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Adriaen Collaert, La parabola del ricco stolto |
XVIII Domenica del Tempo Ordinario, “C”
Quello che hai preparato, di chi sarà?
Dal Vangelo secondo Luca (12,13-21).
In quel
tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida
con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o
mediatore sopra di voi?».
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché,
anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli
possiede».
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un
raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove
mettere i miei raccolti?
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Luca ci presenta un episodio, seguito da una parabola, che non ha paralleli negli altri vangeli. Un tale tra la folla chiede l’intervento di Gesù per avere giustizia dal fratello che si è appropriato della sua parte di eredità. Gesù non solo rifiuta con evidente asprezza questo ruolo di mediatore, per non ingenerare equivoci sul valore e sul senso della sua missione, ma approfitta dell’occasione per mettere in guardia tutti, indistintamente, dal pericolo della avidità per le ricchezze, l’ostacolo per eccellenza sulla via del regno di Dio, perché la vita dell’uomo “non dipende dai suoi beni”. Il nostro racconto è preceduto da una lunga invettiva contro i farisei, accusati di ipocrisia, e si conclude con un invito rivolto “a voi miei amici” a non temere le persecuzioni che dovranno subire coloro che hanno riconosciuto il Figlio di Dio sulla terra, perché lo Spirito Santo verrà loro in aiuto.
L’attenzione dell’evangelista non si concentra
sulla richiesta iniziale, ma sulla parabola da cui deriva l’insegnamento di
Gesù. Il racconto ci partecipa i ragionamenti di un uomo ricco che, dopo un
raccolto straordinariamente abbandonate, si interroga su come conservare tutto
quel bene di Dio. La soluzione è presto trovata, costruire magazzini più
grandi. Ciò che fa problema nel suo comportamento non è tanto la conservazione
del raccolto, quanto il considerarsi umanamente appagato e al riparo da futuri
possibili rischi e pericoli, tanto da concludere con un pensiero di auto
compiacimento: “Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati,
mangia, bevi e divertiti”. La stoltezza del suo argomentare consiste
nel non aver tenuto conto che nessun uomo è padrone della propria vita, ma
soltanto Dio, realtà assolutamente esclusa dall’orizzonte dei suoi pensieri
umani, a causa di un animo totalmente posseduto dalla cupidigia: “Stolto,
questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato
di chi sarà?”. Alla fine Gesù ci ricorda che questa è la sorte “di
chi accumula tesori per sé, e non arricchisce presso Dio”.
In tutto il suo vangelo Luca dà molto rilievo al
tema della ricchezza come uno dei principali ostacoli all’accoglienza del regno
di Dio e parallelamente pure ai poveri, intesi anche in senso sociologico, come
coloro che sono nella migliore condizione per accogliere l’annuncio salvifico
del Vangelo. All’esordio della sua missione, nella sinagoga di Nazareth, Gesù
fa proprio il testo del profeta Isaia nel quale si parla esplicitamente della evangelizzazione
dei poveri come uno dei segni messianici. Nella sua redazione delle Beatitudini
parla semplicemente di “voi
poveri” senza nessun particolare distinguo tra dimensione spirituale e
materiale. Nel Magnificat, riferendosi all’opera compiuta da Dio, dice:
“ha ricolmato di beni gli affamati e ha rimandato i ricchi a mani vuote”,
cioè coloro che sono nella ricchezza, tanto da non pensare ad altro. La
parabola del ricco, con l’invito a tenersi “lontano da ogni cupidigia” e il
monito finale di “arricchire davanti a Dio”, completano quindi il quadro che
vede nell’abbondanza di beni materiali il più grande ostacolo che impedisce ai
discepoli del regno il pieno e totale abbandono in Dio.
La parabola del ricco stolto è volutamente
ironica nel contrapporre chi accumula tesori per sé su questa terra e alla fine
non sa a chi andranno a finire, a chi invece si preoccupa di arricchire davanti a Dio, dove può stare
certo che niente andrà perduto. Il discepolo del regno è colui che non incorre
nella stoltezza del ricco che pienamente soddisfatto dei suoi beni materiali,
non tiene conto di Dio e in quella stessa notte perde vita e anima. Secondo Gesù
il discepolo del regno è colui che libero dai condizionamenti della cupidigia
ha in Dio la sua unica e grande ricchezza. Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
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