venerdì 23 maggio 2014

Il Vangelo della salute del 25/05/2014


VI Domenica di Pasqua “A”
Pregherò il Padre e vi darà un altro Paràclito
Dal Vangelo secondo Giovanni    (14, 15-21)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.
Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

Parola del Signore.
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Dopo la Pasqua, ci prepariamo a vivere la Pentecoste. L’effusione dello Spirito Santo è il compimento della Pasqua, un evento altrettanto sorprendente e importante per la salvezza dell’umanità.
L’esperienza cristiana è essenzialmente carismatica, nel senso che è tutta segnata dalla presenza e dall’opera dello Spirito Santo. Con il dono dello Spirito Santo l’umanità, come il figliol prodigo, ha iniziato il cammino del ritorno alla casa del Padre, che si concretizza nel riconoscimento di Dio come creatore e salvatore. Dopo la passione e morte di Gesù, senza lo Spirito i discepoli sarebbero tornati ciascuno a casa loro, pieni delle loro paure, come i due di Emmaus (cfr Lc 24,13ss) e la Chiesa non avrebbe visto la luce. Con il dono dello Spirito Santo si realizza invece la profezia di Gesù: “E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32).
L’annuncio del distacco di Gesù ha provocato nei discepoli un profondo turbamento, come se tutto dovesse finire. Dopo averli invitati alla fede in lui, come unica via e concreta possibilità di salvezza per loro stessi e per tutta l’umanità, Gesù parla del dono dello Spirito Santo da parte del Padre. Un evento di salvezza nel quale Dio è pienamente coinvolto, come lo è stato nella creazione e nell’incarnazione.
Questa è la prima di cinque volte in cui  Gesù, durante l’ultima cena, parla dello Spirito Santo, annunciandone la venuta e illustrandone l’opera. E’ Gesù stesso che prega il Padre perché mandi lo Spirito.
In prima battuta lo chiama Paràclito, che significa Consolatore, letteralmente avvocato difensore, l’esatto contrario di satana, l’avversario. Mentre satana, dopo averci insidiato con le tentazioni e fatto cadere nel peccato, ci accusa davanti a Dio della nostra infedeltà, il Paràclito si comporta esattamente al contrario. Egli prende le nostre difese secondo la logica della divina misericordia.
Egli viene “per rimanere con voi per sempre”. Oltre a soccorrerci nelle difficoltà e a sostenerci nelle debolezze e nell’infermità, facendosi garante della nostra fedeltà davanti a Dio, egli diventa il tramite per la comunione con Gesù e con il Padre. Ecco che cosa significa il “Non vi lascerò orfani, verrò da voi” del v. 18.
In un secondo momento Gesù lo chiama “lo Spirito della verità”. Anche in questo caso è l’opposto del diavolo, la cui caratteristica è quella di essere il principe della menzogna.  . Le sue attività preferite infatti sono l’ inganno, la falsificazione e la mistificazione della realtà e del suo significato.
Questa è anche la ragione per cui il mondo non può né ricevere, né vedere e nemmeno riconoscere lo Spirito di Dio. Soltanto chi crede potrà riconoscerlo nell’esperienza che abbiamo della viva presenza di Gesù. Oltre a dimorare in noi e a non farci sentire orfani, lo Spirito ci introduce nella vita di comunione piena con il Figlio e con il Padre. Da questa vita di comunione deriva la capacità di accogliere i comandamenti di Gesù, cioè di amare come lui ci ha amato.
Pensando all’opera dello Spirito Santo, mi viene in mente un ragazzo che ho incontrato qualche anno fa nel mio ministero in Ospedale. Nella sua storia ho avuto modo ancora un volta di toccare con mano in che cosa consista la sua opera e la sua presenza tra noi. Si chiamava Marco e non aveva ancora trent’anni. Era un operaio. Come tanti altri ragazzi della sua età, non aveva mai più frequentato la Chiesa dopo la prima adolescenza. Interessi, amicizie, lavoro, relazioni, ha vissuto tutto secondo i canoni di questo nostro tempo. Da qualche anno per ragioni di lavoro viveva in Germania con una compagna più grande di lui. E poi, improvvisamente ecco la diagnosi di una malattia che non ti aspetti da cui non si guarisce. Neanche il tempo di rendersi conto di quel che sta succedendo e non c’è più niente da fare. Due interventi chirurgici a distanza di poco tempo non fanno che peggiorare la situazione. L’ho frequentato in quest’ultimo tratto di strada della sua vita.
E’ lui che mi ha cercato per primo. Mi accoglie con una gioia che mi imbarazza, come se fossi Gesù Cristo in persona. Neanche il migliore degli amici mi ha mai accolto così! Non riesce più a parlare. Scrive su qualsiasi pezzo di carta gli capiti in mano. Il dialogo si concentra subito sull’essenziale. Mi chiede di aiutarlo ad incontrare Dio e nient’altro, di metterlo in comunione con Lui. Ha capito, forse troppo tardi dice lui, che è l’unica realtà che da valore alla vita, sempre e comunque, l’unica a dargli pace. Intanto la vita continua. Continua soprattutto la sua passione, fino all’inverosimile, fino a succhiare ogni briciolo di energia. Quando vado a trovarlo presso l’hospice, dove è stato trasferito, lo riconosco a mala pena, tanto è sfigurato in volto dalla malattia. Bisogna bere quel calice amaro fino all’ultima goccia. Eppure accano a lui c’è la sua compagna, la sua famiglia, gli amici. Nessuno lo ha abbandonato, pendono tutti da quelle labbra, che non si aprono più, neanche per bere un sorso d’acqua.
Da dove gli è venuta tanta forza? E tanta sapienza? Chi lo ha ispirato? Chi lo ha reso capace di amare fino a quel punto? Vieni Santo Spirito!
Buona Domenica!
don Marco Belladelli.

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