giovedì 22 novembre 2012

Il Vangelo della salute del 25/11/2012


XXXIV Domenica del tempo ordinario “B”,
solennità di N. S. Gesù Cristo, Re dell’universo.
Tu lo dici: io sono re.
Dal Vangelo secondo Giovanni (18, 33b-37)
In quel tempo, disse Pilato a Gesù: «Tu sei il re dei Giudei?».
Gesù rispose: «Dici questo da te oppure altri te l'hanno detto sul mio conto?». Pilato rispose: «Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma
il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?».
Rispose Gesù: «Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Parola del Signore 

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La 34° Domenica del tempo ordinario, ultima dell’anno liturgico, è dedicata alla solennità di Cristo Re dell’universo. Istituita nell’Anno Santo del 1925, nel pieno di uno straordinario fervore apostolico e missionario della Chiesa in tutto il mondo, la si celebrava all’ultima Domenica di Ottobre. La riforma liturgica del Concilio Vaticano II l’ha collocata al termine dell’anno liturgico per evidenziarne meglio i significati teologico e pastorale. Nel Nuovo Testamento il Signore Gesù viene indicato con molti titoli, come per esempio Maestro, Buon Pastore, Figlio dell’uomo, Luce del mondo, Via , Verità e Vita e cosi via. Quelli che meglio esprimono le dimensioni della sua missione salvifica sono: profeta, sacerdote e re. Il primo fa riferimento al suo essere Verbo di Dio incarnato e nello stesso tempo annunciatore autorevole della Parola di Dio. Il secondo al suo essere mediatore tra Dio e gli uomini, per mezzo del sacrifico della croce. Tutte le preghiere della Chiesa infatti terminano sempre con “… per Cristo nostro Signore”. Il terzo titolo, quello di Re, oggi al centro della nostra celebrazione, fa riferimento al potere divino di cui è investito ed al modo efficace con cui lo ha esercitato e lo continua a esercitare per la realizzazione della salvezza per tutti gli uomini, secondo la volontà del Padre. Nell’esperienza d’Israele il re per eccellenza è Davide. Scelto da Dio, in sostituzione di Saul, figura del futuro Messia e suo capostipite, governa in nome di Dio e lo rappresenta in mezzo al popolo. Gesù è venuto nel mondo non per conquistarsi un regno umano, ma per inaugurare il Regno di Dio, cioè un nuovo ordine delle cose, regolate non secondo la logica del potere e della sottomissione degli umili, ma della giustizia, dell’amore e della pace. Nella festa di Cristo Re dell’universo, la Chiesa celebra la potestà del Signore Gesù sui singoli e sulla storia umana nel suo complesso. Per mezzo di essa l’uomo viene liberato da tutte le schiavitù che lo opprimono e con la sua vita e le sue azioni partecipa alla edificazione del Regno di Dio, che si risolverà nella salvezza universale. Tutte le volte che si compie un gesto nel nome di Cristo, anche il più semplice, vuoi per rispetto, oppure per imitazione, o per una più convinta e consapevole adesione alla sua persona e al suo Vangelo, si contribuisce all’edificazione del Regno di Dio, rendendo più vicina la rivelazione del Signore Gesù a tutti gli uomini. Di fronte allo scandalo rappresentato dalla croce di Gesù, alla marginalità culturale e sociale del Vangelo e alle difficoltà che ha incontrato e ancora incontra la Chiesa, dentro e fuori di sé, nel suo cammino storico, c’è chi obietta che il Regno di Dio rimane una realtà utopistica, se non addirittura illusoria. E’ la stessa perplessità di Pilato, quando per ben due volte, sorpreso dal tipo di regalità sui generis affermata da Gesù, gli chiede: “tu sei re?”. Siamo nel contesto della passione. Dopo l’arresto e il processo notturno davanti al Sinedrio, Gesù è stato consegnato ai Romani, per la condanna a morte. Da alcuni episodi evangelici (cfr Lc 13,1ss), possiamo supporre che Pilato fosse ben informato sul fenomeno “Gesù”, e visti i suoi metodi repressivi, dobbiamo pure dedurre che lo avesse giudicato innocuo e per nulla eversivo. Giovanni ora ce li presenta nel pretorio, uno di fronte all’altro, in un faccia a faccia paradossale: il rappresentante del potere umano, che deve decidere della vita del Signore dell’universo. Il “Salvatore” si presenta incatenato alla mercé dello “schiavo”. Il turbamento di Pilato è ancora oggi palpabile e contagioso. L’accusa di lesa maestà non regge alla prova dei fatti. Il governatore ascolta Gesù che parla del suo regno di “verità”che non è di questo mondo, nelle parole di Gesù anche implicitamente condannato perché compromesso con la menzogna. Dice Gesù: “sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità.”. La Verità a cui si riferisce non è il risultato della ricerca filosofica o scientifica dell’uomo, ma la realtà eterna e duratura, contrapposta a tutto ciò che è passeggero e destinato a perire, è la realtà stessa di Dio, che si afferma soltanto attraverso l’umile  testimonianza di Gesù, agnello immolato per noi. Nell’omelia d’inizio pontificato, nell’Aprile 2005, Benedetto XVI disse: “Quante volte noi desidereremmo che Dio si mostrasse più forte. Che Egli colpisse duramente, sconfiggesse il male e creasse un mondo migliore. Tutte le ideologie del potere si giustificano così, giustificano la distruzione di ciò che si opporrebbe al progresso e alla liberazione dell’umanità. Noi soffriamo per la pazienza di Dio. E nondimeno abbiamo tutti bisogno della sua pazienza. Il Dio, che è divenuto agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori. Il mondo è redento dalla pazienza di Dio e distrutto dall’impazienza degli uomini.. Gesù conclude dicendo: “Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”. Allora c’era Pilato ad ascoltarlo, oggi ci siamo noi al suo posto, non per decidere della sua vita o della sua morte, ma piuttosto della nostra vita. La nostra salvezza dipende infatti dalla scelta che facciamo ogni giorno tra la menzogna e la Verità. Buona Domenica!
 DON MARCO BELLADELLI.

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