mercoledì 2 settembre 2015

Il Vangelo della salute del 06/09/2015


XXIII Domenica del Tempo Ordinario, “B”
Fa udire i sordi e fa parlare i muti.
 Dal Vangelo secondo Marco (7, 31-37).
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».Parola del Signore.
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Attraverso uno strano e lungo giro che lo porta prima a Tiro e poi a Sidone, ritroviamo Gesù nel territorio pagano della Decapoli, al di là del Giordano, a sud-est del mare di Tiberiade, oggi Regno di Giordania.
Dopo la polemica con gli scribi e i farisei sulla purezza rituale e la vera religione, Gesù è assolutamente incurante dei problemi di contaminazione, derivanti dagli inevitabili rapporti con queste popolazioni.
La sua fama lo ha preceduto e la gente del posto gli porta un sordomuto, o forse sarebbe meglio dire un semi muto. La mancanza di udito è spesso causa di un difetto dell’eloquio. Cosa diversa da un vero e proprio mutismo, anche se poi nella sostanza si tratta sempre di un sordomuto.
Marco aggiunge: “lo pregarono di imporgli la mano”, gesto abituale per i guaritori del tempo e in certe situazioni anche per lo stesso Gesù (cfr Mc 6,5).
In questo caso però Gesù si comporta diversamente. Prima di tutto si apparta con la persona malata per non dare soddisfazione alla curiosità della folla. Poi non impone le mani, come richiesto, ma con le dita tocca le orecchie e con la propria saliva la bocca del sordomuto. Aggiunge una invocazione al Padre, alza lo sguardo al cielo, emette un sospiro o un soffio, che evoca l’azione dello Spirito, e un grido finale: “Effatà”, che invece ricorda l’ordine imperativo usato negli esorcismi (cfr Mc 9,25).
Il risultato, neanche a dirlo, è ovviamente positivo. Ed è proprio la reazione della folla, tornata in scena per divulgare l’accaduto nonostante la proibizione di Gesù: “Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!”, che ci guida alla comprensione dell’episodio.
Un entusiasmo, nel quale viene evocato il compiacimento e la soddisfazione di Dio al termine della Creazione: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona” (Gen 1,31). In Gesù si manifesta l’opera redentiva di Dio. Egli rigenera l’uomo, chiunque esso sia, ebreo o pagano, riparando ai guasti del peccato. In lui l’uomo trova risposta a tutti i suoi bisogni.
Con il suo intervento terapeutico Gesù manifesta la volontà di sacrificarsi per l’uomo e di mettere a sua disposizione la potenza creatrice del Padre e la forza vitale e rigenerante dello Spirito Santo. Nel caso specifico Gesù restituisce all’uomo  la parola e l’udito, riabilitandolo alla relazione interpersonale. Ascolto e dialogo sono gli elementi fondamentali del rapporto con Dio. La persona guarita era un pagano e non aveva mai ascoltato la Parola di Dio e dialogato con Lui.
Se, come diceva S. Ireneo di Lione: “l’uomo che vive è la gloria di Dio, secondo questo episodio lo è soprattutto l’uomo che parla e che ascolta, soprattutto quando parla e ascolta Dio. Un ascolto che prelude all’obbedienza della fede, e quindi ad un incontro e ad una relazione interpersonale con Dio. Questo è il fondamento della vera religione, non l’osservanza di norme e tradizioni.
Gesù si è appartato con questo sordomuto, lontano dalla folla, così come si era appartato qualche tempo prima con gli Apostoli. La fede nasce quando si realizza questo rapporto esclusivo con Dio, uno stare solo con Lui. In questo rapporto personalissimo lasciamoci anche noi oggi aprire le orecchie e sciogliere la lingua, che significa essere sciolti da tutti i condizionamenti, le dipendenze e le schiavitù in cui siamo costretti in questo nostro tempo dominato dalla corruzione, per la quale da una parte ciascuno persegue il proprio interesse o profitto a scapito degli altri o semplicemente a prescindere dai loro desideri o diritti; e dall’altra tende a sostituirsi agli altri nelle scelte fondamentali della vita, con la pretesa di conoscere il bene altrui meglio dei diretti interessati.
Come dicevo la scora settimana, anche questo è una conseguenza dell’assenza di Dio dal proprio orizzonte, sostituito dalla molteplice e opprimente offerta di consumo, che relega l’uomo nella tristezza individualista e nella coscienza isolata della ricerca malata dei piaceri superficiali (cfr Evangelii Gaudium 2). Questo è il nostro mutismo e la nostra sordità.
Liberati nel corpo e nello spirito, abbandoniamoci all’incontro con Dio, per mezzo di Gesù, nostro grande Amico, che ci ama come nessuno altro mai e che mai ci tradirà.
Buona Domenica!
 don Marco Belladelli.

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