venerdì 29 luglio 2016

Il Vangelo della salute del 31/07/2016

Rembrandt, “Il cambiavalute”, 1627, Staaliche Museen Preussischer, Kulturbesitz, Gemäldegalerie, Berlin
XVIII Domenica del Tempo Ordinario, “C”.
Quello che hai preparato, di chi sarà?
Dal Vangelo secondo Luca  (12,13-21).
In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».

Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».
Parola del Signore.
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Luca ci presenta un episodio seguito da una parabola che non ha paralleli negli altri vangeli. Un tale tra la folla chiede l’intervento di Gesù per avere giustizia dal fratello che si è appropriato della sua parte di eredità. Gesù non solo rinuncia a farsi mediatore per non ingenerare equivoci sul valore e sul senso della sua missione, ma approfitta dell’occasione per mettere in guardia tutti, indistintamente, dal pericolo della avidità per le ricchezze, grande ostacolo sulla via del regno di Dio, perché la vita dell’uomo “non dipende dai suoi beni”. Il nostro brano è preceduto da una lunga invettiva contro i farisei, accusati di ipocrisia, e si conclude con un invito rivolto “a voi miei amici” a non temere le persecuzioni che dovranno subire coloro che hanno riconosciuto il Figlio di Dio sulla terra, perché lo Spirito Santo verrà loro in aiuto.
L’evangelista tralascia completamente l’episodio iniziale, usato semplicemente come un pretesto, e si concentra totalmente sulla parabola da cui deriva l’insegnamento di Gesù. Il racconto ci partecipa i ragionamenti di un uomo ricco che, dopo un raccolto straordinariamente abbandonate, si interroga su come conservare tutto quel bene di Dio. La soluzione è presto trovata, costruire nuovi e più capienti magazzini. Ma ciò che fa problema nel suo comportamento non è tanto la conservazione del raccolto, quanto il considerarsi umanamente appagato e al riparo da futuri possibili rischi e pericoli, tanto da concludere con un pensiero di auto compiacimento: “Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e divertiti”. La stoltezza del suo argomentare consiste nel non aver però tenuto conto che nessun uomo è padrone della propria vita, ma soltanto Dio, assolutamente escluso dall’orizzonte dei pensieri umani, quando la cupidigia si impossessa del suo animo: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà?”. Alla fine Gesù ci ricorda che questa è la sorte “di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce presso Dio”.
In tutto il suo vangelo Luca dà molto rilievo al tema della ricchezza come uno dei principali ostacoli all’accoglienza del regno di Dio e parallelamente pure ai poveri, intesi anche in senso sociologico, come coloro che sono nella condizione migliore per accogliere l’annuncio salvifico del Vangelo. Al suo esordio nella sinagoga di Nazaret (cfr 4,16ss), Gesù fa proprio il testo del profeta Isaia nel quale si parla esplicitamente della evangelizzazione dei poveri come uno dei segni messianici.  Nella redazione lucana delle Beatitudini  si parla semplicemente di “voi poveri” senza nessun particolare distinguo tra la condizione spirituale e quella materiale. Nel Magnificat, riferendosi all’opera compiuta da Dio, dice: “ha ricolmato di beni gli affamati e ha rimandato i ricchi a mani vuote”.
La parabola del ricco, con l’invito a tenersi “lontano da ogni cupidigia” e il monito finale di “arricchire davanti a Dio”, completano quindi il quadro che vede nella ricchezza il più grande ostacolo che impedisce ai discepoli del regno il pieno e totale abbandono in Dio.
La parabola del ricco stolto è volutamente ironica nel contrapporre chi accumula tesori per sé su questa terra e alla fine non sa a chi andranno a finire, a chi invece si preoccupa di  arricchire davanti a Dio, dove può stare certo che niente andrà perduto. Il discepolo del regno è colui che non incorre nella stoltezza del ricco che pienamente soddisfatto dai suoi beni materiali, non tiene conto di Dio e in quella stessa notte perde la sua vita. Il discepolo del regno è colui che libero dai condizionamenti della cupidigia, come Gesù ha in Dio la sua unica e grande ricchezza.
Buona Domenica!
don Marco Belladelli.

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