martedì 8 ottobre 2013

Il Vangelo della salute del 13/10/2013

Lebbrosario nei pressi di Singkawang in Kalimanta (Borneo) dove sono ancora oggi ospitati 40 malati di lebbra.
XXVIII Domenica del tempo Ordinario “C”
Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio
all’infuori di questo straniero 
Dal Vangelo secondo Luca, (17,11-19)
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!». Parola del Signore.
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Oggi Luca ci propone il racconto di un miracolo, la guarigione di dieci lebbrosi. Il precedente lo abbiamo trovato all’inizio del cap. 14, la guarigione di un idropico in giorno di sabato. Il prossimo, il cieco di Gerico, è collocato al termine del cap. 18, quando ormai manca poco all’arrivo a Gerusalemme. Perché così pochi miracoli?
Come ho più volte ricordato, la sezione del viaggio, di cui oggi si fa esplicita menzione all’inizio del nostro brano, rappresenta un percorso formativo per i discepoli di ieri e di oggi. Naturalmente l’unico “maestro” di tutti è Gesù che, diversamente dagli altri maestri della legge, con le sue opere inaugura il regno di Dio e con la sua Parola indica la via che conduce ad esso. I dieci lebbrosi infatti si rivolgono a lui con l’appellativo: “Gesù maestro, abbi pietà di noi!”. Per la loro guarigione sarà sufficiente una sua Parola “Andate a presentarvi ai sacerdoti” della quale si fidano e alla quale si affidano come umili servi obbedienti, senza “ma” e senza “se”. Il racconto infatti continua: “mentre essi andavano, furono purificati”. Un miracolo attraverso il quale Luca richiama ancora la necessità di una fede senza riserve, accompagnata da una obbedienza cieca, “tamquam cadaver”, come quella di un cadavere, si diceva anticamente. Per noi invece un ulteriore esempio di come bisogna accogliere ed obbedire alla Parola di Gesù per sperimentarne come i dieci lebbrosi tutta la potenza salvifica.
Gesù è diretto a Gerusalemme dove i sacerdoti lo metteranno a morte. Inviando a loro i dieci lebbrosi guariti, Gesù si fa anticipare da un segno, perché riconoscano attraverso le sue opere che egli è il Salvatore, come dirà agli Apostoli durante l’ultima cena: “Credetemi … per le opere stesse” (Gv 14,11). Contrariamente a quanto essi pensavano, con le loro decisioni di mettere a morte Gesù, invece di soffocare per sempre la sua persona e la sua opera, contribuiranno ad estendere la salvezza a tutto il mondo e a tutti gli uomini.
Alla fine però, soltanto uno dei dieci lebbrosi guariti, , torna a ringraziare Gesù, lodando Dio a squarciagola. E per giunta si tratta di un samaritano. La sua è una gioia incontenibile. A quel tempo non si guariva dalla lebbra ed esserne contagiati rappresentava una vera e propria maledizione. Si era condannati all’isolamento più totale, lontano da qualsiasi forma di convivenza ed era pure considerata un’impurità religiosa, segno di un castigo divino per le propri colpe (cfr Num 12,9-10). Ecco perché soltanto il sacerdote poteva costatarne il contagio, con l’applicazione delle restrittive misure igieniche e sanitarie, e la guarigione, reintroducendo il lebbroso nella comunità (cfr Lev 14,2ss).
La lode esprime la gioia della salvezza, quella stessa gioia di cui abbiamo parlato qualche Domenica fa, a proposito della festa per la conversione dei peccatori.
Alla felicità del samaritano, si contrappone il rammarico di Gesù: “Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?”. Gesù è amareggiato non tanto per la mancata riconoscenza,  ma piuttosto per la loro mancanza di fede. Chi, se non Dio in persona, e soltanto Lui, è all’origine di una grazia tanto grande, quale la guarigione dalla lebbra? La meraviglia di Gesù vale anche per tutte le volte che non sappiamo riconoscere la mano di Dio nella nostra vita, la sua provvidenza e la sua grazia verso di noi.
La differenza sostanziale tra i nove che non hanno ringraziato e il samaritano  tornato per rendere lode a Dio è una fede che salva: Alzati e va, la tua fede ti ha salvato!”.
Celebrare la Domenica, il giorno del Signore, con la gioia del cuore e la lode festosa, rendendo gloria a Dio e ringraziando uniti nell’Eucaristia è per noi il momento della fede che salva. E come è già successo nell’antico testamento( vedi 4,25ss), non è una casualità che sia ancora uno “straniero” l’unico a riconoscere in Gesù il Dio fatto uomo per la nostra salvezza.
Buona Domenica!
don Marco Belladelli.

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