Medjugorie, il monte della Croce. |
XXVII Domenica del tempo Ordinario “C”
“Se aveste fede!”
Dal Vangelo secondo Luca
17,5-10.
In quel tempo, gli apostoli
dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire
a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando
rientra dal
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”». Parola del Signore.
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Per introdurre un nuovo tema di riflessione spesso Luca ricorre all’espediente di sollecitare Gesù con una domanda degli Apostoli. Dopo tutto quello che hanno visto e sentito, accompagnando Gesù nel suo cammino verso Gerusalemme, gli Apostoli si rendono conto del loro punto debole e gli chiedono: “Accresci in noi la fede!”. Qualche domenica fa Luca annotava che, nonostante le dure condizioni poste da Gesù per chi vuole seguirlo, “molta gente andava con lui” (14,24). Gli Apostoli sono stati scelti espressamente per stare con lui ed essere inviati in missione. Non è però sufficiente la frequentazione assidua e la familiarità con Gesù per superare la prova della croce. Come possiamo evitare l’inganno della vita gaudente del figliol prodigo, la durezza di cuore del fratello maggiore, l’avidità dell’amministratore disonesto e la cieca indifferenza del ricco epulone senza una fede forte e un abbandono totale alla volontà di Dio, atteggiamenti spirituali assolutamente necessarie per entrare nel regno di Dio? Abbiamo bisogno di crescere nella fede.
Anche noi oggi, insieme agli Apostoli, chiediamo
a Gesù: “Accresci in noi la fede!”.
Se non sentiamo la necessità di condividere questa richiesta vuol dire che
siamo indifferenti a Gesù e che non desideriamo seguirlo sulla via del regno di
Dio.
Con la parabola del ‘gelso sradicato’, più che rispondere, Gesù sembra voler scoraggiare
gli Apostoli, chi infatti avrà mai una fede così grande e capace di tanto? Segue
una seconda parabola, quella del servo inutile, il quale dopo una
giornata di lavoro nei campi, tornato a casa non c’è riposo per lui, perché deve
ancora servire il suo padrone. Gli insegnamenti delle due parabole si integrano
tra di loro. Prima ci viene detto quali sono i segni di una fede forte, e poi
che cosa bisogna fare per aumentarla come chiedono gli Apostoli: obbedire
umilmente, come dei servi inutili. Basterebbe
un briciolo di fede per cambiare prima noi stessi e poi il mondo. Vivere giorno
per giorno con umiltà e semplicità di cuore, obbedienti a Gesù come il servo
della parabola, che dopo aver lavorato e servito il suo padrone, si sente “ un servo inutile, … uno che ha fatto quanto
doveva fare”, fa crescere in noi la fede e ci rende capaci di sradicare il
male dal mondo per diffondervi carità, pace e misericordia.
Molti uomini e donne, e tra di essi anche tanti cristiani,
oggi vivono nella più totale indifferenza, come se Dio non ci fosse. Davanti ad
un tale fenomeno sempre più esteso, ci chiediamo: che cos’è la fede? Ci risponde
l’Apostolo Paolo: “Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo
vive in me. E questa vita, che vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di
Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me.” (Gal. 2,19-20). Nel
documento della Chiesa Italiana “Il Rinnovamento della catechesi” (1970), si dice che per avere una
mentalità di fede è necessario “educare
al pensiero di Cristo, a vedere la storia come lui, a giudicare la vita come
lui, a scegliere e ad amare come lui, a sperare come insegna lui, a vivere in
lui la comunione con il Padre e lo Spirito Santo.” (n. 38). Come ha detto
San Paolo, la fede prima di tutto è Cristo che vive in noi, cioè vivere con
Gesù, per Gesù e in Gesù. Da questa esperienza deriva come conseguenza il
pensare come lui, il sentire come lui, l’agire come lui, fino ad essere in
tutto e per tutto configurati a lui. Allora saremo pronti per sradicare i gelsi
e spostare le montagne.
Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
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