venerdì 23 novembre 2018

Il Vangelo della salute del 25/11/2018

Anonimo, Cristo, Re crocifisso, Basilica Ss. Cosma e Damiano - Roma 
XXXIV Domenica del tempo ordinario “B”,
solennità di N. S. Gesù Cristo, Re dell’universo.
Tu lo dici: io sono re.
Dal Vangelo secondo Giovanni (18, 33b-37)
In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Parola del Signore 
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La 34° Domenica del tempo ordinario, ultima dell’anno liturgico, è diventata la solennità di Cristo Re dell’universo. Istituita nell’Anno Santo del 1925 nel pieno di uno straordinario fervore apostolico e missionario della Chiesa in tutto il mondo, si celebrava all’ultima Domenica di Ottobre. Per evidenziarne meglio i significati teologico e pastorale, dopo il Concilio Vaticano II è stata collocata al termine dell’anno liturgico.
Nel Nuovo Testamento il Signore Gesù viene indicato con molti titoli, come per esempio Maestro, Buon Pastore, Figlio dell’uomo, Figlio di Davide e via dicendo. Quelli che meglio esprimono le dimensioni della sua missione salvifica sono: Profeta, Sacerdote e Re. Il primo fa riferimento al suo essere Verbo di Dio incarnato e autorevole annunciatore della Parola di Dio. Il secondo al suo essere l’unico mediatore tra Dio e gli uomini, per mezzo del sacrifico della croce. La Chiesa infatti offre il suo culto al Padre sempre e unicamente con la mediazione del Signore Gesù: “… per Cristo nostro Signore”. Il terzo titolo, quello di Re, oggi al centro della nostra celebrazione, fa riferimento al potere divino di cui è investito ed al modo efficace con cui lo ha esercitato e ancora lo esercita per l’edificazione del regno di Dio e la realizzazione della salvezza per tutti gli uomini, secondo la volontà del Padre.
Nella storia d’Israele Davide è il re per eccellenza. Scelto da Dio per sostituire l’infedele Saul, figura del futuro Messia e suo capostipite, governa in nome di Dio e lo rappresenta in mezzo al popolo. Gesù però non è venuto per conquistarsi un regno umano, ma per inaugurare e istaurare il Regno di Dio, cioè un nuovo ordine delle cose, regolate non secondo la logica del potere e della sottomissione degli umili ai prepotenti, ma della giustizia, dell’amore e della pace.  
Nella festa di Cristo Re dell’universo, la Chiesa celebra questa potestà del Signore Gesù sui singoli e sulla storia umana nel suo complesso. Chi l’accoglie viene riscattato dalla schiavitù del peccato per partecipare con la sua vita e le sue azioni alla edificazione del Regno di Dio, che si risolverà nella salvezza universale. Tutte le volte che si compie un gesto nel nome di Cristo, anche il più semplice, vuoi per rispetto, oppure per imitazione, o per una più convinta e consapevole adesione alla sua persona e al suo Vangelo, si contribuisce all’edificazione del Regno di Dio, rendendo più vicina la rivelazione del Signore Gesù a tutti gli uomini. Di fronte allo scandalo rappresentato dalla croce di Gesù, alla marginalità culturale e sociale del Vangelo e alle difficoltà che ha incontrato e ancora incontra la Chiesa, dentro e fuori di sé, nel suo cammino storico, c’è chi obietta che il Regno di Dio rimane una realtà utopistica e illusoria.
E’ la stessa perplessità di Pilato, quando per ben due volte, sorpreso dal tipo di regalità sui generis affermata da Gesù in catene, non senza un pizzico di ironia e di sufficienza gli chiede: “Dunque tu sei re?”. Siamo nel contesto della passione. Dopo l’arresto e il processo notturno davanti al Sinedrio, Gesù è stato consegnato ai Romani, per la condanna a morte. Tutto lascia supporre che Pilato fosse ben informato sul fenomeno Gesù, e visti i suoi metodi repressivi (cfr Lc 13,1ss), che lo avesse giudicato per nulla eversivo e del tutto innocuo. Giovanni ce li presenta nel pretorio, uno di fronte all’altro, in un faccia a faccia paradossale, dove ciò che appare è esattamente l’opposto della realtà. Il rappresentante del potere umano, che deve decidere della vita o della morte del Signore dell’universo, davanti a lui incatenato come un malvivente qualsiasi. Il turbamento di Pilato è ancora oggi palpabile e contagioso. L’accusa di lesa maestà non regge alla prova dei fatti. Il governatore ascolta Gesù che parla del suo regno di “verità”che non è di questo mondo: “Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità.”. In queste parole che condannano l’esercizio del potere, compromesso con la menzogna, la “verità” a cui ci si riferisce Gesù non è il risultato della ricerca filosofica o scientifica dell’uomo, ma la realtà eterna e definitiva contrapposta a tutto ciò che è temporaneo, provvisorio e destinato a perire. E’ la realtà stessa di Dio, che si afferma e si espande attraverso l’umile  testimonianza di Gesù, agnello immolato per noi.
Nell’omelia d’inizio pontificato, nell’Aprile 2005, Benedetto XVI disse: “Quante volte noi desidereremmo che Dio si mostrasse più forte. Che Egli colpisse duramente, sconfiggesse il male e creasse un mondo migliore. Tutte le ideologie del potere si giustificano così, giustificano la distruzione di ciò che si opporrebbe al progresso e alla liberazione dell’umanità. Noi soffriamo per la pazienza di Dio. E nondimeno abbiamo tutti bisogno della sua pazienza. Il Dio, che è divenuto agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori. Il mondo è redento dalla pazienza di Dio e distrutto dall’impazienza degli uomini.” .
Gesù dice pure a Pilato: “Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”. Oggi Gesù sta davanti a noi, ma non perché dobbiamo decidere della sua vita, ma piuttosto della nostra vita. Il regno di Dio e la nostra salvezza dipendono infatti dalla scelta che facciamo ogni giorno tra la menzogna e la Verità. Buona Domenica!
 don Marco Belladelli.

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