sabato 9 maggio 2015

Il Vangelo della salute del 10/05/2015

San Massimiliano Maria Kolbe, che si offri a morire per salvare un compagno di prigionia ad Auschwitz.  
VI Domenica di Pasqua “B”
Nessuno ha un amore più grande di questo:
dare la vita per i propri amici.
 Dal Vangelo secondo Giovanni  (15, 9-17)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

Parola del Signore.
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Da oggi fino a Pentecoste la liturgia si trasforma in una continua e incessante invocazione alla venuta dello Spirito Santo. Nella colletta di oggi si dice: “fa' che nel tuo Spirito impariamo ad amarci gli uni agli altri come lui ci ha amati”. Spetta alla prima lettura, dagli Atti degli Apostoli, nella quale si racconta della effusione dello Spirito sui pagani in casa di Cornelio, alla presenza di Pietro, richiamare la Chiesa a disporsi ad accogliere lo Spirito Santo per vivere in pienezza la fede cristiana, mentre il testo evangelico e la seconda lettura fanno riferimento al frutto più grande dell’opera dello Spirito, amare come Gesù, fino a dare la vita per i propri amici.  
Il brano di oggi è la continuazione di quello della scorsa domenica. Siamo sempre nel contesto dell’ultima cena e, liturgicamente, nella seconda parte del tempo pasquale, caratterizzato, come abbiamo già detto, dal tema della nostra relazione feconda con il Cristo risorto. Nella parabola della vite e dei tralci si è detto che il segno dell’autenticità di questa unione sono i frutti abbondanti di vita evangelica. Ora invece si dà risalto al suo contenuto: “Come il Padre ha amato me,  anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore”. Questo legame di amore tra il Signore Gesù ed il discepolo diventa il fondamento della nuova spiritualità e della nuova moralità del cristiano: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati”, fino alla sua massima possibilità: “dare la vita per i propri amici”.
Gesù continua e dice: “Voi siete miei amici”. Evocando questa particolare relazione umana, conosciuta o conoscibile da chiunque, almeno per difetto, intende rappresentare il significato ed il valore del nostro rapporto con lui. “Amici” non in forza di una affinità psicologica, o di altra natura, ma unicamente e semplicemente perché egli ha dato la sua vita per noi. Ne consegue che anche noi dobbiamo cominciare a credere all’amore e a vivere per amore. Il centro di tutto il mistero cristiano è il “dare la vita” di Gesù “per i propri amici”.
Non so se vi sia mai capitato che qualcuno vi abbia offerto la sua vita, fino al punto di percepire che potevate disporne in tutto e per tutto a piacimento (quindi non solo in parte o soltanto per certi aspetti o dimensioni o temporaneamente, ma totalmente per sempre); o magari il contrario, di offrirla voi a qualcuno a queste stesse condizioni. Evidentemente ci riferiamo a relazioni umane molto intense, profonde e coinvolgenti. In assoluto sono delle condizioni difficilmente realizzabili, perché all’interno di una relazione umana di questo tipo, anche la più umanamente totalizzante, resta sempre qualche cosa che sfugge, o che di fatto non viene dato. Questo tipo di realtà però, pur nella difficoltà di una sua realizzabilità in un contesto storico-umano, ci aiuta a capire di che cosa stiamo parlando. Ciò che è umanamente improponibile, lo ha fatto Dio per noi, perché diventassimo suoi amici. Siamo veramente al cuore del mistero cristiano. E, senza presunzione, mi pare di poter dire che siamo anche al centro del mistero della vita di ogni uomo e di tutta la storia umana. Credere all’amore e farsi in ogni momento della propria vita interpreti di questo amore, come ci ha detto Papa Benedetto nella sua prima enciclica, è per il cristiano l’esperienza e la scelta fondamentale della sua vita, che dà alla vita stessa un orizzonte del tutto nuovo e speciale, in quanto “risposta al dono dell'amore, col quale Dio ci viene incontro.” (DCE 1).
L’orizzonte non è quello moralistico di fissare dei criteri o dei limiti massimi o minimi, quali per esempio il “quanto?” o il “fino dove?”. Quando Gesù ci ha comandato “amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amati”, ha voluto dirci che soltanto Dio, che ci ha amato e ci ama in un modo perfetto, può renderci capaci di amare allo stesso modo. E’ sufficiente che questo succeda una sola volta in vita, perché ci sentiamo veri uomini, liberi e contenti di amare e di farlo fino in fondo, senza riserve.
Buona Domenica!
 don Marco Belladelli.

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