mercoledì 9 luglio 2025

Il Vangelo della salute del 13/07/2025

Domenico Fetti, Parabola del buon Samaritano, 1620 - Venezia

XV Domenica del Tempo Ordinario, “C”.

Chi è il mio prossimo?

+ Dal Vangelo secondo Luca  (10, 25-37).
In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».

Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così». 

Parola del Signore.

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Ai settantadue discepoli inviati in missione Gesù aveva detto: “vi mando come agnelli in mezzo a lupi”. L’incontro con un dottore della legge, che lo interroga per metterlo alla prova, è un esempio concreto di ciò che intendeva. La domanda che Gesù si sente rivolgere è la stessa del giovane ricco nel vangelo di Marco: “Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?” (10,17). In entrambi i casi gli interlocutori replicano a Gesù con un’ulteriore domanda per sottrarsi alla radicalità della proposta evangelica. Poi i due racconti si sviluppano in modo diverso. A questo punto Luca ci propone la famosa parabola del “Buon Samaritano”, che ascolteremo questa Domenica nella liturgia. Un esempio e un messaggio fondamentali per ogni cristiano e per ogni uomo.

Il racconto di Luca ha come presupposto l’atteggiamento dichiaratamente ostile del maestro della legge che provoca Gesù con una domanda sulla vita eterna, fine specifico di ogni religione. La risposta interlocutoria di Gesù: “Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?” rivela la malizia del maestro della legge e il biasimo per non conoscere a sufficienza la sua materia. Un peccato molto grave per un rabbi. Sarà invece proprio Gesù, venuto non per abolire ma per portare a compimento (cfr Mt 5,17), ad indurlo a considerare l’importanza decisiva del comandamento dell’amore di Dio e del prossimo, sintesi di tutta la Legge antica. Vista la mala parata, il dottore della legge cerca di recuperare con una seconda domanda: “E chi è il mio prossimo?”. E’ allora che Gesù racconta la bellissima e famosissima parabola del Buon Samaritano, uno dei testi più conosciuti e commentati di tutto il Nuovo Testamento, divenuta icona, spesso anche abusata, di tutto ciò che, più o meno, ha a che fare con solidarietà, disinteresse, altruismo, generosità, a prescindere. Penso per esempio all’enfasi con cui oggi si guarda al vasto mondo del volontariato, dove spesso dietro la facciata della solidarietà sociale si nascondono interessi di gruppo, neanche tanto ben celati, ed egoismi soggettivi in cerca di rivincite sulle frustrazioni della vita. Il messaggio di Gesù è ben altra cosa. Il comportamento del Buon Samaritano è in perfetta sintonia con il comandamento dell’amore di Dio e del prossimo, evocato poco prima dal maestro della legge, e che Gesù durante l’ultima cena ha lasciato come suo testamento alla Chiesa nella nuova formulazione: “amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amato” (Gv 13,34). La risposta della parabola infatti si può sintetizzare nel fatto che se uno ama, sa sempre chi è il suo prossimo. L’amore del Buon Samaritano evoca pure la parabola del giudizio finale al cap. 25 di Matteo, quando i giusti sono chiamati a partecipare della beatitudine eterna, perché quello che hanno fatto: “a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me” (v. 40). Il vero Buon Samaritano è Gesù stesso che muore in croce per noi, è lui il dono d’amore infinito di Dio per noi. Soltanto accogliendo lui nella nostra vita saremo capaci di aprirci a Dio per amare come lui e trasformare la tutta nostra vita in un atto di amore. Per Gesù l’amore perfetto e disinteressato del Buon Samaritano, cioè la sua capacità di compassione e di farsi prossimo, non è altro che la conseguenza dell’aver accolto l’amore di Dio “con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente ”. Proporre come esempio un Samaritano è chiaramente provocatorio, prima di tutto perché, come ci ricorda Giovanni, tra Samaritani e Giudei non correva buon sangue (cfr Gv 4,9), e poi perché Gesù è appena stato rifiutato dai Samaritani, considerati eretici, impuri e disprezzati più dei pagani, tanto da essere meritevoli del castigo del fuoco eterno (cfr Lc 9,53ss). Se il comandamento dell’amore di Dio e del prossimo è stato compreso e accolto in modo così eccelso addirittura da un samaritano, non c’è giustificazione per nessuno. Molto spesso pensiamo che per imitare il buon samaritano sia necessario un grande sforzo di volontà, al limite della violenza su se stessi, per superare il peso specifico dell’egoismo radicato nella nostra natura. Quando invece facciamo esperienza della grazia di Dio in noi, comprendiamo che tutto comincia da lì, senza più nessun limite. Nella prima lettura ascoltiamo: “Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire e lo possiamo eseguire? Non è di là dal mare, perché tu dica: Chi attraverserà per noi il mare per prendercelo e farcelo udire e lo possiamo eseguire? Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica” (Deuteronomio 30,11-14). Insomma è Dio che per primo si fa nostro prossimo in Gesù, Parola fatta carne, e poiché - come dice S. Agostino - Dio è “più intimo a me della mia interiorità”, ci trasforma dal di dentro, perché il “Va' e anche tu fa' lo stesso” valga per tutti, in modo assoluto, chiunque tu sia, a qualsiasi popolo appartenga, in qualsiasi luogo della terra ti trovi, in qualunque momento della tua vita.

Buona Domenica!

don Marco Belladelli.

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