mercoledì 13 febbraio 2013

NUOVA EVANGELIZZAZIONE/24

Cattedrale di Ruteng, isola di Flores, Indonesia, Domenica 11/11/2012
LA CHIESA in INDONESIA
Ero molto curioso di conoscere la realtà della Chiesa in Indonesia. Ho sempre sentito parlare di quel Paese come il più mussulmano del mondo. Invece mi sono trovato davanti una Chiesa di oltre 30 milioni di persone, guidata da 35 Vescovi, coadiuvati da quasi tremila sacerdoti, nella stragrande maggioranza indigeni.
Il primo approccio con la Comunità cristiana del sud est asiatico è stato però a Singapore. Una vera e propria sorpresa. In una città post moderna, tutta grattacieli e metropolitane, uno dei centri commerciali più importanti del mondo, mi sarei aspettato segni di secolarizzazione molto più pesanti di quelli che tocchiamo con mano in Europa. Invece, arrivato alla chiesa della parrocchia della Novena, uno dei quartieri della città, ancor prima dell’inizio della S. Messa vi erano già molte persone raccolte in preghiera in religioso silenzio. I nuovi venuti, che man mano si aggiungevano, avevano grande attenzione a non disturbare il raccoglimento di chi li aveva preceduti. Non è sempre così nelle nostre chiese parrocchiali dove spesso, se si è più di uno, già senti bisbigliare, se non addirittura parlare ad alta voce, come se si fosse in piazza. Guardandomi attorno mi sono poi accorto che, pur essendo un giorno feriale qualsiasi e non la vigilia di una festa importante, ai confessionali erano in fila donne e uomini di tutte le età che aspettavano il loro turno per il sacramento della Penitenza. Da noi in Italia è ormai cosa rara vedere file di gente accanto ai confessionali. Qualche minuto prima della celebrazione della S. Messa, la Chiesa si era completamente riempita. Molti occupavano anche i banchi esterni al perimetro della chiesa. Le pareti laterali hanno infatti ampie aperture per permettere a tutti di seguire la celebrazione. Del resto a queste latitudini non c’è il problema del freddo e del riscaldamento, perché le temperature non scendono mai sotto i 25/26 gradi.
Arrivati finalmente  a Pontianak nel Borneo, all’aeroporto ci accoglie molto fraternamente  il Vicario Generale dell’Arcidiocesi, mons. Chang, al quale durante il viaggio di trasferimento in città chiedo informazioni di prima mano sulla situazione della Chiesa. Mi dice che su una popolazione di oltre 2 milioni di abitanti, i cattolici sono oltre il 10%. Una comunità molto viva e attiva, anche a livello sociale e politico, tanto che ultimamente sono riusciti a far eleggere uno di loro Presidente della regione. Arrivati in episcopio per salutare l’Arcivescovo, S. E. Mons. Bumbun, che ci accoglie con tanta cordialità e altrettanta semplicità, ci vengono mostrati i lavori per l’erigenda nuova cattedrale, di cui tutti vanno orgogliosi.
In tutte le celebrazioni a cui abbiamo partecipato erano presenti migliaia di persone, accorse da tutta la regione del Kalimantan occidentale. Nonostante l’affluenza tanto straordinaria, tutte le celebrazioni si sono svolte con grande ordine. Le assemblee erano servite dai vari ministri previsti dalla liturgia, a cominciare dai chierichetti ai lettori, dai ministri straordinari dell’Eucaristia ai cantori. Oltre ad avere un posto riservato, tutti portavano un segno distintivo che li qualificava per il servizio loro proprio.
Accanto alla devota partecipazione liturgica, ho trovato un altrettanto grande impegno di carità verso i poveri e i bisognosi. Un fervore apostolico che nasce soltanto dalla viva comunione con il Signore Gesù, presente nei sacramenti della Chiesa. Nei giorni di permanenza a Pontianak abbiamo visitato un istituto di assistenza di minori handicappati, dove nonostante la modestia delle risorse economiche, abbiamo trovato tutti i bambini, anche i più gravi, molto ben curati e assistiti da ogni punto di vista. L’Arcidiocesi di Pontianak è proprietaria anche di un ospedale di circa trecento posti letto, fondato da una Congregazione olandese. Oggi è uno dei più moderni ed efficienti centri sanitari della città, attraverso il quale la Comunità cristiana locale può testimoniare la carità del Buon Samaritano per chi soffre e rinnovare ogni giorno l’annuncio del Vangelo a tutti gli uomini di buona volontà.
