giovedì 10 novembre 2011

Il Vangelo della salute del 13/11/2011.

Caravaggio, Vocazione di s. Matteo
XXXIII Domenica del Tempo Ordinario, “A”.
Sei stato fedele nel poco: prendi parte alla gioia del tuo padrone.
 Dal Vangelo secondo Matteo (25,14-30)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Parola del Signore.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».
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Gesù racconta di seguito la parabola dei talenti. Come per le vergini, anche in questo caso c’è qualcuno che ritarda. E’ il protagonista, chiamato all’inizio genericamente “un uomo”, e quando ritorna dal viaggio “il padrone”, che convoca per la resa dei conti coloro che aveva beneficato. Prima di partire aveva infatti distribuito i suoi beni ai servi in parti differenti, a chi cinque, a chi tre, a chi un solo talento, secondo il criterio della capacità di ciascuno. Il talento era una unità di misura del peso, divenuto nel corso del tempo una moneta. Il suo valore equivaleva a circa 6.000 denari, quando un denaro era la paga giornaliera di un operaio (cfr Mt  20,2). Oggi equivarrebbe a circa 400.000 euro. Una bella somma, anche per colui a cui è toccato meno, tenuto conto che sono soldi arrivati gratuitamente e senza condizioni particolari, di cui ciascuno è libero di disporre come meglio crede. Quando meno te l’aspetti, il padrone torna e chiede ragione di come i servi hanno utilizzato i beni ricevuti, per renderli partecipi di gioie ancora più grandi. I primi due hanno raddoppiato il capitale e ad essi il padrone dice: “Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Il terzo invece, che aveva ricevuto soltanto un talento, dopo aver accusato il padrone di essere una persona dura, avida e reo pure di incutere paura nei servi, ammette candidamente di avere sotterrato il talento ricevuto e di essere pronto a restituirglielo, senza fargli torto. La reazione del padrone è indignata: “Servo malvagio e pigro” e la condanna terribile: “il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. E’ la sesta volta che Matteo parla del buio eterno, una sofferenza inconsolabile e una solitudine a cui non è possibile rimediare, tanto da trasformarsi in paura congenita, come lascia intendere lo stridore di denti, proprio di esseri dimenticati da Dio e dagli uomini. Fuori dalla metafora, il padrone è Gesù, il Dio fatto uomo e Signore dell’universo. I talenti sono la vita e i doni di grazia che Gesù vi ha aggiunto, un capitale da sviluppare e far fruttare nell’orizzonte dei significati e dei valori del regno di Dio, e non da lasciare inutilizzato, e tanto meno da sperperare, secondo modi diversi di intendere l’esistenza umana. In Gesù, Dio si è rivelato a noi come Colui che dona con generosità beni inestimabili, ti lascia libero di impiegarli come desideri, pronto a gratificarti, se avrai operato secondo la logica del regno dei cieli. I servi buoni e fedeli sono coloro che vivono ed operano rettamente, secondo la volontà di Dio. Nel servo inutile invece, riconosciamo coloro che non fanno nulla per il regno dei cieli. Hanno un’idea sbagliata di Dio, tanto da averne paura, e lo accusano di essere insensibile e ingiusto, verso di loro e verso tanti altri uomini e donne. A proposito poi della libertà, Martin Buber diceva: “Io amo la libertà, ma non le credo! … Essere costretti dal destino, dalla natura, dagli uomini: l’opposto non sarà essere liberi da essi, ma essere in comunione e in coalizione con essi. … Vivere sulla base della libertà è una responsabilità personale, altrimenti non è che una farsa patetica”. Al momento della resa dei conti, la differenza tra il “servo buono e fedele” e il servo “malvagio e pigro”, sarà proprio nel segno della responsabilità tra chi avrà agito mettendo a frutto i doni ricevuti e chi invece non avrà colto l’opportunità dei doni ricevuti, vivendo in modo vuoto inconcludente. Per questo “a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha”.
Buona Domenica!
Don Marco Belladelli.
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PREGHIERA A DIO PADRE
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Quanta pietà ti chiedo, o Signore, per questa terra
che rischia di affondare nel fiume della morte,
che rischia le pene eterne.
Tu, o Dio, non dimenticare il sacrificio di Gesù!
Non permettere che prevalga il male sul bene,
ma trasforma l'umanità con il tuo amore misericordioso.
Un donaci la possibilità di non per vivere come naufraghi fiume della morte.
Donaci la vita, o Signore!
Donaci la capacità di implorare il tuo Cuore,
guardando i tuoi occhi, il Tuo Cuore d’immenso amore
e la Croce di sacrificio del Tuo Divin Figlio, Gesù Cristo.
O Padre, abbi pietà di noi!
O Padre, lenisci le nostre pene con il Tuo amore!
Lo so, noi meritiamo i castighi,
meritiamo le Tue Spalle
non il tuo Cuore,
non i tuoi Occhi:
meritiamo il Tuo abbandono, Dio nostro!
Ma tu, Signore, non hai accolto il sangue di Gesù?
Non ti sei compiaciuto dell'offerta Santa e Misericordiosa
accettata dal tuo Gesù, nostro Redentore?
Ecco, Padre,
accogli ancora oggi il Suo Sangue,
quel riscatto santo di salvezza per noi.
Abbi misericordia di questa terra, di noi della terra!
Accoglie le nostre pene,
tutte le sofferenze della terra e il sangue della terra
che giorno dopo giorno si sparge a causa del peccato.
Signore, abbi pietà
e accoglie ancora una volta l'offerta di dolore
del Tuo Divino Figlio, Gesù!
Accogli il Suo Amore attraverso il quale ci ha riscattato,
perdonando le nostre incapacità di comprendere.
O Padre,
ricordati delle ultime parole di Gesù sulla terra:
“Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”.
Grazie, Signore, grazie!
Ti preghiamo di rinnovare il cuore dei tuoi figli
attraverso il sacrificio di Gesù,
accogliendo, per questo, il sacrificio di tante povere vittime
dell'ingiustizia qui sulla terra.
Grazie, Padre, grazie!
Sìi tu benedetto in Cielo e in terra,
sia benedetta la Santissima Trinità:
Padre, Figlio e Spirito Santo. Amen.
(19/11/1998)

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