venerdì 26 giugno 2020

Il Vangelo della salute del 28/06/2020


Rembrandt, San Paolo in meditazione, Museo nazionale di Norimberga

XIII Domenica del Tempo Ordinario, “A”.

Chi non prende la sua croce e non mi segue non è degno di me.
Chi accoglie voi, accoglie me.

DAL VANGELO SECONDO MATTEO (10, 37-42).

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. 
Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà. 

Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 
Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto. 
E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa». Parola del Signore.

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Siamo alla conclusione del discorso missionario. Dopo aver annunciato il rischio delle persecuzioni ed esortato i missionari ad aver il coraggio di mettere in gioco la loro stessa vita per annunciare il Vangelo, Gesù pronuncia una serie di affermazioni oltremodo esigenti, tanto da pretendere dai suoi discepoli una esclusività di rapporto che non ammette eccezioni e deroghe, nemmeno per i legami di sangue, solitamente ritenuti i più sacri e inviolabili. Ad ogni missionario viene richiesta una disponibilità che presuppone una assimilazione al Signore assoluta, in tutto e per tutto. Queste parole di Gesù evocano il Dio geloso dell’antico testamento, quando con altrettanta severità i profeti mettevano in guardia il popolo d’Israele dal pericolo dell’idolatria (cfr. Gs 24,19 e paralleli).

Oltre a chiedere di essere amato più dei genitori e dei figli, Gesù chiede agli Apostoli di seguirlo sulla via della croce. Del resto come aveva già detto in precedenza, il sacrificio della vita terrena per il Vangelo è la premessa per trovare la vita vera, quella divina ed eterna. Questo significa ‘perdere la propria vita per causa sua e ritrovarla’. Insomma, non sono ammessi né compromessi, né mezze misure.

Con le successive affermazioni si torna più esplicitamente al tema della missione: “Chi accoglie voi, accoglie me”. Secondo un principio giuridico del giudaismo, un delegato rappresentava in toto colui che lo aveva mandato.  Ecco allora spiegato lo stretto rapporto fino all’identificazione di uno nell’altro, tra Gesù e l’apostolo e tra il Padre e Gesù. La degna accoglienza del profeta, cioè di colui che ci annuncia la Parola di Dio, sarà altrettanto ben ricompensata, allo stesso modo come viene ricompensato l’apostolo. La stessa cosa vale per chi accoglie un “giusto” e per chi lo soccorre anche con un semplice bicchiere d’acqua “uno di questi piccoli, perché è mio discepolo”.

Profeti, giusti e piccoli sono categorie presenti nella Comunità cristiana per la quale scrive Matteo. I ‘profeti’, più volte nominati negli scritti neotestamentari, avevano il dono di interpretare i segni dei tempi e di indicare la volontà di Dio nelle varie circostanze storiche. I ‘piccoli’ invece erano persone particolarmente deboli ed insicuri, esposti al pericolo di perdere la fede e li ritroveremo anche più avanti nel racconto di Matteo. La categoria del ‘giusto’ viene usata per indicare persone esemplari nella condotta e nella fedeltà alla nuova ‘via’ insegnata da Gesù. Chiunque di loro verrà accolto per il suo rapporto con Gesù, che lo caratterizza come ‘profeta’, ‘giusto’ o semplicemente come un ‘discepolo’ “non perderà la sua ricompensa”, che consiste nel dono della vita eterna, allo stesso modo di chi ha perso la vita per lui. Va sottolineato che questa parola di Gesù riguardo alla ricompensa è come una ‘garanzia’ per quello che sarà il giudizio finale di ciascuno. Come certi comportamenti evidenziati da Matteo nel ‘Discorso della montagna’ sono motivo di sicura condanna, pensiamo per esempio a coloro che gridano “Signore, Signore!”, ma non fanno la volontà di Dio (cfr 7,21ss),  al contrario invece di chi accoglie i profeti, i giusti e i piccoli, in quanto discepoli di Gesù, ai quali sarà garantita la vita eterna. Ovviamente l’accoglienza di queste categorie di persone non consiste in un semplice gesto di solidarietà, ma comporta l’ascolto e il credere a quanto annunciano. Così il Vangelo si diffonde, dalla fede alla fede, come dice S. Agostino nel De catechizandis rudibus. Contrariamente da quanto succede molto spesso oggi, dove l’ossequio verso il ministro di Dio, soprattutto se si tratta di una persona in alto grado gerarchico, avviene più per pura formalità o addirittura con modi neanche tanto nascosti di adulazione per il ‘potere’ di cui è investito, e non certo per il ministero di cui è investito come rappresentante del Signore Gesù qui sulla terra. E’ forse per questo che il servizio della Parola di tanti sacerdoti e Vescovi è di fatto inefficace, quando addirittura non assume le caratteristiche di una contro-testimonianza?  Buona Domenica! 

don Marco Belladelli.

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