori che vanno al di là delle singole confessioni cristiane perché comuni a tutte, sono le forze irrinunciabili per edificare un’Europa unita che sia molto più di un unico blocco economico: una comunità del diritto, una roccaforte del diritto, non per se stessa ma per tutta l’umanità.

I morti di La Cambe ci interpellano: essi sono nella pace di Dio, ma continuano a chiederci: «Voi cosa fate per la pace?». Ci mettono in guardia nei confronti di uno Stato che possa perdere i fondamenti del diritto e recidere le sue radici.

Il ricordo del dolore e dei mali della seconda guerra mondiale insieme al ricordo della grande storia di riconciliazione, che grazie a Dio si è verificata in Europa, ci mostrano dove si trovano quelle forze che possono sanare l’Europa e il mondo. Solo se facciamo entrare Dio nel mondo, la terra può rischiararsi e il mondo può essere umano.

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