A pochi chilometri da Singkawuang, prima missione dei Frati Cappuccini olandesi nel Borneo nei primi anni del ‘900, oggi seconda città della Diocesi per importanza e distante circa 120 km da Pontianak, abbiamo visitato un lebbrosario dove a tutt’oggi sono ricoverati poco meno di una quarantina di persone tra i trenta e i settant’anni, provenienti da tutto il Borneo. Un’altra opera di misericordia sostenuta soltanto dalla generosa carità della gente del posto. Sono soprattutto gli imprenditori cristiani che nel silenzio evangelico di chi non vuol far sapere alla sinistra quello che fa la destra, si preoccupano di non far mancare il necessario ai malti e a chi li assiste.
L’altra tappa importante della missione in Indonesia è stata la Diocesi di Ruteng, nell’isola di Flores, nota ai più per le fantasiose descrizioni di Salgari, che ha scelto quei luoghi esotici per ambientare molti dei suoi racconti. Flores è l’unica isola dell’Indonesia a maggioranza cristiana. I cattolici sono più del 90%.
Qualche giorno prima a Jakarta abbiamo incontrato il Vescovo di Ruteng, impegnato nei lavori della Conferenza Episcopale, che ci ha ringraziato per la nostra presenza nella sua Diocesi. Oltre a S. Ecc. Monsignor Hubertus, a Jakarta abbiamo incontrato altri tre Vescovi, uno proveniente dal Borneo, uno dall’isola di Sumatra e uno dalla Papua, accompagnati dal Vicario Generale della Diocesi di Jakarta e dal Segretario Generale della Conferenza Episcopale indonesiana. Tutti gli illustri presuli erano molto interessati di conoscere fra Elia di persona, la sua storia, il suo carisma e la sua missione nella Chiesa. Alcuni dei Vescovi presenti hanno approfittato dell’opportunità di questo incontro personale per un colloquio riservato con fra Elia, altri per invitarlo a visitare in un prossimo futuro la loro Diocesi. Altri ancora si sono impegnati a mandare alle competenti Autorità ecclesiastiche romane una relazione sui frutti positivi realizzatisi nelle Comunità cristiane visitate da fra Elia durante questa sua missione in Indonesia. 
Tornando a Ruteng, questa città è chiamata il Vaticano dell’Indonesia per l’abbondanza di vocazioni e per il rilevante numero di congregazioni religiose presenti in Diocesi. Nonostante la folla straripante che ha riempito al mattino la nuova cattedrale e nel pomeriggio la vecchia cattedrale, in entrambi i casi le celebrazioni si sono svolte con la massima cura e nella più viva partecipazione di tutti i presenti, a cominciare dai sacerdoti che erano visibilmente emozionati per il momento che stavano vivendo.
Un’altra realtà sorprendente dell’Indonesia è stato l’incontro con due comunità di vita contemplativa. Prima a Singkawuang  e poi a Ruteng abbiamo visitato due conventi femminili di clausura, tanto numerose da essere pronte a sciamare per rivitalizzare comunità in via di estinzione qui in Europa. Un vero miracolo dello Spirito Santo, che ci ricorda come tutti doni più importanti del Signore vengano dalla preghiera (cfr Lc 11,9). 
Oltre ad avermi profondamente edificato, l’incontro con la Chiesa in Indonesia mi ha fatto ricordare le parole di Gesù che ai discepoli in partenza per la missione ordinò “di non prendere per il viaggio nient'altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.” (Mc 6,8-9). Nel confronto, mi pare che noi oggi qui in occidente siamo troppo appesantiti da retaggi storici e culturali, e inibiti da tanti legami e ostacoli che finiscono per annacquare la testimonianza e rendere meno credibile l’annuncio del Vangelo. Mi viene spontaneo concludere con il ringraziamento di Gesù: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.”(Mt 11,25ss).

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