50° anniversario di I HAVE A DREAM
In occasione di questo importante anniversario, riprendo quello che scrissi su Martin Luther King 5 anni fa, su MANTOVACHIAMAGARDA nel 40° anniversario della sua morte:
Martin Luther King è stato uno straordinario testimone della
non violenza. Con lui ci spostiamo nei civilissimi Stati Uniti d’America, dove
ancora negli anni ’50 e ’60, soprattutto negli stati del sud, era in vigore un
ostinato sistema di segregazione razziale nei confronti dei negri. Nato ad
Atlanta nel 1929, seguì le
orme del padre, divenendo lui pure pastore della Chiesa Battista. E’ il 1 Dicembre del ’55, quando Rosa Parks viene arrestata perché in autobus si era rifiutata di cedere il posto a un bianco. Il reverendo King riuscì a convincere tutti i negri di Atlanta ad andare a piedi. Per più di cinquanta giorni gli autobus viaggiarono vuoti e la compagnia che li gestiva rischiò il fallimento. Siamo soltanto all’inizio della lotta non violenta che, nonostante le intimidazioni e le prepotenze si propagò per tutta l’America. Nel 1961 fu eletto presidente John Kennedy e il 1963 era l’anno centenario della liberazione degli schiavi da parte di Abramo Lincoln. Da allora in poi Martin Luther King decise di dedicarsi completamente alla causa. La città di Birmingham diventò il centro della protesta. Ad Aprile il ghetto venne chiuso con delle barricate. King guidò la marcia di migliaia di negri che pregando e cantando avanzarono pacificamente per rimuoverle. Furono picchiati senza opporre resistenza. Addirittura si offrirono spontaneamente per essere arrestati, tanto da riempire anche le carceri delle città vicine. Dopo poche ore furono tutti liberati, eccetto il Reverendo. Tenuto nel più completo isolamento e liberato quattro giorni dopo per il diretto intervento del Presidente, in questa occasione scrisse e pubblicòla famosa Lettera dal carcere di Birmingham, uno dei
documenti più toccanti sul tema della lotta dell’uomo per la propria libertà.
In Maggio ripresero le manifestazioni e la repressione si fece ancor più dura.
Questa volta però gli atti di violenza della polizia locale si compirono sotto
gli occhi di migliaia di giornalisti e quelle vergognose immagini fecero il
giro del mondo, tanto che il Presidente in persona intervenne in televisione
per denunciare davanti a tutto il Paese la gravità della situazione. Il 28
Agosto a sostegno dell’iniziativa presidenziale, che aveva presentato al
Congresso la legge per la parità dei diritti civili tra bianchi e neri, a Washington si svolse la marcia dei 250.000,
durante la quale Martin Luther King, circondato da un religioso silenzio pronunciò
il famoso discorso: “Io ho ancora un sogno …”. La reazione
dei razzisti irriducibili fu ancora più dura, tanto che quel 1963 si concluse
con l’omicidio di John Kennedy a Dallas. Nel 1964 il Pastore battista venne
insignito del premio Nobel per la pace, un riconoscimento che lo consacrò per
sempre quale apostolo della non violenza contro qualsiasi forma di
discriminazione e di ingiustizia. Negli anni successivi il movimento da lui
guidato procedette tra fasi alterne. Alle sue iniziative si contrapposero
continue repressioni e rivolte in tutto l’America. Il 4 Aprile del 1968 venne
assassinato a Memphis. Durante i suoi funerali, celebrati dal vecchio padre,
furono diffuse queste sue parole:
orme del padre, divenendo lui pure pastore della Chiesa Battista. E’ il 1 Dicembre del ’55, quando Rosa Parks viene arrestata perché in autobus si era rifiutata di cedere il posto a un bianco. Il reverendo King riuscì a convincere tutti i negri di Atlanta ad andare a piedi. Per più di cinquanta giorni gli autobus viaggiarono vuoti e la compagnia che li gestiva rischiò il fallimento. Siamo soltanto all’inizio della lotta non violenta che, nonostante le intimidazioni e le prepotenze si propagò per tutta l’America. Nel 1961 fu eletto presidente John Kennedy e il 1963 era l’anno centenario della liberazione degli schiavi da parte di Abramo Lincoln. Da allora in poi Martin Luther King decise di dedicarsi completamente alla causa. La città di Birmingham diventò il centro della protesta. Ad Aprile il ghetto venne chiuso con delle barricate. King guidò la marcia di migliaia di negri che pregando e cantando avanzarono pacificamente per rimuoverle. Furono picchiati senza opporre resistenza. Addirittura si offrirono spontaneamente per essere arrestati, tanto da riempire anche le carceri delle città vicine. Dopo poche ore furono tutti liberati, eccetto il Reverendo. Tenuto nel più completo isolamento e liberato quattro giorni dopo per il diretto intervento del Presidente, in questa occasione scrisse e pubblicò
“Se
qualcuno di voi sarà qui nel giorno della mia morte, sappia che non voglio un
grande funerale. E se incaricherete qualcuno di pronunciare un'orazione
funebre, raccomandategli che non sia troppo lunga. Ditegli di non parlare del
mio Premio Nobel, perché non ha importanza; e neppure dei diplomi, delle
onorificenze, delle lauree, perché non ha importanza. Dica che fui una voce che
gridò nel silenzio per la
giustizia. Dica che tentai di spendere la mia vita per
vestire gli ignudi, nutrire gli affamati, che tentai di amare e di servire
l'umanità.”.
E’ fin troppo evidente l’origine
evangelica di questi pensieri, così come di ogni parola e di ogni iniziativa di
Martin Luther King, messaggio, quello evangelico, per il quale anche Gandhi ha
avuto la massima ammirazione e venerazione.
A sessanta e quarant’anni dalla loro
morte, tutto ciò che hanno detto e fatto lo si sente quanto mai vivo ed
attuale. In un mondo come il nostro, dove violenza e razzismo rappresentano
ancora piaghe aperte e sanguinanti, ci è fatto obbligo di accogliere la loro
coraggiosa testimonianza, suggellata dal sacrificio della vita, come una
preziosa eredità, che attende ancora di essere trasformata in moneta corrente
del nostro vivere sociale.
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