venerdì 24 marzo 2023

Il Vangelo della salute del 26/03/2023

Caravaggio, Risurrezione di Lazzaro, 1608/9, Messina. 

V Domenica di Quaresima “A”

Io sono la resurrezione e la vita.

DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI  (11, 1-45).

In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».

Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!». Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio d! i Dio, colui che viene nel mondo».
Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.  Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare». Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. 

Parola del Signore.

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La quinta Domenica di Quaresima nella liturgia preconciliare era il giorno della “velatio”, quando cioè in prossimità della Settimana Santa si coprivano tutte le immagini sacre, quadri, statue e soprattutto le croci e i crocifissi (eccetto i quadri della Via Crucis), per evidenziare il dramma dell’assenza di Dio la vita dei fedeli e alimentare nel loro cuore un forte desiderio della Pasqua. Il Venerdì santo il crocefisso verrà solennemente scoperto e posto al centro dell’altare per la venerazione dei fedeli, quale nuovo “albero della vita” e fonte di salvezza, come dice l’apostolo Pietro, riprendendo le parole del profeta Isaia: “Dalle sue piaghe siete stati guariti” (1Pt 2,24; cfr Is 53,5).

Dopo l’incontro con la Samaritana e la guarigione del Cieco nato, oggi ascoltiamo la risurrezione di Lazzaro, il terzo brano giovanneo che accompagnava i catecumeni verso il Battesimo, e noi oggi alla celebrazione della Pasqua. Possiamo dividere il testo liturgico in tre parti: l’indugio iniziale e l’incomprensione degli apostoli; il dialogo con le sorelle e la compassione fino alle lacrime; il miracolo della risurrezione e la fede di molti.

In tutto il racconto è evidente la centralità di Gesù che trova la sua massima espressione nell’affermazione: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno”. E’ il più grande miracolo compiuto da Gesù, annuncio della sua prossima passione, morte e risurrezione, rivelatore della sua identità divina, del suo rapporto con Dio Padre: “Io e il Padre siamo una cosa sola”(Gv 10,30), e della sua potenza salvifica.

Il passaggio dalla morte alla vita eterna, non avviene per una fede generica nell’aldilà, ma attraverso Gesù. E’ lui che con la sua morte e risurrezione ci dona la vita vera. Gesù sapeva bene che cosa  stava per fare e perché lo faceva. Lo si evince dal suo indugiare iniziale, dal dialogo con le sorelle e dalla preghiera al Padre che precede il miracolo: “Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato”. L’ordine imperativo di scoperchiare il sepolcro e il grido potente che rianima un cadavere di quattro giorni sono ulteriori segni che manifestano la sua identità e unione con il Padre e il valore e significato della sua missione. Tutto “è per la gloria di Dio”, cioè è rivelazione della potenza divina nello straordinario miracolo della risurrezione e segno di salvezza per tutta l’umanità. Come dice Sant’Ireneo: “La gloria di Dio è l’uomo vivente. Per l’uomo la salvezza e la vera vita cominciano quando si apre alla fede. Il racconto inizia da queste premesse: “Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate (v.15), e termina con la fede di molti: “Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.”(v.45). Il testo liturgico non lo riporta, ma Giovanni mette in risalto il  paradosso: da una parte Gesù risuscita un morto, rivelandosi come la risurrezione e la vita del mondo, dall’altra questo evento diventa per i Giudei la ragione della sua condanna a morte non più procrastinabile (11,49ss), proprio nel momento in cui si rivela come “la risurrezione e la vita”.

La straordinarietà del gesto compiuto da Gesù con la risurrezione di Lazzaro consiste nella sconfitta della morte, la conseguenza più grave e più drammatica del peccato, non tanto come limite naturale e invalicabile che delimita l’esistenza umana, ma per la drammaticità e il senso di perdizione che sempre caratterizzano questo evento. Di fronte ad essa l’uomo è sempre costretto a soccombere. S. Paolo la qualifica come il nemico per eccellenza dell’uomo (cfr. 1Cor 15,26). Non soltanto Gesù è più forte della morte, ma attraverso di lui abbiamo accesso alla gloria di Dio. Il comportamento di Gesù evoca l’agire stesso di Dio nella sua onnipotenza creatrice. In lui, Dio è venuto a cercare ciò che e perduto (cfr. Gv 6,39; Lc 15,24), per innalzare l’uomo ad una dignità qualitativamente nuova, assolutamente inaspettata e per di più immeritata. Abbiamo a che fare con un Dio che per amore delle proprie creature non si ferma neppure davanti alla morte. Il risultato finale di questo atto di salvezza è la vita eterna, di una qualità superiore rispetto a quella naturale che ci ritroviamo tra le mani. Nella sua volontà di salvezza, Dio raggiunge l’uomo anche quando è già cominciato il suo processo di decomposizione, cioè oltre qualsiasi limite naturale e soprannaturale. E c’è ancora chi, chiuso in se stesso e accecato dal suo amor proprio e dalla superbia, rifiuta ciò che Dio ha fatto e continua a fare per lui.

Buona conclusione della Quaresima!

don Marco Belladelli.

 

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